Unigestion. Ingannati dai dati sulla recessione. Analisi di Florian Ielpo

FOTO MERCATICi sono nuvole che si stanno radunando all’orizzonte degli investimenti che normalmente avrebbero potuto rappresentare il presagio di una recessione. In primo luogo, come mostrato nella figura 1, diverse curve di rendimento sono ora piatte o invertite. Ciò significa che per molti paesi del G10, il rendimento a 10 anni è uguale o inferiore al rendimento di breve termine. Questo implica che i mercati si aspettano che i tassi d’interesse domani siano più bassi di oggi. In questa fase del ciclo, esiste un solo scenario economico che può rendere possibile tutto questo: l’economia entra in recessione.Se questa curva è ad oggi nelle menti degli investitori, è perché contiene anche una manciata di altri segnali coerenti: i tassi di break-even (misure di mercato dell’inflazione attesa) hanno registrato un crollo, i prezzi delle materie prime sono bassi, le curve di volatilità sono state recentemente invertite e molte coperture sono attualmente costose, comprese le obbligazioni, lo yen giapponese e il franco svizzero.

In termini di quadro macro, anche qui i dati sono meno che convincenti. Negli Stati Uniti, l’ISM ha registrato un serio crollo, il tasso di utilizzo della capacità produttiva ha raggiunto il massimo storico nell’ottobre 2018 e da allora è diminuito. In Germania, l’indagine IFO colloca già l’economia del paese in recessione e ciò è coerente con le indagini della Commissione europea. Altrove, il tasso di crescita della produzione di elettricità cinese è sceso ai livelli del 2015, mentre il PIL del primo trimestre del Sudafrica è stato pari a -3,2%. Infine, l’indice CPB World Trade Index mostra che il volume degli scambi mondiali è diminuito del 3% rispetto all’anno scorso. Sembra che non ci sia un posto dove nascondersi. Tutti i segnali sono qui e una recessione globale sembra sempre più probabile nei prossimi 12 mesi. Ma è davvero così?

Il nostro Take

Riteniamo che la domanda sulla recessione sia essenziale per il posizionamento del portafoglio, visto l’impatto sulle considerazioni macroeconomiche, di sentiment e di valutazione.

Il nostro approccio alla misurazione del rischio di recessione si basa su due conclusioni tratte dalle nostre ricerche macro:

  • Le recessioni sono difficili da prevedere. La loro origine è sempre diversa, dallo scoppio di una bolla azionaria avvenuto nel 2001, al crollo del mercato immobiliare statunitense nel 2008 fino  all’eccessivo indebitamento della zona euro registrato nel 2011.
  • I rendimenti degli asset sono collegati all’attuale situazione macroeconomica. In genere, una previsione non viene ri-prezzata dai mercati, anche quando è corretta. Da questo punto di vista, un esercizio di nowcasting ha molto più senso.

I nostri Nowcaster mirano a valutare l’attuale situazione macroeconomica in 39 paesi, tra cui troviamo 11 importanti economie emergenti. In totale, i nostri indicatori coprono circa il 90% del PIL mondiale. Essi analizzano i segnali di rischio di recessione nelle diverse dimensioni chiave di ogni economia. Invece di guardare un insieme di serie temporali selezionate, preferiscono l’ispezione di un’ampia sezione trasversale di dati. Cosa hanno da dire questi indicatori?

La figura 2 mostra il nostro Growth Nowcaster globale, insieme alla sua ripartizione tra paesi sviluppati ed emergenti. La linea blu punteggiata sul grafico evidenzia la soglia che deve essere superata perché l’economia sia a rischio di recessione. Questa soglia è fissata a -0,3 ed è stata calibrata a partire dagli ultimi 30 anni di storia. Quando l’indice di crescita di un paese storicamente diminuisce e scende al di sotto di questo numero, ha subito un brusco rallentamento o una recessione. Per il momento, abbiamo visto un rallentamento, ma non un calo. Oggi, il rischio di trovarsi in recessione è limitato, soprattutto per le economie sviluppate.

Data la granularità geografica dei nostri indicatori, possiamo anche classificare i paesi per il loro livello di rischio di recessione, da -2 (rischio molto basso) a +2 (rischio molto alto) in base al Growth Nowcaster e al livello del suo Diffusion Index (la percentuale di miglioramento dei dati nei Nowcaster). La figura 3 mostra tali informazioni a livello nazionale. Come indicato dall’analisi grafica precedente, il rischio di una recessione globale è complessivamente neutrale. Tuttavia, guardando ad un livello più granulare, questa soglia neutra nasconde delle disparità: Svezia, Norvegia, Cina e Messico sono attualmente i peggiori, con la Svezia che ha le maggiori probabilità di trovarsi in recessione. Le economie asiatiche selezionate, gli Stati Uniti e il Giappone stanno ottenendo i voti migliori. Se oggi non c’è recessione, cosa succederà nel medio termine?

Ci sono due modi per cercare di acquisire conoscenze in materia. In primo luogo, esaminando l’origine degli attuali valori più bassi e, in secondo luogo, guardando a ciò che è accaduto storicamente una volta raggiunti punti simili a quelli di oggi.

In primo luogo, l’origine del rallentamento. Una caratteristica fondamentale delle recessioni è che colpiscono costantemente un’ampia gamma di settori economici: La figura 4 mostra il valore dei nostri Nowcaster per zona economica e la loro ripartizione dettagliata per componente. Gran parte della decelerazione economica riflette un deterioramento delle aspettative, probabilmente legato alla guerra commerciale. Senza questa componente, i fattori determinanti per la crescita sarebbero molto più elevati.

In secondo luogo, possiamo anche eseguire regressioni per valutare la traiettoria abituale di un’economia una volta che abbiamo raggiunto storicamente le condizioni macroeconomiche che ritroviamo oggi. La figura 5 mostra tali numeri, accanto alle proiezioni ottenute ipotizzando (1) un’ulteriore significativa decelerazione e (2) un significativo miglioramento del macro momentum. Applicando questa analisi di scenario agli Stati Uniti e all’Eurozona, emergono due conclusioni molto diverse. In primo luogo, negli Stati Uniti, anche in presenza di un significativo deterioramento della situazione macroeconomica, in base ai raffronti storici, le probabilità che nell’anno prossimo si verifichi una recessione sono molto limitate. Tuttavia, nel caso dell’Eurozona la situazione è molto diversa. Se la tendenza attuale dovesse continuare, la zona euro entrerebbe in recessione entro 12 mesi.

Conclusione

Queste sono le tre chiavi di lettura del nostro set di Nowcaster:

  • Per il momento, il rischio di recessione è neutro e disomogeneo nelle varie zone economiche, cosa che rende la situazione attuale incomparabile con quella del 2008 o 1990.
  • Negli Stati Uniti non ci sono segnali di un imminente ingresso in una fase di recessione, sebbene la situazione nell’area dell’euro sia molto diversa.
  • Nonostante un limitato rischio di recessione generale, la crescita rimane a rischio in quanto l’attuale deterioramento è in corso da un anno e mezzo e tali rallentamenti raramente si arrestano da soli. Tuttavia, questa volta le banche centrali sembrano agire in via preventiva, il che rappresenta una novità assoluta.

Florian Ielpo, Head of Macroeconomic Research di Unigestion

 

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