Mfs. L’eliminazione artificiale del rischio rende i mercati più fragili

  1. fotoSiamo giunti a quel momento dell’anno in cui economisti e strategist offrono i propri punti di vista sui prossimi dodici mesi. Poiché queste previsioni tendono a subire pesanti correzioni non appena i mercati reagiscono a eventi inattesi, preferisco condividere il mio pensiero su un contesto che a mio avviso sembra configurare il raggiungimento di tre picchi: il picco degli stimoli, il picco della crescita globale e il picco dei margini di profitto. 

Tutto ha uno scopo

Purtroppo, per qualche settimana le spiagge che frequento durante l’estate sono infestate dai tafani. Queste fastidiose mosche cavalline, note per i loro morsi e la resistenza ai repellenti, popolano le paludi costiere dell’Est degli Stati Uniti. Ma, per quanto fastidiose siano per i bagnanti, hanno uno scopo: pesci, uccelli e altri animali si cibano delle loro uova. Le mosche sono un elemento prezioso dell’ecosistema.

Lo scopo dei mercati è fornire un meccanismo di fissazione dei prezzi all’economia. I prezzi danno ai produttori i segnali di cui hanno bisogno per gestire la produzione e allocare efficientemente le risorse. I prezzi delle azioni e delle obbligazioni svolgono lo stesso ruolo: sono un meccanismo che serve a scontare il rischio.

Come i tafani, la volatilità dei prezzi è fonte di felicità per pochi, ma è necessaria per l’ecosistema. Quando i prezzi variano in maniera violenta o dolorosa, il mercato non fa che correggere le inefficienze nell’allocazione del capitale. Di contro, quando la volatilità viene eliminata a tavolino dalle banche centrali, la funzione dei mercati viene inibita. Quando gli stimoli stemperano il processo di selezione naturale, aziende non più in grado di competere sopravvivono oltre la propria data di scadenza, con effetti distorsivi sui segnali dei prezzi nell’economia reale. Queste imprese competono per manodopera, spazio fisico, merci e capitali quando in condizioni di mercato normali non potrebbero farlo. Le autorità perpetuano gli squilibri sistemici e i mercati diventano più fragili, non più forti.

Negli anni successivi alla crisi finanziaria globale e fino alla pandemia, la fiacchezza dell’economia globale segnalava ai produttori che era meglio impiegare in altri modi il capitale rispetto all’aumento della produzione o agli investimenti. La diminuzione del costo del capitale ha lasciato intravedere nell’incremento della leva finanziaria e nella ridistribuzione del capitale agli azionisti due alternative chiaramente allettanti. Queste scelte, tuttavia, hanno rinsaldato un tasso di crescita globale inferiore alla media e una scarsa velocità di circolazione della moneta. Quando i lockdown hanno fatto sentire i loro effetti e i ricavi aziendali sono crollati, è venuto alla luce l’accumulo di fragilità nei bilanci. Naturalmente, la volatilità è schizzata alle stelle, soprattutto nei mercati creditizi, per riflettere questa realtà.

Robert M. Almeida, Jr. Portfolio Manager e Global Investment Strategist

 

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