Amundi. Ricomincio da capo. Analisi di Giordano Beani

La Borsa di Wall Street a New York

La Borsa di Wall Street a New York

“Ricomincio da capo” è il titolo italiano del film del 1993 “Groundhog day”, il giorno della marmotta letteralmente, dove il protagonista, interpretato dall’esilarante Bill Murray, rimane imprigionato in una trappola del tempo, rivivendo ogni giorno lo stesso giorno allo scoccare della sveglia mattutina. Orbene la sensazione che la vicenda “Brexit” ci trasmette è simile, nel senso che da tre anni e quattro mesi, cioè dal 23 giugno 2016, data del fatidico referendum, ogni volta che sembra avvicinarsi la conclusione, succede qualcosa per cui si ricomincia da capo, o quasi. Anche sabato 11 ottobre si è rivelato un “giorno della marmotta” dato che il Parlamento britannico, chiamato a deliberare sul nuovo accordo di ritiro del Regno Unito dall’Unione Europea, raggiunto in extremis giovedì scorso durante i lavori del Consiglio Europeo, con l’approvazione inaspettata di un emendamento ha di fatto impedito il voto e costretto il recalcitrante Primo Ministro Boris Johnson a chiedere un ulteriore rinvio della Brexit all’Unione Europea. Johnson, obbligato dalla legge nota come “Benn Act” approvata ai primi di settembre, ha dunque inviato la richiesta alla UE, senza però firmarla e dicendosi nella lettera accompagnatoria contrario ad un rinvio. Il Parlamento dal canto suo da lunedì sarà impegnato a predisporre la legislazione che dovrebbe consentire l’adesione all’accordo, ma ad oggi il percorso istituzionale e l’esito finale restano ancora incerti.

Fortunatamente i mercati finanziari, un po’ come Bill Murray, si sono adattati a rivivere il giorno della marmotta e pertanto riteniamo che le conseguenze alla riapertura di lunedì saranno limitate ad un probabile indebolimento della sterlina, che si è apprezzata sensibilmente nelle ultime settimane, e nulla più. La ragione sta nel fatto che in un modo o nell’altro i mercati sono convinti che si arriverà ad un’uscita ordinata senza strappi inconsulti. Quanto al resto, la settimana si è rivelata piuttosto tranquilla sui mercati finanziari internazionali nonostante dati macro provenienti dalla Cina non entusiasmanti, si pensi al dato sulle esportazioni e importazioni di settembre, ben al di sotto delle attese, ed al dato sulla crescita del PIL nel terzo trimestre, che conferma un lento, ma inesorabile rallentamento della seconda economia globale 6 anno su anno rispetto al 6 1 atteso) Sul fronte delle notizie positive si annoverano un inizio di stagione dei risultati USA migliore delle aspettative, che erano già state abbassate dagli analisti, con i principali istituti bancari che hanno riportato bene, l’indice di fiducia tedesco ZEW in lieve miglioramento rispetto alle attese e la tregua annunciata dalla Turchia nei confronti dei Curdi, su intervento del Presidente USA Donald Trump, che appare comunque penalizzante per la popolazione curda, costretta ad abbandonare, smantellando le postazioni militari, una fascia di oltre 30 chilometri nel nord della Siria. I mercati azionari hanno chiuso la settimana in leggero rialzo, ma non sono riusciti a rompere con decisione al rialzo i livelli massimi dell’anno Gli Stati Uniti hanno segnato un rialzo dello 0,54% dell’indice S&P 500 che chiude però sotto i 3 000 punti, l’indice dell’Area Euro Eurostoxx 50 sale dello 0, 27% consolidando il forte rialzo della settimana precedente, ma abbandonando i massimi dell’anno sul finire di settimana Molto bene il Giappone con l’indice Nikkei 225 che recupera un 3,2% mentre più contrastati sono apparsi i mercati emergenti con la Cina negativa dell’1% e l’India molto positiva a 3% con l’indice globale MSCI Emerging che chiude a 1,23%.

Quanto ai mercati obbligazionari governativi, anche qui settimana di transizione, con un ulteriore rialzo dei rendimenti sulla curva tedesca, una stabilità dei rendimenti statunitensi ed un restringimento del nostro differenziale con la Germania a 130 punti base, nonostante una persistente confusione sull’assetto definitivo della manovra finanziaria per il 2020. Anche sulle principali commodity nulla di significativo da segnalare, mentre prosegue sulle divise il rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro con il cambio che chiude a 1 117 in rialzo dall’ 1 104 del venerdì precedente In conclusione, dopo alcune settimane di recupero seguite ad un inizio ottobre negativo, i mercati sembrano essere entrati in una fase attendista nella speranza che si dipanino alcune ombre sullo scacchiere geo politico internazionale, con in testa il processo della Brexit e le trattative commerciali sino americane, che se risolte positivamente possano ridare fiato ad un’economia internazionale che mostra ancora evidenti segnali di affaticamento Il nostro auspicio è che il giorno della marmotta, che si celebra negli Stati Uniti il 2 febbraio, finisca presto ed a dispetto del lungo inverno che ancora ci attende la marmotta ci indichi che la primavera è quasi alle porte

