La Financière de l’Echiquier. Trimestrali: qualche timore legato ai tassi USA a lungo termine

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

Sull’onda di una nuova serie di risultati aziendali, tra cui quelli rassicuranti dei giganti del «Tech», Facebook, Microsoft e Amazon, è proseguito sui mercati azionari il rimbalzo iniziato a fine marzo. Qualche dubbio, non scatenato una volta tanto da un tweet di Donald Trump, è però aleggiato. A motivare questi timori sono i tassi a lungo termine americani, con il decennale che ha superato la soglia del 3%, anche se il movimento di risalita non è stato lineare, la sua dinamica non è stata smentita: in 6 mesi, il decennale USA è passato dal 2,05% al 3%. La prudenza dimostrata dai mercati di fronte al superamento di questa soglia, puramente simbolica, desta un interrogativo: questo rialzo dei tassi di interesse deve preoccupare gli investitori? Va detto che quando è conseguente a una risalita dei tassi reali, alimentati dalla vitalità dell’economia, l’aumento dei tassi nominali non è di per sé problematico. Lo è maggiormente quando è provocato da un incremento delle aspettative legate all’inflazione, come sta succedendo oggi.

E’ essenziale sapere se tassi di interesse più elevati possono sortire un impatto negativo sull’economia americana. Attestato al 3%, il decennale americano è ancora lontano dal livello raggiunto nel 2007 (5%) e la struttura dell’economia americana è nel frattempo cambiata. Si è contratto il peso del debito delle famiglie, ormai non più sovraindebitate. Del resto, se l’impatto di un incremento dei tassi può pesare sui consumi portando le famiglie a chiedere meno prestiti, l’aumento dei redditi disponibili a seguito della riforma fiscale andrà a compensare questo effetto.

Le aziende americane, dal canto loro, si sono nuovamente indebitate negli ultimi anni, anche se con una certa moderazione. I bassi tassi di interesse dell’ultimo decennio hanno contribuito a limitare l’aumento del servizio del debito, tornato vicino ai livelli di inizio 2012. Ancora una volta, la riforma fiscale potrebbe svolgere un effetto compensazione. Il taglio alle imposte e gli incentivi fiscali per il rimpatrio degli utili hanno consentito alle aziende di migliorare la loro capacità di autofinanziamento, limitando in questo modo la necessità di tornare a indebitarsi a tassi più elevati.

Sui mercati, tuttavia, esistono dei rischi di fondo. Il rialzo dei tassi aumenta in modo implicito il premio del rischio azionario e rafforza, inoltre, il dollaro. Non sono fattori che depongono a favore delle azioni USA. Nonostante gli episodi «Trump» li abbiano momentaneamente allontanati dal centro dell’attenzione, è chiaro che l’inflazione e i tassi di interesse rimangono gli argomenti dell’anno.

Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier

 

Questa voce è stata pubblicata in Economia, Finanza e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


+ due = tre

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>