Schroders. Brexit, un ‘no-deal’ sarebbe come una goccia in un oceano in confronto al Covid19

brexitLa Brexit ha perso molte posizioni nei titoli dei giornali quest’anno, ma la deadline per estendere il periodo di transizione si avvicina. L’impatto della Brexit è ora in un contesto differente a causa dei drastici effetti economici del Covid-19, ma è tornato al centro della scena e dovrebbe rimanervi per i prossimi i mesi. Nonostante la disruption causata dalla pandemia, il Governo britannico si sta rifiutando di chiedere più tempo per completare le negoziazioni commerciali prima che il periodo di transizione giunga al termine. Come previsto dall’Accordo di recesso, entro la fine di giugno 2020 il Regno Unito può richiedere un’estensione di due anni di tale periodo. Tuttavia, con il Governo determinato a chiudere l’intera faccenda, sono in molti a temere che non venga concordato in tempo un accordo commerciale.

A che punto sono i negoziati? Lo scorso 15 giugno il Primo Ministro, Boris Johnson, ha partecipato a un meeting virtuale con il Presidente della Commissione Europea, Ursula van del Leyen, e quello del Consiglio Europeo, Charles Michel. Sebbene nessuna delle due parti fosse disposta a fare passi indietro, hanno concordato di “imprimere un nuovo slancio” ai negoziati commerciali, stabilendo come nuova scadenza la fine di luglio.

Le trattative sono rimaste a un punto di stallo in molte aree per diverse settimane. L’UE sta insistendo per ottenere l’accesso alle zone di pesca britanniche, mentre Londra non vuole accettare, rifiutandosi anche di accettare qualsiasi futuro cambiamento nelle regole e negli standard. Inoltre, l’UE vorrebbe accordarsi con il Regno Unito per mantenere un medesimo ‘campo da gioco’, vale a dire non indebolire la normativa europea sul lavoro, gli standard ambientali e i sussidi alle imprese (o aiuti statali).

Le impressioni positive sul meeting segnalano che entrambe le parti credono nei benefici reciproci di un accordo commerciale e che c’è spazio per un compromesso. L’UE ha fatto sapere che la vera deadline cade il 31 ottobre, in quanto servirà tempo perché tutti gli Stati ratifichino l’accordo. A differenza di quello di ritiro, il deal commerciale necessiterà dell’approvazione unanime, il che aumenta i rischi di opposizioni.

L’accordo commerciale tra UE e Canada (il Ceta Pact) nel 2016 rischiò di collassare quando il Belgio ritardò la ratifica a causa dell’opposizione da parte del Parlamento regionale del Walloon. È necessario che ci sia il tempo sufficiente per superare ostacoli di questo tipo.

Continuiamo ad aspettarci che entro la fine dell’anno venga raggiunto un accordo commerciale parziale, che verrà seguito da altri potenziali accordi aggiuntivi negli anni successivi. Data la mancanza di tempo, l’intesa probabilmente si concentrerà sui settori più prioritari per entrambe le parti. I servizi non verranno inclusi, come già dichiarato in precedenza dal Governo britannico.

E se non si raggiungesse un accordo? Se le parti non dovessero trovare un accordo nemmeno parziale, allora ci aspettiamo che vengano applicati dei dazi al flusso di beni in entrambe le direzioni. Ciò potenzialmente potrebbe far salire i prezzi e minare la domanda. Entrambe le parti ne subirebbero gli effetti, anche se l’impatto sul Regno Unito sarebbe maggiore date le dimensioni relative delle due economie. Detto questo, alla luce del contesto economico attuale, l’impatto negativo dovuto a un mancato accordo su Brexit sarebbe comunque una goccia nell’oceano in confronto all’effetto per il lockdown da Coronavirus. Sarà estremamente difficile distinguere le due cose.

Azad Zangana, Senior European Economist and Stratgist, Schroders

 

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