Lyxor. La ripresa dei prezzi del petrolio non è ancora finita. Commento di Jean-Baptiste Berthon

oil-and-gas-shutterstock_164604326Dalla rivoluzione americana dello shale, avvenuta nel 2010, l’OPEC ha perso in parte il suo potere sui prezzi e deve adesso condividere il mercato con gli Stati Uniti e con gli altri produttori. Le produzioni di Paesi OPEC e non OPEC hanno avuto trend simili, al fine di contenere l’eccesso strutturale di offerta di petrolio. Di conseguenza, l’OPEC non può più permettersi di non essere credibile. tentando, allo stesso tempo, di riguadagnare influenza attraverso la collaborazione con Russia e altri Stati non OPEC e di schivare i crescenti tentativi di indebolimento del cartello. In questo contesto, ci aspettiamo che l’OPEC+ sia davvero intenzionato ad effettuare i tagli alla produzione per 1,2 milioni di barili al giorno (su dati di ottobre) decisi a dicembre, e le stime di produzione di gennaio evidenziano come non ci sia stata alcuna procrastinazione. L’eterogeneità dei tagli ha però messo a dura prova l’unità del gruppo. Le riunioni dell’OPEC di marzo e maggio confermeranno se questi tagli saranno mantenuti nel lungo periodo.

La crescita esponenziale nella produzione statunitense ha largamente contribuito al crollo del -40% dei prezzi del petrolio alla fine del 2018 – una volta che il supporto derivante dai rischi geopolitici ha cominciato a scemare.

Gli ultimi risultati finanziari dei produttori americani suggeriscono che gli investimenti rimarranno moderati (12% degli asset totali contro il 20% in media), data la pressione degli azionisti sulla redditività ed i prezzi del petrolio che ancora si aggirano attorno al breakeven. Gli avviamenti ed i completamenti degli impianti stanno rallentando – così come i ricavi delle società di servizi di perforazione, mentre lo stock di pozzi perforati ma non completati è in aumento.

Tuttavia, gli sviluppi delle infrastrutture petrolifere statunitensi sono rimasti indietro rispetto agli investimenti sullo shale, con il risultato che i produttori americani hanno difficoltà nel piazzare la loro produzione. Alcuni elementi come il sovraffollamento negli oleodotti e nelle attività di raffinazione e l’entrata in vigore di standard più stringenti in materia di inquinamento per l’industria navale potrebbero portare la produzione di shale statunitense ad essere inferiore rispetto alle aspettative, ,almeno nel 2019. Ciò sosterrebbe i prezzi del petrolio e, solo temporaneamente, ridurrebbe lo sconto del WTI contro il Brent.

Tuttavia, i produttori statunitensi stanno producendo a soli 59 dollari al barile il greggio WTI, e gli effetti di reverse tape probabilmente si verificherebbero di nuovo una volta dissipato l’eccesso di offerta.

La domanda globale di petrolio ha mostrato un’elasticità maggiore ai cambiamenti macro rispetto ai prezzi del petrolio. È decelerata significativamente alla fine del 2018, trascinata in basso da Europa, Giappone e soprattutto Cina, che deve far fronte sia ad una decelerazione economica domestica sia ad una pressione sull’export a causa dei dazi commerciali imposti dagli Stati Uniti.

Mentre le questioni riguardanti la crescita globale persistono, l’attenuarsi dei rischi di eventi estremi dovrebbe stabilizzare ancora di più la domanda. Le misure espansive cinesi ed i miglioramenti sul fronte della guerra commerciale dovrebbero inoltre portare ad un aumento della domanda cinese nel secondo semestre. Le stime del Pil mondiale per il 2019 si attestano al 3,5%, un dato che è storicamente compatibile con un tasso di crescita dell’1,5% nella domanda di petrolio.

La situazione in Venezuela è ora considerata il rischio principale per il settore petrolifero. Un periodo prolungato d’incertezza metterebbe a rischio altri 0,5-1 milioni di barili al giorno di produzione e giustificherebbe un premio extra per il rischio.

Date le incertezze in Venezuela, gli Stati Uniti potrebbero decidere di estendere le deroghe alle importazioni di greggio iraniano a diversi Paesi (le deroghe finirebbero a maggio), abbassando ulteriormente la percezione dei rischi iraniani per i prezzi del petrolio.

La Libia rimane molto instabile, con tre fazioni che puntano a controllare i principali bacini petroliferi. Il rischio è ancora alto, con un potenziale di 0,7 milioni di barili al giorno in gioco.

Infine, ci aspettiamo che le complesse relazioni tra Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia causeranno qualche problema. Qualsiasi minaccia di sanzioni statunitensi potrebbe pesare sul prezzo del petrolio in entrambi le direzioni.

Gli investitori istituzionali principali continuano a sottopesare leggermente questa asset class, fornendo così un potenziale supporto per il futuro. Il sentimento rialzista si sta normalizzando ed i dettagli tecnici rimangono modestamente favorevoli. Il pricing dei settori e dei Paesi sensibili all’andamento del petrolio è inoltre coerente con un regime del prezzo del petrolio leggermente più alto.

Infine, secondo la nostra visione, si stanno creando le condizioni per un picco del dollaro nei mesi a venire. Il suo status di valuta rifugio potrebbe svanire, così come la leadership monetaria ed economica degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo. I flussi esteri negli asset in dollari potrebbero ridursi nel momento in cui il deficit cominci ad avere più importanza così come le posizioni lunghe sul dollaro. I prezzi del petrolio potrebbero beneficiare di un picco del dollaro.

Jean-Baptiste Berthon, Senior Cross-Asset Strategist, Lyxor Asset Management

 

Questa voce è stata pubblicata in Economia, Finanza e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


+ nove = diciassette

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>