Azioni. I mercati azionari hanno registrato dei buoni progressi a partire dall’8 ottobre, data in cui la Fed ha deciso di ripristinare un QE “tecnico”. A tale notizia hanno fatto seguito i passi avanti nelle trattative USA-Cina e recentemente  quelli relativi alla Brexit. L’andamento degli indici Zew, l’analisi del sentiment economico da parte degli economisti e degli analisti, così come la revisione al ribasso delle stime del FMI sulla crescita mondiale sono passati  in secondo piano. I mercati dipendono da un lato dal rallentamento sincronizzato della crescita globale, dall’altro da decisioni politiche che aprono squarci di ottimismo. Ottobre ha visto prevalere queste ultime. Si noti che un accordo sulla Brexit sarebbe favorevole ai mercati azionari della zona Euro e alle azioni del Regno Unito, mentre avrebbe un effetto negativo sull’indice FTSE 100 che è molto internazionale.

Obbligazioni governative. Il rendimento dei Bund decennali tedeschi è salito di 6 pbe quello dei Treasury decennali USA di 2 pb. Il rendimento dei gilt decennali britannici è rimasto pressoché invariato nel corso di una  settimana volatile.  Lo spread tra i bunddecennali tedeschi e i BTP decennali italiani si è ridotto di 9 pb, mentre il segmento 2-10 anni della curva USA e il suo equivalente tedesco si sono irripiditi di 2 pb. Notizie positive riguardo alla Brexit. Stando alle ultimissime novità, sembra che Regno Unito e UE abbiano trovato un terreno comune per un accordo. Il prossimo passo consisterà nell’ottenere l’approvazione del Parlamento britannico e di quello europeo. Nel primo caso un tale risultato non sarà così scontato alla luce di quanto successo sabato. L’altra novità importante riguarda i negoziati commerciali USA-Cina, gli USA non hanno applicato la nuova tornata di dazi prevista per ottobre.

Obbligazioni corporate. I mercati del credito, beneficiando delle notizie positive sul commercio mondiale e sui negoziati relativi alla Brexit, hanno generato degli extra rendimenti rispetto ai più sicuri titoli di Stato.  In genere gli spread si sono ristretti, con il debito a beta elevato che ha sovraperformato rispetto ai segmenti di grado superiore in Europa e negli Stati Uniti.  I titoli dei Paesi periferici hanno dettato ancora una volta le regole del gioco tra le obbligazioni societarie in euro, in particolare tra i titoli finanziari. I segnali positivi che giungono da due delle aree più preoccupanti da un punto di vista geopolitico stanno riducendo la volatilità azionaria implicita e orientando la caccia al rendimento sui mercati obbligazionari verso i prodotti a spread.  I fattori tecnici rimangono robusti in una fase in cui i rischi di ribasso per il quadro microeconomico sembrano essersi attenuati  grazie al ridimensionamento dei timori sul fronte del commercio globale e della Brexit, la cui evoluzione dovrebbe chiarirsi nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.

Tassi di cambio. Tra le valute del G10, il dollaro USA si è svalutato dello 0,70% rispetto a tutte le valute, ad eccezione per lo yen e la corona norvegese, la sterlina e la corona svedese si sono maggiormente rivalutate nei confronti del biglietto verde. Nell’area emergente, il tasso di cambio effettivo nominale del dollaro USA ha perso terreno principalmente contro la lira turca e la corona ceca, mentre si è rafforzato sul real brasiliano e sul peso colombiano. Il sentiment sul rischio sui mercati è migliorato questa settimana grazie ad alcune notizie positive: Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sul commercio che ha permesso di evitare l’introduzione di nuovi dazi sulle merci cinesi da parte degli Stati Uniti originariamente previsti per ottobre.  La sterlina si è apprezzata in vista della prospettiva di un accordo sulla Brexit, che ora appare molto più probabile rispetto a una settimana fa.

