Focus sui cambi. Gli analisti vedono un euro forte anche nel 2018, sterlina sotto l’influenza della Brexit

11326405-un-mucchio-di-euro-dollaro-e-note-libra-su-sfondo-biancoMilano, 28 dicembre – Una risalita del dollaro nella prima parte dell’anno, che tuttavia non modificherà radicalmente la tendenza di medio-lungo periodo, che resta quella di un rafforzamento dell’euro, sostenuto dalla ripresa economica globale. Queste le principali previsioni per l’andamento del mercato valutario nel corso del 2018, in base a quanto emerge dalle analisi pubblicate da primari operatori di mercato. ‘Il 2018 potrebbe segnare, soprattutto nella prima parte dell’anno, un ritorno di forza del dollaro’, confermano da Mps Capital Services. Gli esperti notano infatti che ‘il disaffezionamento del mercato nei confronti del biglietto verde visto quest’anno, legato principalmente alla difficoltà dell’amministrazione Trump nel portare avanti le promesse elettorali, potrebbe venir meno grazie soprattutto all’approvazione della tanto attesa riforma fiscale’. Il movimento positivo del dollaro, inoltre, ‘dovrebbe essere accompagnato da una ricopertura delle posizioni nette corte di biglietto verde che, se calcolate sui principali cross, si trovano sui massimi dal 2014′. Sulla stessa linea gli analisti di Bank of America Merrill Lynch, secondo i quali ‘il dollaro potrebbe registrare un rally nel primo trimestre, sostenuto dall’aumento dei tassi Usa e dal possibile rimpatrio di capitali in conseguenza alla riforma fiscale’. ‘Prevediamo un apprezzamento del dollaro, almeno nella prima metà dell’anno’, fanno eco gli esperti di Blackrock, che tuttavia sottolineano che ‘i guadagni saranno modesti mentre la Fed prosegue il cammino lento e costante di normalizzazione dei tassi’. ‘Ogni rafforzamento del dollaro potrebbe arrestarsi non appena i mercati inizieranno a concentrarsi su quando le altre banche centrali cominceranno a cambiare marcia nella politica monetaria’, aggiungono. Per quanto riguarda il cambio euro/dollaro, quindi, Mps Capital Service prevede che ‘nella prima parte del 2018 si possa assistere ad un movimento di ritracciamento verso area 1,15 e potenzialmente anche su livelli inferiori’. Come detto, tuttavia, si tratterà di una tendenza temporanea, dato che ‘gia’ a partire dall’estate potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza’. Secondo gli analisti, infatti, ‘nel corso dei mesi di giugno/luglio potremmo assistere in area euro ad un sostanziale recupero della dinamica inflattiva che porterebbe gli operatori a ipotizzare la fine del Qe della Bce entro la fine dell’anno. Nell’ipotesi quindi di un ritorno dell’inflazione sopra il 2% e un ritmo di crescita ancora sostenuto, è presumibile che all’interno del board della Bce possano crescere le pressioni per un’interruzione del piano di acquisti’. Di conseguenza, ‘il movimento di recupero dell’euro dovrebbe proseguire nella seconda parte dell’anno verso area 1,18/1,20 quando, oltre al tema Qe, il mercato inizierà ad interrogarsi anche su chi sarà il prossimo presidente della Bce’. Ancora più ottimista sulle prospettive dell’euro è il Credit Suisse, che fissa un target a 12 mesi a 1,25 dollari. Secondo gli esperti dell’istituto elvetico, il mercato e’ troppo prudente nel medio termine per quanto riguarda il ritmo di rialzo dei tassi da parte della Bce. ‘Il primo rialzo è atteso nel marzo 2019, con solamente 50 punti base di aumento complessivo dall’inizio del 2019 alla fine del 2020′, scrivono gli esperti, che si dicono convinti che ‘il mercato stia sottovalutando la forza della crescita dell’eurozona’, mentre gli economisti dell’istituto prevedono una stretta di politica monetaria oltre tre volte più consistente nello stesso arco di tempo. Esprime cautela sul dollaro anche Goldman Sachs, che ricorda come ‘il rialzo dei tassi Usa non si traduca automaticamente in un apprezzamento del dollaro in un contesto di solida crescita globale’. Gli analisti Usa notano ad esempio che nell’ultimo ciclo di stretta monetaria da metà 2004 a metà 2006 i tassi salirono dall’1% al 5,25%, ma complessivamente nello stesso periodo il dollaro perse il 7% contro le altre valute. Secondo gli esperti i ‘principali beneficiari di un dollaro relativamente debole dovrebbero essere i cambi con le monete dei paesi emergenti’. Quanto alle altre principali valute, secondo Mps Capital Services la sterlina continuerà a essere condizionata dal tema Brexit anche nel 2018. Gli analisti mantengono comunque una visione positiva sulla divisa britannica e stimano che ‘eventuali fasi di rialzo del cambio con l’euro in area 0,90 dovrebbero risultare temporanee’. ‘In caso di prosecuzione delle trattative’ sulla Brexit ‘senza segnali di rottura tra le due parti, il target del movimento ribassista può essere identificato in area 0,85′, aggiungono. ‘Non siamo più negativi sulla sterlina, anche se fatichiamo ad essere completamente positivi’, aggiungono da parte loro gli esperti del Credit Suisse. Per l’istituto elvetico, in ogni caso, il principale elemento di sostegno alla valuta inglese è ‘l’accordo di transizione con la Ue molto più lungo del previsto (2-4 anni) e quindi un aumento della possibilità di tenere un secondo referendum’: appaiono quindi molto basse (5-10%) le probabilità di una ‘hard Brexit’ senza accordi di transizione. Più cauta Goldman Sachs, che vede ‘rischi al ribasso’ per la sterlina dalla combinazione tra scadenze della Brexit e fragilità politica. Quanto infine allo yen, secondo il Credit Suisse ai livelli attuali la valuta è ‘cheap’ anche se rimane il punto interrogativo sulle politiche della Bank of Japan e sui tempi di uscita dal suo programma di acquisto di asset. ‘Fattori domestici e globali favoriscono l’euro nei confronti dello yen – notano da Goldman Sachs – e prevediamo che il cross raggiungere i massimi di periodo nel 2018′.

 

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