L’atteggiamento della copia scoppiata ma sovranista Di Maio-Salvini nei confronti della riforma del Mes – il Fondo salva Stati: non c’è peggio di chi non vuol sentire

Di Maio e Salvini

Di Maio e Salvini

L’atteggiamento della coppia scoppiata ma sempre sovranista Di Maio-Salvini nei confronti della riforma del Mes Fondo Salva-stati potrebbe essere spiegato nel modo seguente: i due vogliono trasformare ancora di più l’Italia in un paese debitore. Lo spiega Veronica de Romanis, in un articolo pubblicato sul Foglio. Nello spiegare in modo chiaro in che cosa consiste la riforma del Mes, la De Romanis ricorda che il Fondo salva-stati “è uno strumento fondamentale per assicurare la stabilità”, visto che “consente di soccorrere chi si dovesse trovare in una situazione di crisi”. Non cosa da poco, dal momento che “in un’unione monetaria come l’area dell’euro – che non è un’unione fiscale – risolvere la crisi di un singolo è nell’interesse di tutti”. L’obiettivo del Mes è tutto fuorché poco chiaro: questo strumento vuole difendere nel modo migliore i soldi dei contribuenti europei. E “i paesi creditori sono tutelati anche in presenza di crisi di una singola banca europea” attraverso un “backstop (leggi, un aiuto finanziario) da utilizzare nel caso in cui l’attivazione del bail-in (dove a pagare sono i creditori privati) e, in seconda battuta, l’attivazione del Fondo di risoluzione (dove a pagare sono le altre banche europee) non fossero sufficienti”. Ciò che Veronica De Romanis mette in evidenza, insomma, è che la riforma del Mes “nom fa altro che aggiungere nuove tutele a quelle già esistenti”. E allora perchè la coppia scoppiata DI Maio-Salvini continua a strepitare? Semplice: i due “si mettono dal lato del debitore”. La cosa tragicomica è che “finora l’Italia è sempre stata un paese creditore: ha partecipato da creditore a tutti i salvataggi – ricorda la De Romanis – , al Mes non hanno mai fatto ricordo e la ristrutturazione del debito non è mai stata un’opzione”. Il terrore del Fondo salva-stati che Di Maio-Salvini stanno alimentando in queste ore viene considerato una sorta di “tanto rumore per nulla” dalla maggior parte degli economisti, oltre che dai rappresentanti delle istituzioni principali. In generale, gli esperti si chiedono come sia possibile che si stiano agitando gli spettri peggiori prendendo come capro espiatorio una riforma che aggiunge tutele, appunto, ai paesi creditori. Così, nell’edizione odierna del Sole 24 Ore, Pietro Reichlin fa capire come tante di quelle cose che i sovranisti stanno propinando in queste ore non abbiano affatto ragione di essere, Nell’articolo, il professore ricorda il timore che “all’Italia possa essere imposta una ristrutturazione del debito da un organo puramente “tecnico”, se si trovasse nelle condizioni di chiedere un aiuto finanziario temporaneo”, aggiungendo che “questo timore appare remoto, se non del tutto infondato”. Il motivo? Eccolo: “Le nuove regole non condizionano la richiesta di aiuto all’obbligo di una ristrutturazione, ma piuttosto prevedono una valutazione della solvibilità del debitore, dopo una richiesta di aiuto, che coinvolge congiuntamente il Mes, la Commissione e la Bce. A sua volta, il consiglio dei governatori del Mes non è un organo tecnico, ma è composto dai 19 ministri delle Finanze dei Paesi europei, che nominano i membri del braccio esecutivo del Mes, cioè il consiglio dei direttori. Quindi, le decisioni rilevanti sono frutto di una mediazione anche politica e, comunque, richiedono l’unanimità, o una maggioranza qualificata che, a seconda dei casi, va dall’80 all’85% (delle quote). Ciò rende molto difficile che tali decisioni siano approvate senza il consenso del governo italiano che, da solo, conta irca il 17% dei voti. In ogni caso, a chi paventa il rischio di una richiesta di ristrutturazione si potrebbe rispondere che nessuno ordina all’Italia di rivolgersi al Mes, e che i rischi di ristrutturazione derivano principalmente dalle valutazioni dei mercati e dalle azioni dei nostri governi”. A parlare dei benefici per l’Italia di quanto è stato discusso prima alla riunione dell’Eurogruppo e poi a quella dell’Ecofin è stato, interpellato dall’Agi, l’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan: “Abbiamo evitato di introdurre la ponderazione del rischio dei titoli di Stato nei bilanci delle banche. Una misura simile avrebbe penalizzato i titoli italiani rispetto d altri titoli ritenuti più sicuri e quindi le banche italiane che hanno più titoli di Stato di altre banche. Avere evitato questa richiesta da parte dei tedeschi e dei Paesi nordici è un fatto molto importante e positivo per l’Italia. Si tratta di una proposta