Generali Investments. L’outlook del secondo quadrimestre 2020: stop improvviso, cicatrici permanenti. Analisi di Vincent Chaigneau

FOTOE’ difficile quantificare lo shock economico della pandemia globale di Covid-19, che ha avuto il picco in Cina nel primo trimestre e colpirà il mondo occidentale tra marzo e giugno. L’OCSE stima che ogni mese di blocco costi due punti del Pil annuale per le principali economie, ma temiamo sia una stima ottimistica. In sole due settimane 10 milioni di americani hanno presentato domanda per il sussidio di disoccupazione, e questo rappresenta un salto di circa 6 punti nel tasso di disoccupazione, con un forte impatto sulla spesa per consumi e sui pagamenti dei mutui. Nel frattempo, le aziende stanno affrontando un deterioramento nelle loro posizioni di liquidità e, quando possono, contraggono più debiti, il che danneggerà inevitabilmente la spesa per investimenti per il resto dell’anno. Stimiamo un calo dell’1,1% del Pil globale quest’anno – peggio che nel 2009 – ipotizzando un progressivo allentamento delle misure di distanziamento sociale nel corso del secondo trimestre. I rischi rimangono fortemente orientati al ribasso, poiché il calo del secondo trimestre sarà profondo e la ripresa nella seconda metà dell’anno ostacolata dagli effetti di possibili nuovi focolai di contagio (secondi round). In ogni caso, come abbiamo visto nelle crisi precedenti, il PIL reale non tornerà al livello pre-crisi immediatamente.

Picco di panico, quindi picco di pessimismo. La risposta politica è stata particolarmente efficace nel fornire liquidità. La scarsità di dollari è già diminuita (la valuta più usata per i finanziamenti internazionali), sebbene alcuni punti di stress non siano tornati ai livelli pre-crisi (spread sui Commercial Paper, differenziale tra OIS e interbancario). Più in generale, il panico si sta attenuando, come testimonia il calo della volatilità del mercato. La volatilità implicita è rientrata più rapidamente nell’obbligazionario rispetto all’azionario, grazie alla minaccia della Fed di offrire un QE illimitato. I rendimenti obbligazionari si stanno abbassando rispetto dall’impennata di metà marzo, dovuta all’azione delle banche centrali al di fuori degli USA e dell’Area Euro e alle vendite dei fondi. Questi segnali sono confortanti, ma temiamo che il picco del pessimismo seguirà il picco del panico con un certo ritardo. Durante la grande crisi finanziaria (2008) ci sono voluti diciassette mesi prima che l’indice S&P passasse dal picco al minimo di ciclo. Non dovremmo aspettarci una  ripetizione esatta in questa crisi, che si rivelerà molto più profonda ma, si spera, più breve. Tuttavia, le stime sulla crescita globale e sugli utili non si sono ancora stabilizzate; vi è inoltre spazio per una nuova correzione al ribasso dei multipli azionari con il deteriorarsi ulteriore del sentiment economico. Se il rallentamento del contagio virale offre conforto, per ora la nostra preferenza a breve termine rimane per i mercati e settori e titoli difensivi.

I tassi a lungo sono orientati al ribasso. I Treasury a 10 anni, che avevamo evidenziato come un rifugio sicuro migliore dei Bund, sono quasi tornati ai minimi di inizio marzo. Ma il Bund decennale non lo ha fatto (-0,43% contro -0,86%). Al di là dei fattori tecnici, ci potrebbero essere preoccupazioni che la qualità del debito tedesco risenta in futuro di meccanismi atti a realizzare, almeno in parte, la condivisione del rischio sovrano nell’Area Euro. Prevediamo però che questi timori non avranno forza tale da  impedire ai rendimenti del Bund di tornare a livelli inferiori, nel contesto di forti acquisti della BCE e di notizie economiche negative. Vediamo anche valore nelle obbligazioni francesi o spagnole a lunga scadenza, che mostrano valutazioni a sconto rispetto agli swap.

