DPAM. Ripresa economica, servirebbe un bagno di realismo

Il Presidente degli Usa, Donald Trump durante un comizio

Il Presidente degli Usa, Donald Trump durante un comizio

I numeri di giovedì 2 luglio delle retribuzioni non agricole statunitensi (Non-Farm Payroll) hanno mostrato un aumento di 4,8 milioni di posti di lavoro nel mese di giugno, ulteriore bella sorpresa nell’elenco dei recenti dati economici positivi. Gli operatori del mercato (e l’Amministrazione USA) hanno accolto con favore questi risultati, e gli attivi rischiosi statunitensi hanno chiuso una settimana corta – per la festività del 4 luglio – in maniera molto positiva. Allo stesso tempo però, i sussidi di disoccupazione sono cresciuti di 1,43 milioni e le richieste per tali sussidi sono arrivate a poco meno di 20 milioni. Il monitoraggio dei dati economici reali è importante per valutare la forza di una ripresa (o la sua assenza). Tuttavia, dobbiamo guardare la situazione dalla giusta prospettiva per interpretare con precisione i dati economici. Mettiamo da parte l’aumento mensile del Non-Farm Payroll e guardiamo invece all’ammontare totale dei salari. Dal precedente picco di 152 milioni a fine febbraio e dal minimo di 130 milioni a fine aprile, il valore totale delle retribuzioni è ora salito a 138 milioni. Ciò ci permette di contestualizzare meglio i numeri di giovedì scorso sull’aumento degli stipendi non agricoli statunitensi. Se a questo quadro si aggiungono i 20 milioni di richieste di sussidi, diventa chiaro che la ripresa economica richiederà molto più tempo di quanto previsto attualmente dai mercati.

Si deve inoltre fare attenzione quando si cerca di leggere o prevedere il tipo di ripresa dal Purchasing Manager Index (PMI), che è calcolato su base mensile. Nell’analisi di tale indice, basato su un’indagine tra operatori commerciali, è infatti importante tener conto di un possibile schema di comportamento umano. È infatti possibile che, dopo un lockdown lungo tre mesi, gli operatori commerciali abbiano preferito dare risposte positive e ottimistiche sui sondaggi.

Inoltre, poiché i numeri del PMI non esprimono l’ampiezza dei trend in atto, l’effettiva rilevanza di questi risultati compositi può essere messa in discussione. Più si scava, meno ottimismo s’intravede. Le prospettive occupazionali non hanno recuperato. In aggiunta a tutto questo, abbiamo notato la presenza di una pressione inflazionistica spinta dai costi: i dati del Purchasing Manager Index devono quindi essere maneggiati con cautela.

La situazione in materia di volatilità degli attivi è considerevole. Osserviamo una chiara dicotomia nei mercati. Nei mercati dei tassi e delle obbligazioni ad alto merito creditizio (IG), le banche centrali sono state molto efficaci nel mitigare la volatilità. La volatilità dei rendimenti realizzati e attesi e dello spread Investment Grade (IG) è crollata raggiungendo minimi storici. Poiché il Quantitative easing (QE) è diventato globale, la cosiddetta “estensione di mercato” di questa condizione di bassa volatilità è notevole. Dall’altro lato, notiamo che la volatilità degli spread dell’alto rendimento (HY) e la volatilità azionaria rimangono al di sopra della norma. La grande differenza tra obbligazioni Investment Grade e High Yield rimane latente ma costante a causa dell’accelerazione delle aspettative di default. Nella prima metà del 2020 i default sono stati piuttosto rari, e i mercati dell’alto rendimento potrebbero prepararsi a un futuro contesto di mercato più difficile. È interessante notare che il numero crescente di fallen angel, ovvero obbligazioni passate da un rating IG a uno HY è diventato positivo per gli investitori del segmento HY poiché possono infatti diversificare i portafogli comprendendo società o tranche di capitale identificate come ad alto merito creditizio nell’era pre-Covid 19. Questo potrebbe diventare uno strumento per attenuare la volatilità. Nel settore azionario, giovedì l’indice VIX ha chiuso a 27,7. Numeri così elevati rivelano ancora un potenziale di movimenti giornalieri dell’indice S&P500 di oltre l’1%. In questo caso, l’” estensione di mercato della volatilità non è promettente, in quanto i settori tecnologici e digitali continuano a farla da padrone nei grossi movimenti di mercato. Prima della pandemia, l’indice VIX oscillava in un intervallo di valori tra 10 e 25. Per vedere gli spread HY scendere di altri 100 punti base (pb), il VIX dovrebbe scendere sotto quota 20. Vedremo come si evolverà la situazione in merito.

È atteso da tempo un richiamo al realismo nelle aspettative di ripresa. I mercati, sulla scia della risposta della politica monetaria e fiscale globale, sono stati molto ottimisti nell’interpretare i miglioramenti mensili di tutti gli indicatori economici principali leading, lagging oppure coincidenti. Nel frattempo, la pandemia sta ancora imperversando nei paesi emergenti. A differenza dell’Europa, gli Stati Uniti non hanno ancora raggiunto il picco, anche se il lockdown è iniziato più o meno nello stesso periodo. In Europa abbiamo osservato il riaccendersi di focolai locali in Germania e nella regione catalana.

La tanto sperata ripresa a V molto probabilmente non si concretizzerà. La sua forma avrà forse più le fattezze di una serie di radici quadrate. Il recupero iniziale ci lascia ancora molto lontani dai livelli di fine 2019. La ripresa avrà probabilmente le fattezze grafiche di una funzione a crescita lenta, in attesa di una vera soluzione alla crisi sanitaria globale.

Di Peter De Coensel, CIO Fixed Income di DPAM

 

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