L’avaro e la cupidigia dei beni e del denaro

Lo storico Gabriella Airaldi racconta la storia della febbre del possesso attraverso i secoli, i miti e i luoghi comuni

Lo storico Gabriella Airaldi racconta la storia della febbre del possesso attraverso i secoli, i miti e i luoghi comuni

Di Giambattista Pepi. “Giustizia divina! Ma chi ordinerebbe così tante pene (morali) e travagli (fisici) sempre strani e nuovi? E perché noi umani ci riduciamo alle colpe che ci portano alla dannazione?”. Così Dante Alighieri nella Divina Commedia esclama vedendo, in compagnia di Virgilio, gli avari e i prodighi. Gli uni e gli altri, in base al principio o alla legge del contrappasso (le pene che affliggono i dannati dell’Inferno e gli espianti del Purgatorio sono assegnate in base alle colpe commesse in vita) sono sottoposti alla stessa pena, in quanto il loro vizio ha il medesimo movente nell’immoderata brama delle ricchezze, che gli uni (gli avari) accumulano per il piacere del possesso e gli altri (i prodighi) per profonderle irragionevolmente.  Avendo peccato per incontinenza, avari e prodighi sono collocati nel quarto cerchio dell’Inferno, dopo i lussuriosi e i golosi, e nella quinta cornice del Purgatorio, immediatamente prima dei golosi e dei lussuriosi. Avarizia e prodigalità sono dunque peccati. Ma quante sono le sembianze dell’avaro? In quanti modi si possono descrivere? E quanti significati racchiude il vocabolo “avarizia”? Rispondere non è facile per niente: la questione dell’avarizia rimane aperta come tutti i grandi temi che accompagnano l’uomo fin dagli albori della sua esistenza.

La “febbre del possesso”, come si può correttamente definire la brama del possedere, è raccontata da Gabriella Airaldi nel libro Essere avari  (Marietti 1820, 213 pagine, 15,00 euro). Intesa come idolatria dei beni e del denaro, avidità, usura, corruzione e frode, è una storia che viene da molto lontano e assume sfumature diverse prima di arrivare alla formazione e all’espansione sul piano globale secondo il “canone occidentale”.

Questo canone occidentale, spiega Airaldi (specialista di Storia mediterranea e delle relazioni internazionali, ha insegnato all’Università di Genova e in molte università all’estero. Con Marietti 1820 ha pubblicato tra gli altri Storia della Liguria, Gli orizzonti aperti del Medioevo. Jacopo da Varagine tra santi e mercanti e Il ponte di Istanbul. Un progetto incompiuto di Leonardo da Vinci) nasce nell’Europa mediterranea come frutto di un “movimento politico nuovo, che mette al centro della sua identità la città e il mercato e porta il al governo chi fa del mercato e del denaro l’asse della costruzione della società e di una cultura nuova”. Ma è solo quando nella seconda metà dell’XII secolo alcuni centri italiani collocati tra le Alpi e il Tevere, sfidando le monocrazie dominanti all’epoca, danno vita alla città-stato che si sviluppa il mercato e il denaro e, con essa, la progressiva e inarrestabile affermazione dell’uomo d’affari, che, libero da ogni controllo, investe a sua scelta e a suo modo il denaro.

Con il tempo il denaro diventa riserva di valore, mezzo di scambio, unità di conto. E’ grazie ad esso che chi ne possiede, gli uomini d’affari, sono in grado di avere il potere, e, se non lo conquistano, lo condizionano, possono influenzare le scelte in un senso o nell’altro di chi governa. In breve nasce la figura del capitalista, che attraverso i finanziamenti degli Stati, collaborano all’espansione economica mondiale. E’ il capitalismo italiano che in nome del mercato e del denaro fa affari e cresce. Poi il capitalismo e il canone occidentale offriranno nuovi argomenti alla definizione di avarizia. Attenzione, però: non è che qualunque uomo d’affari, o capitalista è per ciò stesso una persona avara. Può essere avaro anche chi non è un uomo o una donna d’affari, o un uomo o una donna capitalista.

L’avaro è un individuo meschino, capace di ogni bassezza, insopportabile alla società in cui vive. La sua figura è avvolta in ogni tempo da biasimo e condanna, ironia e disprezzo. Una fisionomia che ha le sue radici nel mito e nelle sue più recenti riscritture: Creso, Euclione, Shylock, Arpagone, Ebenezer Scrooge, Paperon de’ Paperoni, Gordon Gekko. Nomi che si rincorrono nei secoli per disegnare un identikit spregevole.

L’opinione comune di una vita che oscilla perennemente tra il vizio e la virtù, in una lotta costante, pone l’avidità, il febbrile desiderio di possedere, alla base del comportamento dell’avaro. Eppure, la vita non è un gioco di estremi e le sfumature sono molte. Avarizia è termine proteiforme, che può indicare diverse cose, in relazione ai tempi e ai luoghi. E Airaldi ci prende per mano e ci accompagna alla scoperta dell’avaro  e dell’avarizia in questo viaggio attraverso il tempo e il mito.

 

 

 

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