Il credito Investment Grade (IG): l’asset rischioso più sicuro? Gli spread sui titoli, a differenza di quelli sui CDS, si sono ristretti di poco rispetto ai massimi delle ultime settimane. Ovviamente hanno subito allargamenti maggiori nelle crisi precedenti (l’OAS medio dell’indice Barclays EuroAgg IG Corporate Average è attorno ai 240 pb, rispetto ai picchi rispettivamente di 380 pb e 470 pb nel 2011 e nel 2009) ma nello scenario presente vi è una attenzione maggiore da parte di banche centrali e governi verso nuovi prestiti e garanzie, per ridurre al minimo i default. La Fed si è inoltre ora unita alla BCE come acquirente di obbligazioni corporate. Le vendite forzate (visibile dai deflussi dai fondi) ha aumentato gli spread sui titoli corporate, rendendoli meno cari rispetto ai CDS. La normalizzazione dei mercati di funding aiuterà in tal senso oltre a facilitare la contrattazione di commercial paper. Vediamo inoltre chiare evidenze che i responsabili politici stanno mostrando una preferenza per i creditori rispetto agli azionisti; il conseguente congelamento o il taglio di buybacks e dividendi contribuirà a proteggere i flussi di cassa delle imprese emittenti. Infine, notiamo che gli spread sul credito corporate sono ampi e quindi attraenti rispetto ai titoli sovrani con rating equivalenti (ad es. Portogallo).

L’asset allocation. Tagliare la liquidità. Alla fine di febbraio abbiamo cambiato la nostra raccomandazione a favore di una temporanea posizione lunga sulla liquidità, alla luce dei crescenti rischi. Ma i portafogli bilanciati obbligazionario / azionario hanno avuto una performance pessima da allora; modifichiamo quindi la posizione circa la liquidità in underweight. Raccomandiamo un approccio underweight anche sui titoli governativi di breve durata.

Ritorno prudente all’azionario. Raccomandiamo un overweight molto limitato verso le  azioni, se non altro perché in grado di offrire valore da 6 a 12 mesi. Nel breve termine, favoriremo i settori e i mercati difensivi. L’imminente arrivo di dati economici terribili dovrebbe, invece, ritardare una ripresa sostenuta dalle azioni cicliche.

Il nostro maggiore overweight è nel credito Investment Grade (IG). Questa asset class non è senza rischi, naturalmente, alla luce dell’aumento nel numero di “fallen angels” (gli indici IG sono ora affollati di titoli BBB, alcuni dei quali saranno declassati a High Yield). Da qui la necessità di essere molto selettivi: il nostro sforzo di ricerca nel settore credit è molto focalizzato sull’analisi e sulla strategia bottom-up (singoli nomi). Ma, come discusso in precedenza, da un punto di vista top-down riteniamo che la combinazione rendimento / rischio sia interessante in questo segmento, considerando il livello degli spread, il supporto della politica economica e il livello strutturalmente basso rispetto alla storia di default nell’area IG.

Rispetto ai valori medi del passato, troviamo anche titoli IG europei e titoli governativi di mercati emergenti in valuta forte (EMBI) meno costosi di altri mercati del credito (entrambi sono vicini al livello medio degli spread dal 2000, e quello dei crediti più rischiosi  è ancora ben al di sotto). Troviamo anche valore in alcuni titoli IG in USD, dove il pick-up degli spread rispetto a titoli IG europei è aumentato (anche tenendo conto della copertura del rischio di cambio). Con gli Stati Uniti che pensano a  strategie di svalutazione (ingente deficit fiscale finanziato da un QE illimitato) e i problemi internazionali di funding in dollari risolti in modo aggressivo attraverso l’enorme offerta di liquidità in USD all’estero, raccomanderemmo sicuramente di coprire la valuta quando si acquistano attività in USD. Infine, vediamo con interesse gli spread nel credito High Yield in EUR, ma manteniamo posizioni molto limitate in questo segmento, data la ciclicità e il rischio di default.

Sovrappesiamo anche la parte lunga dei mercati obbligazionari europei semi-core, il che implica una posizione leggermente lunga sulla duration. La mancanza di solidarietà potrebbe mettere a rischio la stabilità dell’Area Euro nel lungo termine: se l’Europa vuole evitare un’altra crisi sovrana, deve agire in anticipo. Ma il rischio non è tanto per il 2020, poiché l’acquisto della BCE coprirà quasi interamente le nuove esigenze di finanziamento.

 Vincent Chaigneau, Head of Research di Generali Insurance Asset Management

 

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