GAM. Cina, conta più la politica o le relazioni con gli Stati Uniti?

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il Presidente della Repubblica popolare Cinese, Xi Jinping in occasione di un recente incontro

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il Presidente della Repubblica popolare Cinese, Xi Jinping in occasione di un recente incontro

Gli ultimi mesi hanno registrato una fase di volatilità con un incremento del rischio politico che è aumentato rispetto alla sola narrativa della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Dal punto di vista dei fondamentali, il rafforzamento del dollaro si è rivelato un ostacolo significativo per gli asset degli Emergenti in generale ed ha generato conseguenza negative anche sulla Cina. L’ampiamente anticipato rallentamento economico di Pechino è stato di entità modesta, considerato il tasso di crescita che si attesta ancora tra il 6,5% e il 6,6%. Potremmo assistere a qualche ulteriore alleggerimento nell’economia nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno e nel primo semestre del 2019, tuttavia i regolatori hanno un certo margine di manovra. Abbiamo assistito a tagli nei coefficienti di riserva bancaria ed a maggiori tagli fiscali sotto forma di istruzione, healthcare e pagamenti mutui deducibili dalle tasse. Di conseguenza riteniamo ci sia margine per controbilanciare qualche possibile rallentamento.

L’impatto della guerra commerciale non si è ancora concretizzato soprattutto perché l’economia è adesso più focalizzata verso il fronte interno. I mercati stanno tuttavia prezzando i peggiori scenari possibili derivanti da questi fattori negativi. Gli investitori interni rimangono poco fiduciosi non solo per quanto riguarda i fondamentali economici, ma anche per quanto concerne gli sviluppi politici in Cina e a livello globale. Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo registrato un ribilanciamento dell’economia cinese guidata dal settore privato. Ci sono timori in merito ad una possibile volontà da parte dello Stato di assumere un ruolo più preponderante ora che l’economia si è ribilanciata. I manager nel settore privato stanno mostrando una certa indecisione rispetto all’investire con un obiettivo di crescita, creando incertezza tra gli investitori interni.

Abbiamo da sempre avuto un approccio orientato alla crescita. Dall’estate i titoli growth stanno registrando performance peggiori rispetto ai value. Non arriveremmo a dire che si è assistito ad una rotazione dal growth al value, tuttavia crediamo che i titoli value abbiano registrato performance migliori poiché negli ultimi due anni si è registrato un sottoinvestimento rispetto al growth. In termini di fondamentali economici, i titoli growth hanno subito un impatto negativo in termini di prezzo, ma siamo adesso a livello in cui molti di questi titoli stanno scambiando ad uno o due deviazioni standard rispetto alla media a cinque anni. Siamo abbastanza fiduciosi guardando alla maggiore solidità dell’attuale contesto economico, che si trova in condizioni migliori rispetto a 5 anni o anche rispetto alle condizioni del 2015 e, dal nostro punto di vista, non riteniamo giustificati gli attuali livelli raggiunti dai prezzi azionari. Dal nostro punto di vista, il sentiment nel complesso negativo relativo ai fondamentali è responsabile dei prezzi azionari che stiamo registrando in questo particolare momento.

Quando ci si approssima ad un elemento di cambiamento, è difficile immaginare un futuro riavvicinamento tra Stati Uniti e Cina nel medio periodo.

Negli ultimi 40-50 anni la politica degli Stati Uniti nei confronti della Cina è stata basata sulla speranza che, grazie allo sviluppo e alle riforme economiche, sarebbe seguita anche una riforma a livello politico. Crediamo sia ormai chiaro che sia poco probabile che la Cina segua il percorso liberal democratico di riforma politica a cui abbiamo assistito nel mondo occidentale. I collaboratori di Trump hanno tutti posizioni forti e l’attuale linea guida nei messaggi sembra più incentrata su come contenere la Cina piuttosto che come relazionarsi con essa.

Riteniamo che la politica continuerà a giocare un ruolo dominante in Cina, anche se, qualora la Fed diventasse più colomba rispetto all’attuale posizione da falco, il dollaro potrebbe indebolirsi e gli asset degli Emergenti, compresi quelli di Pechino, potrebbero registrare performance relativamente solide.

Michael Lai, direttore degli investimenti, Cina e Asia-Pacifico di GAM Investments

                                                                                           

 

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