Libri all’indice. Se questa è una donna: la violenza di genere (senza fine) dalla A alla Z

Virginia Ciaravolo

Virginia Ciaravolo

Giambattista Pepi. Il manuale, spiega Virginia Ciaravolo, che ne è stata la coordinatrice, ha avuto il pregio, grazie alla multidisciplinarietà degli autori, di guardare al fenomeno nella sua ampiezza, raccontando i progressi e le criticità. Media e carta stampata contribuiscono a una narrazione distorta della violenza contro le donne. Bisogna lavorare alacremente sull’informazione, ancora tante donne non sono consapevoli che la violenza che subiscono è un reato. La legge sullo stolking? E’ un’innovazione utile, ma rimane il problema della valutazione del rischio, dell’indagine psicologica dello stalker. Ecco l’intervista che ci ha rilasciato. Da dove scaturisce l’iniziativa di realizzare questo saggio collettaneo? “L’iniziativa nasce in primis dalla lunga esperienza nel contrasto al fenomeno della violenza di genere. Secondariamente quando in piena pandemia, i numeri del 1522,  numero nazionale contro la violenza di genere sono schizzati al 119 % di richieste di aiuto, da parte di donne che causa Covid-19 si sono ritrovate letteralmente isolate in ambito domestico assieme ai loro maltrattanti. Infine desidero ricordare e ringraziare Armando Editore infine, da sempre sensibile a queste tematiche, che ha reso possibile la pubblicazione del volume”.

La copertina del volume La violenza di genere dalla A alla Z. A cura di Virginia Ciaravolo (Armando Editore, 360 pagine, 18,00 euro)

La copertina del volume La violenza di genere dalla A alla Z. A cura di Virginia Ciaravolo (Armando Editore, 360 pagine, 18,00 euro)

Gli autori sono molti e hanno messo in campo le loro competenze per offrire uno spaccato del fenomeno della violenza di genere inquadrandolo da diversi punti di vista. Cos’è emerso da questa congerie di studi? Quali sono le principali evidenze?  “Il manuale ha avuto il pregio, grazie alla multidisciplinarietà degli autori di guardare al fenomeno nella sua ampiezza, raccontando i progressi fatti, ma analizzando anche le enormi criticità da risolvere. Come sostiene uno degli autori, il Prefetto Francesco Tagliente “si è coniugato il sapere degli studiosi delle scienze comportamentali con il fare di addetti ai lavori con esperienze operative”.  Quali sono queste criticità? Le criticità riguardano l’azione formativa di tutti gli attori: magistrati, avvocati, psicologi assistenti sociali, forze dell’ordine. Manca ancora la condivisione di regole e procedure.

Come bisognerebbe intervenire? “Bisogna lavorare alacremente sull’informazione, ancora tante donne non sono consapevoli che la violenza che subiscono è un reato. Occorre tutelare ancor di più e sempre la donna nei tribunali dove spesso vi è la tendenza a sottovalutare la violenza subita. Occorre far luce su donne, violenza di genere e violenza assistita: vi sono ancora numerosi casi dove il maltrattante esercita il potere sui figli grazie ai CTU che non seguono le regole della Convenzione di Istanbul. Ancora bisogna far emergere alcuni spaccati come, ad esempio, violenza di genere e donne disabili, una doppia violenza che si nutre della mancanza di informazioni e molto altro ancora”.

Le forme di violenza alla dignità della donna come persona umana sono molteplici. In libro ne tratta innumerevoli: nei luoghi di lavoro, nella sfera sessuale, sugli immigrati, matrimoni “forzati”, tra le mura domestiche, stalking, vendette trasversali. Cosa li distingue e cosa li accomuna? “Alla base della violenza di genere, vi è un unico grande denominatore che accomuna i vari spaccati. L’idea patriarcale dell’uomo che vede la donna, appendice, oggetto, cosa. In quanto tale la donna è relegata in uno stereotipo nel quale viene vista priva di libertà ed autonomia. Soggetto non senziente che deve assecondare l’uomo, senza alcuna possibilità di replica. Il femminicidio nasce quando la donna si ribella a quest’idea arcaica di possesso, rompendo gli schemi ideativi primitivi dell’uomo e paga questa ribellione con la morte, nella vendetta trasversale il colmo della crudeltà per l’ammutinamento, avviene uccidendo la prole. Questo è una delle interpretazioni che vede il fenomeno: trasversale (colpisce ovunque e chiunque), sociale e culturale”.