Materie prime. I mercati delle materie prime sono rimasti relativamente stabili nel corso della settimana. Il petrolio ha faticato a riprendersi perché gli investitori si preoccupano ora più della debolezza della domanda che non dell’offerta.  Le quotazioni del WTI e del Brent sono scese rispettivamente a 54 e 59 dollari al barile. L’oro è calato  a 1.488 dollari l’oncia e tale calo rispecchia il flusso di notizie positive sul commercio e sulla Brexit. L’indebolimento della domanda sta compensando il premio al rischio geopolitico e le preoccupazioni relative all’interruzione dell’offerta. L’allentamento delle condizioni finanziarie e l’espansione del bilancio della Fed sosterranno l’oro nel 2019, mentre la debolezza del dollaro dovrebbe supportare le valutazioni. Manteniamo il nostro obiettivo a 12 mesi di 1.550 dollari l’oncia per l’oro, mentre rimaniamo moderatamente ottimisti sul petrolio, con obiettivi rispettivamente di 55-65 e 60-70 dollari per WTI e Brent.

Stati Uniti. L’indice sul sentiment dei consumatori dell’Università del Michigan è salito ad ottobre da 93,2 a 96, il dato migliore da luglio e superiore alle aspettative.  Si tratta di un rimbalzo incoraggiante, ma l’indice è lontano dai massimi recenti e permangono incertezze sulle prospettive future dell’economia. Il dato di ottobre è in linea con la media dall’inizio dell’anno a oggi di 95,6 (il massimo è stato 100 a maggio, mentre il massimo ciclico ha raggiunto 101,4 a marzo). I consumatori continuano ad aspettarsi un reddito disponibile reale più elevato grazie agli aumenti dei salari e a un’inflazione più bassa. Tuttavia, le incertezze sulle politiche commerciali hanno continuato a deprimere le prospettive dell’economia per il 2019.

Zona Euro. L’inflazione complessiva della zona Euro è stata dello 0,8% annuo a settembre dopo l’1% di agosto e il 2,1% del settembre 2018. L’inflazione sottostante è stata dell’1% annuo a settembre dopo lo 0,9% di agosto e l’1,99% del settembre 2018. Su base geografica, l’inflazione si è attestata a settembre allo 0,9% in Germania, all’1,1% in Francia, allo 0,2% in Italia e allo  0,2% in Spagna. In termini di categoria di prodotto, i prezzi dell’energia sono quelli che sono diminuiti di più (-1,8%), mentre i prezzi dei prodotti alimentari sono quelli che sono saliti di più (1,6%). Se da un lato il calo dell’inflazione complessiva è dovuto soprattutto alle variazioni del prezzo del petrolio, l’inflazione sottostante, che riflette meglio la pressione sui prezzi, stenta ancora a salire al di sopra dell’1% annuo. I fattori strutturali (come l’evoluzione sul mercato del lavoro e le nuove tecnologie) spiegano in parte questa debolezza. Tuttavia il recente rallentamento della crescita non dovrebbe sostenere l’accelerazione dell’inflazione.

Mercati Emergenti. Le esportazioni cinesi sono ulteriormente peggiorate, passando dal -1% annuo di agosto al  -3,2% annuo di settembre, mentre le importazioni sono diminuite a settembre del -8,5% annuo contro il -5,6% di agosto.  Il nuovo finanziamento sociale totale (TSF) è cresciuto più del previsto, passando dai 1.980 miliardi di renminbi di agosto ai 2.270 miliardi di renminbi di settembre. I dati commerciali hanno confermato la perdurante debolezza economica della Cina, sia sul piano interno, sia sul piano della domanda esterna. Il surplus commerciale con gli Stati Uniti si è ridotto per via delle importazioni meno deboli e delle esportazioni più moderate. I dati relativi al credito confermano le nostre stime di un accomodamento progressivo dell’orientamento della  politica monetaria.

Giappone. La BoJ ha pubblicato lunedì scorso un rapporto sulle economie regionali.  Ogni responsabile regionale  raccoglie trimestralmente informazioni  sulle attuali condizioni economiche del proprio distretto.  A differenza delle opinioni prudenti adottate dalla maggior parte degli investitori, la BoJ ha mantenuto la sua valutazione economica di “espansione” o “ripresa” in tutti e nove i distretti. La banca centrale riconosce che le spese in conto capitale e i consumi hanno finora evitato gli effetti del  rallentamento dell’economia globale e delle controversie commerciali. Dopo la pubblicazione di questo rapporto è meno probabile che la BoJ allenti le condizioni del credito in occasione della prossima riunione di politica monetaria che si terrà il 30-31 ottobre.  Tuttavia, non possiamo escludere la possibilità di un successivo allentamento monetario.  Gli uragani e le  inondazioni hanno distrutto le infrastrutture e interrotto le catene di approvvigionamento, aggravando il sentiment dei consumatori, che era già sceso al minimo degli ultimi cinque anni a causa dell’aumento dell’IVA.  Inoltre, l’IPC è aumentato solamente dello 0,3% annuo a settembre, l’incremento più basso dall’aprile 2017.

Giordano Beani, head of Multi-asset fund solutions Italy di Amundi SGR

 

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