Gli 80 euro di bonus fiscale deriveranno dall’aumento dell’aliquota sulla tassazione delle rendite finanziarie. Ecco chi pagherà

Il Presidente del Consiglio dei ministri. Matteo Renzi illustra in conferenza stampa le misure contenute nel Decreto legge adottato dal Governo.

Il Presidente del Consiglio dei ministri. Matteo Renzi illustra in conferenza stampa le misure contenute nel Decreto legge adottato dal Governo.

L’aumento di 80 euro nella busta paga stabilito dal decreto legge sul bonus fiscale decantato dal Governo Renzi come una misura di equità sociale e per favorire i consumi si è rivelato una partita di giro. Già perchè le risorse perché dieci milioni di italiani abbiano una busta paga più pesante verrebbero in parte prelevate dai maggiori incassi derivanti dall’innalzamento al 26% dal 20% dell’aliquota sulla tassazione delle rendite finanziarie.

L’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26% avrà un impatto considerevole su conti correnti, depositi, libretti postali e certificati di deposito (sono salvi solo  i titoli di Stato la cui tassazione resta al 19,5%). Secondo le stime, nel 2015, il gettito generato dall’aumento dell’aliquota equivarrà a una tassa da 755 milioni di euro. Ma è solo l’inizio: a regime, il gettito dai conti correnti supererà 1 miliardo nel 2016.
Il costo del bonus in busta paga (80 euro per chi guadagna tra 8 e 24mila euro) e delle detrazioni Irap inseriti del decreto irpef sono così finanziati dai conti correnti di cittadini e imprese.

L’entità della copertura è giustificata dalla platea degli soggetti coinvolti: secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia riferiti alla ricchezza delle famiglie del Belpaese, nel 2012 gli italiani avevano custoditi nei depositi bancari ben 692 miliardi (di cui 470 nei conti corrente), mentre nel risparmio postale ci sono 341 miliardi (di cui 27 nei conti correnti).

In pratica, subiscono un’impennata le ritenute sugli interessi, ovvero il cosiddetto tasso creditore: ciò che la banca paga sui depositi dei correntisti. Sugli interessi attivi lordi, infatti, la ritenuta fiscale del 20% salirà al 26%, andando a ridurre l’effetto netto degli interessi attivi.

Dalla relazione tecnica al decreto approvato il 18 aprile dal Consiglio dei ministri cominciano a emergere particolari che fanno escludere di poter brindare a una diminuzione della pressione fiscale. Quali sono gli effetti attesi dall’incremento dei prelievi su strumenti finanziari e conti correnti? Per quest’anno l’impatto sarà contenuto in 720 milioni necessari a coprire la riduzione delle aliquote Irap con gli acconti di fine novembre. Dal prossimo anno la curva dell’imposizione sulle rendite è destinata a salire. Passando, al netto delle ritenute sulle imposte dirette, dai 2,3 miliardi del 2015 ai 2,9 del 2016 per poi assestarsi ai 2,6 dal 2017 in poi.
Dalle tabelle emerge che lo stesso andamento riguarderà il peso sui conti correnti: nel 2014 sarà pari a zero perché i versamenti degli istituti di credito sono commisurati alle ritenute effettuate nell’anno precedente con la vecchia aliquota del 20%; nel 2015 l’impatto salirà a 755 milioni con un saldo 2014 versato a febbraio dalle banche di 378 milioni e un acconto per il 2015 versato a giugno di pari importo; il top verrà raggiunto nel 2016 quando famiglie e imprese si vedranno prelevare oltre 1,1 miliardi.

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