Marzotto. Equity outlook 2019

La Borsa di Wall Street nell'omonima via di New York

La Borsa di Wall Street nell’omonima via di New York

Il 2018 è stato un anno che ha visto la maggior parte delle asset class chiudere in territorio negativo. Azioni, obbligazioni, oro, petrolio e quasi tutte le aree geografiche hanno dato molti grattacapi agli investitori per i quali cercare dapprima assetche potessero offrire performances positive e successivamente nella seconda parte dell’anno asset che potessero proteggere dalla discesa è stata un’impresa quasi impossibile. A questa dinamica non sono scampati i mercati azionari internazionali, asset rischiosi per eccellenza. Tutte le borse, hanno chiuso in territorio negativo con performances che vanno da -18.3% del Dax in Europa al -6% dello S&P in USA. Le cause sono state diverse e alcune di esse potranno essere ancora in gioco nel 2019.

Wall Street a New York

Wall Street a New York

Dal punto di vista della crescita economica dopo un quinquiennio di crescita sincronizzata da parte di USA, Europa e Giappone assistiamo ad una fase di stanca dell’economia globale che seppure prevista in crescita del 3,7% mostra tutti i segnali di un imminente rallentamento. La flessione degli indici PMI, l’inversione del tratto 2-5 anni della curva statunitense, uniti a fattori esogeni quali la normalizzazione della politica monetaria anche in Europa, la guerra dei dazi dalle evoluzioni impreviste e la Brexit ci fanno capire che il futuro non è più quello di una volta. I mercati azionari hanno iniziato a scontare questi elementi negativi chiudendo tutti in territorio negativo e la domanda del 2019 è: il ribasso continuerà oppure ci sarà una ripresa dei corsi? Venendo a mancare molti degli elementi positivi degli ultimi anni in primis la crescita sincronizzata e il supporto della ECB dovremmo razionalmente pensare che non ci sono molti spunti di rialzo per gli asset rischiosi, anche in considerazione della maggiore appetibilità delle obbligazioni per effetto del rialzo dei rendimenti prospettico.

Se guardiamo al 2017-2108 il principale elemento di discontinuità a livello globale è stata la normalizzazione della politica monetaria da parte della Fed. L’accelerazione nel rialzo dei tassi ha infatti provocato un re-pricing di tutte le asset class che partendo dalle obbligazioni ha avuto effetto anche sul comparto azionario. Questa dinamica si è tradotta nel brusco rialzo dei tassi di rendimento dei Tresury che da un minimo del 2% hanno raggiunto un massimo del 3.2% attestandosi sull’attuale 2.6%. E’ noto che negli scorsi anni l’apprezzamento dei corsi azionari è stato in parte sostenuto dalla ricerca di rendimenti alternativi a quello delle obbligazioni che hanno avuto un rendimento prossimo allo zero. Questa dinamica che è rimasta in gioco per almeno un triennio è in fase di esaurimento e potrebbe vedere una inversione a favore delle obbligazioni e a sfavore delle azioni. Quanto questo impatterà sul comparto azionario dipenderà dalla velocità di aggiustamento. Se i rendimenti obbligazionari dovessero tornare velocemente verso livelli più alti (i.e. Tresury a 10 anni >3%) ci sarebbe un altrettanto veloce sell-off di azioni per posizionarsi su obbligazioni che offrono rendimenti più generosi che in passato (pensiamo ai fondi pensione a cui interessa avere una “cedola” periodica), anche in considerazione di tutti gli elementi di incertezza – dazi, Brexit, Italia vs. Europa, rallentamento sincronizzato ­– che sono tutt’ora in gioco.Se invece il rialzo dei tassi di rendimento sarà graduale il ribilanciamento a sfavore dell’equity potrà dare luogo ad una rotazione settoriale più ordinata a vantaggio dei settori più difensivi senza grossi scossoni (anche in considerazione del fatto che molti mercati come quello Europeo hanno già performances negative a doppia cifra, avendo anticipato almeno in parte molti dei fattori di rischio esposti).

Il 2019 si presenta molto difficile da prevedere in quanto non solo gli Stati Uniti si presentano ad inizio anno con unaimpasse di carattere politico difficile da superare, ma anche con un contesto di investimento molto volatile in cui una considerevole parte degli investitori, dopo anni di QE e bull markets, è sbilanciata su profili di rischio non appropriati.In termini valutativila sopravalutazione rispetto alla media storica che ha contraddistinto la maggioranza dei listini azionari, soprattutto quelli statunitensi, fino ad oltre la prima metà del 2018 è oramai venuta meno. Nondimeno, in un contesto sempre più volatile, i fondamentali contano paradossalmente meno – così come gli investitori hanno continuato a comprare indici “cari”, allo stesso modo potrebbero continuare a ridurre il peso azionario se le aspettative non dovessero migliorare. In tale senso, il momentum conta più del valore e dei fondamentali.

Come abbiamo ripetutamente sottolineato in diverse note nel corso del 2018, le variabili principali da monitorare nel corso del 2019 anche se in aumento rimangono essenzialmente le stesse. L’ordine e le priorità sono tuttavia differenti.

Alfonso Maglio, Head of Research Department di Marzotto Investment House

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