Italia svegliati! I Fondi sovrani sono a caccia di opportunità d’investimento. L’analisi dell’economista Valeria Miceli

Valeria Miceli è professore aggregato di Economia dei mercati finanziari nella Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica di Milano.  Laureata in Economia all’Università Bocconi, nel 2010-11 è stata visiting fellow alla Judge Business School dell’Università di Cambridge (Gran Bretagna). Si occupa di finanza internazionale con particolare riguardo al ruolo dei fondi sovrani e al finanziamento dell’innovazione nei settori high-tech e green economy.

Valeria Miceli è professore aggregato di Economia dei mercati finanziari nella Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica di Milano. Laureata in Economia all’Università Bocconi, nel 2010-11 è stata visiting fellow alla Judge Business School dell’Università di Cambridge (Gran Bretagna). Si occupa di finanza internazionale con particolare riguardo al ruolo dei fondi sovrani e al finanziamento dell’innovazione nei settori high-tech e green economy.

I fondi sovrani sono i nuovi padroni della finanza globale. Si dice siano in grado di spostare gli equilibri economici mondiali. E’ così?

“I fondi sovrani dispongono di attivi impressionanti pari a 6 trilioni di dollari e nel 2011 hanno realizzato investimenti per 81 miliardi di dollari.  Il primo, il Kuwait Investment Authority, fu istituito nel 1953. Molti altri negli anni ’70 e nei primi anni 2000. La nascita e lo sviluppo dei fondi sovrani, come quelli del Medio Oriente e del Golfo in particolare, sono stati favoriti dai surplus petroliferi. Altri fondi, invece, hanno usufruito dell’aumento vertiginoso di riserve ufficiali da parte delle banche centrali come la Cina che hanno accumulato ingenti surplus con l’estero. Più che rappresentare la causa dello spostamento di equilibri economici e finanziari mondiali, i fondi sovrani ne rappresentano piuttosto l’effetto”.

L’Italia è snobbata? Paga il rischio – Paese?

“Non proprio. Secondo alcuni studi da me condotti con il professore Quadrio Curzio e con il centro studi della Banca d’Italia,  l’Europa è una delle mete preferite dei fondi sovrani con circa un terzo del valore totale degli investimenti nel periodo 1990-2010. In questo stesso arco temporale l’Italia risulta il ventesimo paese per ammontare investito.  Certo una posizione ben lontana da quella del Regno Unito, destinazione preferita dei fondi sovrani nel mondo grazie alla proverbiale apertura del mercato britannico agli investimenti esteri. Germania, Francia e Spagna fanno meglio dell’Italia. Ma questo fenomeno più che scontare il rischio-paese recente, si deve più in generale alla nostra scarsa capacità di attrarre investimenti dall’estero, anche perché i fondi investono in grandi imprese e in Italia le imprese sono prevalentemente le piccole e le medie”.

Il Fondo sovrano del Qatar ha stretto un accordo con il Fondo strategico italiano di Cassa Depositi e Prestiti per costituire una joint (IQ Made in Italy Venture) che dovrebbe investire nelle società italiane del lusso, del fashion e dell’alimentare. La CDP si può assimilare ad un Fondo sovrano?

“In un sistema industriale fatto di piccole e medie imprese, come ho già detto, l’unico modo di attirare dei colossi finanziari come i fondi sovrani è creare fondi specializzati nell’investimento in imprese di medie dimensioni. In questo modo il fondo sovrano investe nel fondo IQ e, a sua volta, il fondo IQ è in grado di ripartire l’investimento nelle aziende di medie dimensioni del made in Italy considerate più promettenti. Per quanto riguarda, invece, la CDP, questa non può essere tecnicamente assimilata a un fondo sovrano anche se ne condivide l’orizzonte di investimento di lungo termine e la natura pubblica”.

L’Italia potrebbe trarre benefici da un proprio Fondo sovrano che investa in imprese strategiche estere pareggiando i conti nei confronti di quelle imprese straniere che, un po’ alla volta, si stanno comprando i “pezzi” pregiati del nostro Made in Italy?

“In realtà l’idea alla base della creazione di un fondo sovrano è l’utilizzo di surplus di natura fiscale o di bilancia dei pagamenti. E nessuno dei due casi si addice all’Italia. Tuttavia in Italia è stato creato nel 2011 il Fondo Strategico Italiano il cui azionista di riferimento è la Cassa Depositi e Prestiti. Con un patrimonio disponibile di 4 miliardi di euro, il FSI ha l’obiettivo di investire in imprese italiane che vogliano rafforzare la propria posizione sui mercati nazionali e internazionali purché siano in equilibrio economico-finanziario e presentino adeguate prospettive di redditività e sviluppo. Tuttavia questo fondo non si può tecnicamente definire un fondo sovrano innanzitutto per la provenienza degli attivi e, in secondo luogo, perché punta a investire in imprese italiane anziché sui mercati internazionali come generalmente fanno i fondi sovrani”.

L’aggressività, unita all’opacità, ha destato preoccupazioni in Europa e negli Stati Uniti per le possibili interferenze da parte di governi stranieri (non sempre democratici) nella gestione delle imprese in cui questi investono. Sono preoccupazioni fondate?

“La mancanza di trasparenza di molti fondi sovrani rimane un problema. Si pensi, ad esempio, all’Abu Dhabi Investment Authority oppure alla  Kuwait Investment Authority i cui attivi sono solo stimati, ma non noti con certezza. Tuttavia esistono anche fondi sovrani molto trasparenti come quello norvegese che è il fondo sovrano più grande al mondo di cui conosciamo perfettamente non solo il valore ma anche la composizione del portafoglio. E il fondo norvegese non è il solo ad essere così trasparente. Ad oggi, tuttavia, non ci sono evidenze empiriche che mostrino che i fondi sovrani attuino strategie pericolose per i paesi che ne ricevono gli investimenti. Nel complesso appaiono un gruppo di investitori con l’obiettivo primario di massimizzare i rendimenti di portafoglio che è quanto fanno normalmente gli investitori istituzionali”.

La Commissione Europea ha chiesto ai governi nazionali di evitare l’adozione di misure protezionistiche nei confronti degli investimenti dei fondi sovrani, perché potrebbero contrastare con i principi stabiliti dal Trattato CE, in particolare quelli in materia di libera circolazione di capitali.

“In realtà non solo la Commissione Europea, ma anche il Fondo Monetario Internazionale e l’OCSE hanno chiesto ai paesi di non alzare barriere nei confronti degli investimenti dei fondi sovrani a meno che queste non siano giustificate da motivi di sicurezza nazionale. Va detto che rispetto al periodo in cui i fondi sovrani facevano paura, soprattutto prima della crisi, oggi fanno meno paura. E questo per due ragioni. Innanzitutto perché apportano preziosa liquidità in un momento in cui molte aziende ne hanno bisogno com’è successo a molte istituzioni finanziarie durante la crisi del 2008. E in secondo luogo perché, a seguito della crisi, i fondi sovrani si sono mostrati più aperti alla cooperazione internazionale soprattutto a seguito del tentativo del FMI del 2008 di definire un codice di condotta: i cosiddetti Principi di Santiago. A seguito di quell’esperimento il dialogo con i fondi sovrani a livello di comunità internazionale è molto migliorato. Vedo prospettive positive per il futuro in questo senso. I fondi sovrani infatti hanno oggi una liquidità enorme e sono in cerca di investimenti di lungo termine. E questo è esattamente quello di cui molte aziende europee e anche italiane hanno bisogno oggi”.

 

 

 

 

Questa voce è stata pubblicata in Economia, Finanza e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


+ otto = dodici

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>