che girava da tempo ma che il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz ha riproposto come condizione per andare avanti sull’unione bancaria. Se fosse passata, da un momento all’altro il valore delle attività nei bilanci delle banche si sarebbe abbassato, indebolendo i detentori, cioè le banche stesse, perchè si sarebbero ritrovate a possedere un capitale di valore inferiore e quindi non avrebbero più potuto fare presti, non avrebbe potuto tenere titoli e avrebbe dovuto metterli sul mercato, svalutandoli. Senza l’eliminazione di questa proposta si sarebbe aperto un capitolo molto pericoloso per l’Italia”. “Dopo la riunione dell’Eurogruppo sul Mes la situazione è senz’altro migliorata, alla luce dei risultati raggiunti in nottata. Spero che ora la discussione in Italia si sposti su temi importanti, come ad esempio quello della ponderazione dei titoli di Stato e quello della creazione di nuovi strumenti, come un bilancio europeo pienamente efficace, o l’introduzione di un ‘save asset’, un titolo sicuro che esprima un debito europeo e non quello dei singoli Paesi”. Così l’ex ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan commenta all’AGI le decisioni prese ieri a Bruxelles sulla riforma del Fondo salva Stati e spiega quali siano le principali modifiche e i relativi vantaggi ottenuti dall’Italia”. Padon ha chiarito anche il rischio, paventato dai sovranisti ma negato in questi giorni, sempre, dalle autorità italiane e non solo, di una riforma del Mes che comporti una ristrutturazione più facile del debito. Così all’AGI: L’intervento del Mes non comporta “nessun intervento automatico” di ristrutturazione del debito, ha detto l’ex titolare del Tesoro, spiegando che “la ristrutturazione del debito è un evento estremo”. Di fatto, “è quella situazione in cui un Paese che è costretto a indebitarsi sul mercato, perché ha un debito elevato, non ha più accesso al mercato, perché i mercati non gli concedono più credito. In quel caso, se non c’è altra via, questo Stato deve ricorrere al Fondo salva Stati. E l’aiuto gli viene concesso ma sarebbe subordinato a una ristrutturazione. Essenzialmente vuol dire che il valore del debito viene ridotto e quindi il Paese restituisce solo una parte del debito iniziale, naturalmente con costi importanti per la sua credibilità”. Sul Mes Fondo salva-stati, per ora, è stato raggiunto un accordo di principio con cui, stando a quanto ha reso noto nelle ultime ore il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. “Sul tema del Mes l’accordo che è stato raggiunto è quello di un accordo di principio sulla riforma, che tuttavia non è stato ancora finalizzato, e quindi non è concluso. Da una parte resta soggetto alle procedure nazionali; dall’altra parte la finalizzazione dovrà attendere la chiarificazione degli aspetti giuridici dei ‘termini di riferimento’ delle cosiddette Cacs, le clausole di azione collettiva, sulle quali si è discusso ieri”. Il ministro ha precisato che “è ancora aperta la questione se le Cacs saranno tenute nei documenti di accompagnamento o se invece verranno addirittura inserite nel trattato, o se ci sarà una clausola che consentirà di inserirle nell’allegato del trattato stesso. La finalizzazione dell’accordo sul Mes dovrà quindi attendere sia le procedure nazionali che la soluzione di questa questione, che avverrà probabilmente a gennaio. E poi a seguire vi saranno tutti i passaggi ulteriori”. “Per noi è stata importante anche la chiarificazione finale circa l’utilizzo della cosiddetta ‘sub-aggregazione’, che è una clausola che consente un’opportuna flessibilità per l’emittente dei titoli di Stato, nel caso eccezionale in cui si dovesse procedere a una ristrutturazione” del debito. I termini di una eventuale ristrutturazione del debito rimangono identici tra il vecchio e il nuovo trattato: cioè sono una ‘extrema ratio’ e non una condizione a monte per ottenere un aiuto” da parte del Mes. “Che fossero una condizione automatica ‘ex ante’ è stata a lungo una richiesta di alcuni paesi (quelli rigoristi, ndr) durante il negoziato precedente”, una richiesta “che tuttavia è stata respinta”. Le ristrutturazioni sono previste solo in “circostanze eccezionali”, e questo “è rimasto sostanzialmente immutato” nel testo della riforma del Mes. “In questi casi, quando la circostanza eccezionale viene messa in pratica da parte di uno Stato membro, è importante che sia possibile una flessibilità, e quindi un voto differenziato per sotto-categorie” di detentori dei titoli di Stato, “per garantire e tutelare tipologie di risparmiatori da eventuali trattamenti squilibrati”, ha concluso Gualtieri.

 

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