La recrudescenza del fenomeno che ha suscitato allarme nell’opinione pubblica sembra sia stata trascurata dalle Istituzioni, soprattutto dal Parlamento? Pandemia, Piano nazionale di ripresa e resilienza, Economia, Afghanistan, Jus soli, DDL Zan, il Paese si è occupato e si è confrontato su questi ed altri argomenti certamente importanti, ma la violenza contro le donne è stata per così dire sottovalutata. “L’Italia tra i tanti problemi da affrontare, si occupa di violenza di genere, ma non dobbiamo fare l’errore di scorporarlo dagli altri fattori soprammenzionati. La Commissione femminicidio con a capo la Presidente senatrice Valeria Valente, per altro nel libro autrice di un capitolo, quotidianamente affronta la problematica e ne fa emergere le criticità, ma se lo si guarda dal punto di vista culturale, i progressi per forza di cose saranno lenti: cambiare una cultura necessita di tempi, di anni e di duro lavoro”.

Media e carta stampata: narrazione distorta della violenza contro le donne. Barbara Palombelli, nel suo programma su Mediaset, nei giorni scorsi ha sostenuto improvvidamente, che sono le vittime ad istigare il carnefice. Sono seguite le reazioni e le scusa della giornalista. Ci si riferisce anche a questo quando parla in un capitolo del libro di narrazione distorta della violenza contro le donne da parte di media e carta stampata? “Assolutamente si, quello della narrazione distorta dei femminicidi e della violenza di genere è un problema che i media non trattano sempre con esperienza e professionalità, fornendo un cattivo servizio al pubblico che legge. Sovente leggiamo accostata alla notizia, giustificazioni per il maltrattante e i titoli parlano di tempesta emotiva, di raptus, di depressione, di perdita di lavoro del violento che avrebbe causato l’uccisione della donna. Tutto sbagliato: non esiste alcuna tempesta emotiva in grado di far uccidere una donna, in rarissimi casi il maltrattante ha problematiche psicologiche da giustificare un raptus, anzi spesso l’omicidio della donna è premeditato. La perdita di lavoro o la depressione possono influire su uno stato d’animo, ma soffocare, accoltellare, strangolare, sparare e uccidere una donna presume una lucidità che poco entra con queste interferenze di vita”.

La legge sullo stalking non è stata di aiuto? In molti casi, così ci sembra, le denunce delle vittime sottoposte a persecuzione non sono bastate ad evitare il loro brutale assassinio? “La legge sullo stalking ritengo invece sia stata una vera e propria innovazione utile, rimane il problema della valutazione del rischio, dell’indagine psicologica dello stalker. Abbiamo bisogno di nuove leggi che in attesa di verifiche congelino gli agiti di uno stalker che se lasciato solo e senza un’osservazione può reiterare e trasformarsi in un femminicida”.

C’è stato un aumento incredibile dei delitti contro le donne, bisogna estendere l’arresto obbligatorio in flagranza”, dice la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. E’ d’accordo?  “Assolutamente si, Il Codice Rosso presenta luci ed ombre, occorre migliorarlo, a partire da ulteriori restrizioni che devono paralizzare ogni tipo di agito malevole del violento”.

Buone prassi, centri antiviolenza, case rifugio, spazi inclusivi e di lavoro sicuro per le donne.  Pratiche, strumenti e organizzazioni per contrastare il fenomeno, porre rimedio alla violenza psicologica e fisica delle vittime, dare loro sostegno e assistenza, garantire spazi sicuri e agibili. Possono servire alla causa? Quali risultati offrono?  “CAV e associazioni di volontariato, che hanno fatto e fanno un lavoro immane, funzionano benissimo quando, come ho detto all’inizio dell’intervista, vi sia una formazione ad hoc sul fenomeno: sovente si sono sostituiti allo Stato ed hanno agito sostenendo queste donne e i loro figli. Ma come al solito ci scontriamo con il reperimento dei fondi, pochi e mal distribuiti”.

Comparazione. Quali sono le principali esperienze legislative in altri Stati che hanno affrontato il fenomeno della violenza di genere? Ci possono insegnare qualcosa? Potremmo mutuare da altri sistemi giuridici norme e strumenti specifici in grado di agire da deterrente?  “La Francia, la Spagna, l’Inghilterra sono i Paesi che stanno spendendo risorse ed energie nella risoluzione del fenomeno. Cito per tutti il Modello Scotland in Inghilterra.  Questo metodo di lavoro multidisciplinare ha avuto il merito di ridurre il costo umano e sociale della violenza domestica e le uccisioni di donne da parte dei loro mariti e compagni. E’ chiaro che le buone prassi vanno imitate e semmai integrate, calandole poi nella realtà delle leggi del nostro Paese”.

 

 

 

 

 

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