In Italia è boom del venture capital: oltre 8 miliardi di euro, il 69% proviene da operatori esteri. Attualità e prospettive del mercato dei capitali di rischio nell’intervista ad Anna Gervasoni (Aifi)

Anna Gervasoni, direttore generale dell'Aifi.

Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi.

Gli investitori stranieri hanno fiducia nell’Italia e tornano con forza ad investire nel nostro Paese. Non soltanto nel capitale di rischio delle imprese tricolori, ma anche nelle infrastrutture, sia materiali (energetiche, di comunicazione e di trasporto), sia immateriali (fibra ottica) di cui il nostro Paese ha certamente bisogno per colmare il gap infrastrutturale con le maggiori economie del mondo, ma anche per sostenere i progetti di crescita e di espansione delle imprese. E’ questo, in breve, il “messaggio” intriso di ottimismo che Anna Gervasoni, Direttore generale dell’Associazione Italiana del private equity, venture capital e private debt lancerà oggi 27 marzo dalla sede di Assolombarda a Milano (Auditorium Giò Ponti), dove, a partire dalle 9, alla presenza, tra gli altri, del Presidente dell’Aifi, Innocenzo Cipolletta, si svolgerà il convegno annuale dell’organizzazione intitolato “Finanziare la crescita” sui risultati dell’analisi condotta in collaborazione con PwC – Transaction services sul mercato italiano del capitale di rischio.

Nel 2016 il mercato domestico del private equity e del venture capital ha stabilito un record: oltre 8 miliardi contro i 4,6 del 2015. Il 69% proviene da operatori esteri. E’ un attestato di fiducia verso l’Italia?

“Mai come nel 2016 gli investitori internazionali hanno mostrato di credere nell’Italia. Stanno effettuando investimenti consistenti nel private equity. E’ l’area in cui si concentrano i maggiori investimenti internazionali della nostra storia. L’appetito verso l’Italia c’è. La sfida a questo punto è far sì che ci siano operatori italiani attivi. E quindi dobbiamo favorire lo sviluppo del mercato interno”.

Il numero dei deal diminuisce, ma aumenta il taglio. E’ segno della crescita dimensionale, che, da tempo auspicata, comincia a manifestarsi?

“Sì. Ci sono state meno operazioni, ma più grandi. Quindi nel 2016 si è guardato a target dimensionali più elevati”.

Le operazioni sono finalizzate anche alla realizzazione di infrastrutture a rete di utilities. “

“E’ un dato articolato. Abbiamo sia investimenti in aziende tradizionali, sia nel comparto infrastrutturale dove l’interesse è stato elevato e lo giudichiamo molto positivamente. Le infrastrutture, soprattutto quelle energetiche, di comunicazione e di trasporto, sono fondamentali per lo sviluppo industriale. E’ un fatto importante”.

Sono diminuite sia le operazioni, sia la raccolta nel venture capital, mentre c’è stato un exploit del private debt. Come si spiega?

“Il dato del private debt è giustificato dal fatto che questo segmento è finalmente decollato. Essendo nato a fine 2014, siccome il ciclo di raccolta dei fondi è di diciotto mesi, nel 2016 abbiamo avuto il closing della raccolta con nove fondi che hanno cominciato ad investire. E’ un settore in crescita”.

Nella raccolta la predominanza è italiana (63%), rispetto a quella estera (37%). Significa che finalmente anche gli italiani hanno avuto fiducia nel loro Paese?

“Sul private debt, gli investitori internazionali al momento restano alla finestra, trattandosi del primo ciclo. Nel private equity, nel 2016, abbiamo avuto meno capitali internazionali nella raccolta che derivano, secondo me forse, da un fatto casuale e cioè che hanno operato sul mercato fondi che hanno meno notorietà internazionale. In ogni caso la raccolta si è contratta per i veicoli italiani, mentre gli operatori internazionali se da un lato vengono volentieri a lavorare in Italia, dall’altro fanno fatica a dare soldi ai fondi italiani. Da questo punto di vista occorre che i fondi istituzionali italiani abbiano più fiducia verso il loro Paese”.

Qual è il sentiment per l’anno in corso?

“Le previsioni sono positive. Il trend positivo del 2016 proseguirà anche nel 2017. Le aspettative sono corroborate dall’andamento del primo bimestre che è stato vivace. Per quanto riguarda la raccolta come Aifi siamo impegnati in iniziative di promozione sia a livello internazionale, sia  nazionale: a giugno saremo a Londra per un road show che facciamo annualmente per andare a stimolare gli investitori internazionali che speriamo sottoscrivano con maggiore interesse i fondi italiani. Per il mercato domestico siamo reduci da una riunione a Roma con Fondi pensione e Casse di previdenza per presentare il nostro settore e degli studi su asset class di investimento”.

 

 

 

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