M&G Investments. Seguire la corrente? Commento di Tristan Hanson

ETFNell’insieme, è molto il tempo dedicato al monitoraggio e all’analisi dei dati sui flussi dei fondi di investimento. È tempo speso bene? I presupposti da cui si parte in genere sono che i dati sui flussi consentono di identificare gli asset “richiesti” e, in assenza di cambiamenti significativi, la continuità dei flussi potrebbe segnalare una tendenza alla progressione sottesa a una certa asset class. In alternativa, afflussi o deflussi di entità particolarmente rilevante potrebbero indicare che gli investitori hanno assunto un atteggiamento estremamente positivo o negativo nei confronti di una classe di attivi, offrendo magari un’opportunità di investimento di tipo contrarian. La sfida iniziale ovviamente è capire se i dati retrospettivi aiutino effettivamente a prevedere i flussi futuri. Queste argomentazioni però contengono una criticità più profonda: al prezzo di equilibrio di mercato (solitamente vigente nei mercati finanziari aperti liquidi), la domanda equivale all’offerta: per ogni compratore c’è un venditore (o un emittente netto). Non esiste un flusso netto. I dati sui flussi dei fondi pubblicati di solito riflettono soltanto un campione ricavato da un segmento della base di investitori potenziale, per lo più fondi di investimento retail e istituzionali ed ETF. E tutti gli altri? Pensiamo alle Banche centrali, ai fondi di ricchezza sovrani, agli hedge fund, agli investitori privati e alle stesse società. Se si considerano tutti gli investitori, i flussi aggregati si sommeranno fino a uguagliare l’offerta netta di nuove azioni e obbligazioni. In questo senso, i dati sui flussi dei fondi comunemente disponibili rappresentano solo un lato della medaglia. Non sorprende, quindi, che offrano una spiegazione parziale dei movimenti di mercato concomitanti e, a maggior ragione, di ciò che potrebbe accadere in futuro. Per rilevare segnali di un’abbondanza di capitali che confluiscono in un determinato mercato o settore, segnalando rischi di una redditività del capitale bassa in futuro, sarebbe meglio analizzare l’emissione aggregata di azioni o di titoli di debito in quel mercato. La tesi secondo cui i dati sui flussi dei fondi contengono informazioni utili per prevedere i rendimenti futuri degli investimenti poggia necessariamente sul presupposto che le caratteristiche e il comportamento dei fondi rilevati dai campioni siano in qualche modo diversi rispetto ad altri segmenti del mercato. Sono capitali intelligenti o meno? Mani forti o deboli? Le caratteristiche di liquidità dell’asset class sono in contrasto con le preferenze di una specifica categoria di investitori? I flussi del campione sono particolarmente sensibili al rischio benchmark o ai movimenti di mercato a breve termine e magari propensi a inseguire il mercato, dal punto di vista comportamentale? Quand’anche si riesca a elaborare una teoria della segmentazione degli investitori, è indispensabile qualche presupposto sulla relazione tra flussi e prezzi degli asset. Chiaramente una relazione di questo tipo non è mai rigida. Lo sappiamo perché i movimenti di prezzo ampi non richiedono flussi di alcun genere. È facile immaginare qualche scenario: i prezzi di mercato precipitano in risposta a uno shock; oppure si muovono in previsione di un flusso consistente (come descritto da Benoit Coure in un intervento recente sull’impatto degli acquisti di asset della Bce). Ma i mercati possono muoversi anche perché i soggetti che vi partecipano semplicemente concordano su un prezzo diverso (ossia, quando cambiano le convinzioni). Il comportamento dei flussi dei fondi azionari statunitensi è istruttivo. I fondi comuni in azioni domestiche degli Stati Uniti hanno visto un deflusso costante per gran parte degli ultimi dieci anni, periodo durante il quale l’indice S&P 500 ha generato un rendimento totale superiore al 100% (da giugno 2007 a giugno 2017). Come è noto, le società statunitensi hanno riacquistato azioni proprie, a conferma di quanto stiamo dicendo: i prezzi degli asset sono determinati dalle convinzioni, non dalle transazioni, e la variazione del prezzo di un asset ci dice se il prezzo ex ante era troppo alto o troppo basso, alla luce delle nuove informazioni e delle convinzioni aggiornate. Pertanto concludiamo che è utile dedicare tempo soprattutto ad analizzare i cambiamenti di prezzo e di valutazione, cercando di capire le convinzioni prevalenti nel consenso riguardo alla natura dell’economia mondiale e all’atteggiamento nei confronti del rischio e del rendimento. Interrogarsi sulle circostanze in cui le convinzioni saranno probabilmente messe in discussione e sulla direzione che prenderà il comportamento degli investitori a nostro avviso è un esercizio più proficuo, anche se complesso.

Tristan Hanson, gestore del team Multi Asset di M&G Investments

Questa voce è stata pubblicata in Finanza e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


+ otto = diciassette

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>