Capital Group. Inflation, we want you! Articolo di Jared Franz

INFLAZIONEL’inflazione bassa è causa di preoccupazione per i banchieri centrali perché se si abbassasse eccessivamente, il sistema potrebbe cadere in deflazione. Come insegnano i manuali di economia, la prospettiva che i beni costino meno domani, incoraggia la gente a posticipare gli acquisti. Si è anche meno propensi a richiedere prestiti, dato che ripagare il debito contratto diventa più difficile in un periodo di deflazione con il passare del tempo. Se un numero cospicuo di persone riducesse la spesa ed evitasse il credito, le imprese assumerebbero e investirebbero meno. Ma perché l’inflazione è rimasta così bassa, soprattutto a fronte di un mercato del lavoro prossimo alla piena occupazione? Le ragioni, in parte strutturali e in parte cicliche, manterranno probabilmente i tassi d’interesse bassi e la Fed rimarrà in uno stato accomodante per qualche tempo. Ecco i cinque fattori più significativi che stanno contenendo l’inflazione.

1. L’innovazione tecnologica in tutti i settori.

Man mano che le società si modernizzano e diventano più efficienti, sono sempre più in grado di ridurre i costi e di abbassare il prezzo finale sostenuto dal consumatore. Prendiamo per esempio Amazon che, subito dopo l’acquisizione di Whole Foods, ha tagliato i prezzi di uova, burro, formaggio, latte e altri prodotti. Ma la tecnologia ha anche un impatto sui prezzi di beni e servizi più complessi. L’industria automobilistica ne è un chiaro esempio. Le vecchie automobili con motore a combustione interna erano fatte di acciaio, alluminio e altre materie prime. Con la transizione delle auto verso il mondo dei computer e dunque la guida autonoma, le materie prime utilizzate non saranno più le stesse. La potenza di calcolo è storicamente disinflazionistica – se non addirittura deflazionistica – perché essa stessa diventa più veloce, i componenti migliorano e gli algoritmi diventano più intelligenti. Questo genere di progresso tecnologico sta avendo un impatto su molti settori.

2. I consumatori statunitensi risparmiano di più e spendono meno.

I consumatori americani si stanno comportando in modo diverso rispetto alle precedenti espansioni economiche: risparmiano di più e spendono di meno, un comportamento che gli economisti chiamano deleveraging. Il rapporto tra debito delle famiglie e PIL è pari a 76, in calo rispetto al dato dell’ultima recessione (prossimo a 100). Per capire in che modo questo influenzi l’inflazione consideriamo ad esempio le spese per la casa, la voce principale nel paniere dell’inflazione. Se non aumenta la domanda di mutui – che alimenta a sua volta un meccanismo di crescita dei prezzi – allora l’inflazione avrà difficoltà a riprendere slancio.

3. L’aumento dei prezzi degli asset non si è tradotto in un aumento della spesa.

Gli sforzi della Fed per stimolare l’economia attraverso i programmi di acquisto di titoli hanno sicuramente inciso su alcuni prezzi: i prezzi delle azioni e di altri asset finanziari hanno registrato un’impennata. Ciò ha avvantaggiato in modo sproporzionato la fascia più abbiente della popolazione, dato che il loro patrimonio finanziario è cresciuto, ma questo non ha portato a un aumento significativo della spesa dato che i consumatori con un reddito più alto tendono, in proporzione, a risparmiare di più. Il QE ha avuto un impatto più moderato sulla classe media e sui gruppi meno agiati. Questi sono più propensi a spendere quando percepiscono una migliore stabilità economica e finanziaria. Se i loro portafogli avessero beneficiato maggiormente dello stimolo, avrebbero speso di più, ma il QE è stato lento e incrementale. Se la Fed in futuro riavviasse il proprio programma, potrebbe optare per una manovra più repentina è più marcata.

4. Il rallentamento dell’economia cinese ha frenato la domanda di metalli e di materie prime.

Quando la Cina ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, ha dato il via a una robusta espansione economica. Ciò ha portato la nazione a diventare il motore globale dominante dei prezzi delle materie prime e dell’industria. Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, la crescita della Cina ha iniziato a rallentare, passando da tassi annualizzati a doppia cifra a un tasso più vicino al 6%. Diversi mercati emergenti e sviluppati sono legati al successo economico della Cina attraverso il commercio. Con l’indebolimento della domanda, i prezzi delle materie prime e del settore industriale non aumenteranno altrettanto rapidamente. Ciò dovrebbe avere un impatto sui suoi partner commerciali, mantenendo più bassi i prezzi delle esportazioni e riducendo il supporto degli stessi all’inflazione.

5. Il potere contrattuale dei lavoratori non è abbastanza forte da aumentare drasticamente i salari.

Cina e altri mercati emergenti stanno esportando forza lavoro nel mercato globale, riducendo la crescita salariale e quindi frenando l’inflazione, e l’abbondanza di offerta di manodopera a livello globale non è l’unica sfida. La disoccupazione generalmente rimane su bassi livelli nelle fasi finali di un ciclo economico, aumentando il potere contrattuale dei lavoratori e stimolando la crescita salariale. Tuttavia, nonostante la disoccupazione estremamente bassa negli Stati Uniti nel corso degli ultimi anni, la crescita dei salari è stata modesta. E sono diverse le ragioni. L’aumento della mobilità non richiede più ai datori di lavoro di pagare di più le nuove assunzioni quando i lavoratori scarseggiano. Inoltre, i lavoratori statunitensi hanno meno potere contrattuale rispetto a un tempo, quando i sindacati giocavano un ruolo più importante. Alcune caratteristiche tipiche del mercato del lavoro dell’Eurozona garantiscono ai lavoratori di quest’area un peso maggiore al tavolo delle trattative con le imprese, facilitando una crescita salariale più forte, che porta a un travaso dal mercato del lavoro all’inflazione. Così anche la Germania, che sta vivendo una crescita più debole rispetto agli Stati Uniti, ha un’inflazione leggermente superiore. Queste altre economie hanno di fatto un sistema inflazionistico strutturale, grazie a una crescita salariale pressoché istituzionalizzata. Anche la tecnologia sta avendo un impatto negativo sulla crescita dei salari. Innovazioni come robot e machine learning stanno aumentando la produttività e sostituiscono la manodopera. Questa tendenza aumenterà ancora di più nei prossimi 10-20 anni, lasciando i lavoratori con un potere contrattuale ancora minore. Chi assume non sarà quindi spinto ad aumentare i salari, e l’inflazione ne risentirà.

Anche se la Fed e le altre banche centrali stanno incontrando delle difficoltà nei loro tentativi di far salire l’inflazione, in futuro alcune dinamiche economiche potrebbero cambiare. I consumatori potrebbero tornare a spendere di più, e lo stimolo monetario avrebbe quindi un impatto maggiore, come maggiore potrebbe essere l’effetto di un intervento in materia di politica. La Fed sta valutando la possibilità di adottare l’average inflation targeting, una strategia che incoraggia un movimento verso l’alto dei prezzi al consumo per un certo periodo di tempo per bilanciare una fase al di sotto del target, per arrivare a una media del 2% nel corso di un ciclo. Per farlo, le banche centrali dovranno superare la persistenza del livello attuale di inflazione e, come gli attori politici stanno scoprendo in questi anni, muovere l’ago della bilancia dell’inflazione non è per niente facile.

Jared Franz, Economista di Capital Group

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