Libri all’indice – Dai fasti dell’impero Khmer al genocidio di Pol Pot

La scrittrice Vaddey Ratner racconta, attingendo alla sua esperienza autobiografica, un’indimenticabile storia di coraggio e resistenza di una bambina privata dell’infanzia, negli “anni oscuri” della Cambogia

La scrittrice Vaddey Ratner racconta, attingendo alla sua esperienza autobiografica, un’indimenticabile storia di coraggio e resistenza di una bambina privata dell’infanzia, negli “anni oscuri” della Cambogia

Giambattista Pepi. C’era una volta l’impero Khmer. Cuore dell’odierna Cambogia, questo regno potente e prospero in alcuni periodi della sua lunga storia estese la sua influenza su buona parte dei territori di Thailandia, Laos, e Vietnam meridionale, cioè in gran parte della penisola del Sud-Est asiatico.  Fulcro del potere fu la pianura alluvionale a nord del lago Tonlé Sap, dove giace l’eredità più grande che ci ha lasciato: Angkor, nell’odierna provincia di Siem Reap che ospitò diverse capitali del regno e ne testimonia potenza, splendore e ricchezza.  Il periodo aureo del regno durò dall’anno 802 d. C. quando salì sul trono re Jayavarman II fino all’invasione thailandese nel 1431. L’evento segnò la fine dell’influenza khmer ed il Paese precipitò nel lungo periodo conosciuto come gli “anni oscuri della Cambogia” in cui divenne vassallo alternativamente dei siamesi e dei vietnamiti per diventare nel 1863 protettorato francese.  Ottenuta l’indipendenza nel 1953 la Cambogia attraversò un periodo di instabilità e guerre con il coinvolgimento nel conflitto vietnamita, il colpo di Stato di Lon Nol, il regime del terrore dei Khmer rossi di Pol Pot, e l’invasione vietnamita. Quella di Pol Pot è stata una delle pagine più brutali e terrificanti della storia di questo antichissimo Paese. Le vittime del genocidio perpetrato da quel regime sanguinario, tra il 1975 e il 1979, furono almeno 1,8 milioni (ma non c’è concordanza tra le fonti sul numero effettivo di assassini commessi) uccisi nelle esecuzioni di massa o dopo  essere stati sottoposti a indicibili torture, o a causa di denutrizione o sfiniti dalla stanchezza nei campi di lavoro. Ancora oggi sono ricordati da enormi teche di vetro piene di teschi e ossa umane.

E’ in questo inferno che Vaddey Ratner nel libro All’ombra del baniano (ObarraO, 392 pagine, 19,50 euro traduzione di Pietro Ferrari)  racconta, attingendo alla sua esperienza autobiografica, un’indimenticabile storia di coraggio e resistenza di una bambina privata dell’infanzia.

Raami ha sette anni quando il 17 aprile 1975 i khmer rossi entrano a Phnom Penh inaugurando la pagina più tragica della storia della Cambogia.
Figlia di un poeta, principe di sangue reale, Raami vive nell’agio circondata dall’affetto della sua ampia famiglia, ma nel giro di poche ore la sua esistenza e quella di un intero popolo vengono stravolte. Phnom Penh, la capitale, viene evacuata e ha inizio la deportazione di massa della popolazione nelle campagne per la rieducazione.
Durante i successivi quattro anni del nuovo regime, Raami dovrà affrontare lo sradicamento, la progressiva scomparsa dei familiari, atrocità e privazioni quotidiane. Eppure, anche in un Paese ridotto ad un grande campo di concentramento, in un mondo che sopprime ogni traccia di bellezza e di umanità, la piccola protagonista trova una salvifica via di fuga nell’immaginazione, alimentata dalle storie piene di poesia, miti ed esempi morali che un tempo le raccontava il padre.
Ricordiamo, a beneficio del lettore, che l’autrice è nata in Cambogia nel 1970 in una famiglia imparentata con la casa reale, del re Norodom Sihanouk,  il re definito “padre” del Paese.

All’età di cinque anni, dopo la presa del potere dei khmer rossi, viene inviata insieme con la famiglia nei campi di lavoro. Dopo quattro anni lei e la madre riescono a fuggire in Thailandia. Durante gli ultimi mesi vissuti sotto i khmer rossi smette di parlare: “Ho scelto di essere muta perché non potevo parlare di ciò di cui ero testimone”.

Nel 1981, si trasferì negli Stati Uniti stabilendosi prima in Missouri e poi in Minnesota. Si è laureata alla Cornell University in Storia e Letteratura del Sudest asiatico. All’ombra del baniano, il suo primo libro, è stato tradotto in diciassette lingue. Finalista al PEN/Hemingway Award 2013, il romanzo è stato premiato all’Indies Choice Book Award ed è entrato nella selezione dell’inserto letterario del “New York Times”.

 

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