Amundi. Cresce l’interesse per l’euro, ma è troppo presto per un suo rialzo. Articolo di Monica Defend

Banconote in dollari degli Stati Uniti

Banconote in dollari degli Stati Uniti

Nel primo semestre del 2020 l’indiscusso vincitore sui mercati valutari è stato il dollaro USA. Visto che l’intervento della Fed ha finito col togliere il supporto ciclico al vantaggio di tasso di cui il biglietto verde ha goduto da quando è iniziata la normalizzazione dei tassi, la fuga verso la qualità e il fabbisogno di liquidità in dollari hanno preso il sopravvento e hanno continuato a spingere la valuta americana lontano dal valore equo. Le valutazioni non sempre funzionano, soprattutto quando la crescita mondiale sta crollando e la visibilità rimane molto bassa, ed è in simili circostanze che la natura di porto sicuro del dollaro americano diventa fondamentale; ecco perché il sentiment e i flussi degli investitori sono stati i principali fattori all’origine della performance del biglietto verde. Ci avrebbe sorpreso vederlo scendere considerevolmente quando la preferenza per la duration in USD e per i mercati con un basso beta (ad es. S&P 500) era così accentuata.

Al momento è in corso un allentamento delle misure di lockdown in tutto il mondo e il forte impegno delle banche centrali, insieme con alcune iniziative ambiziose a livello nazionale, hanno già iniziato a spingere al rialzo le attese sulla crescita, fornendo quindi un contesto per la perfomance delle valutazioni e per un passo indietro del dollaro USA. Inoltre, la proposta della Commissione europea riguardo al fondo Next Generation (750 mld di euro finanziati con l’emissione di debito comune e costituiti da un mix di sussidi a fondo perduto e di prestiti) intesa ad assicurare che le prospettive a lungo termine dell’UE rimangano intatte, sta riducendo sostanzialmente il rischio di coda di un dissolvimento della zona Euro. Un tale evento potrebbe rappresentare una svolta a medio termine per l’euro (mentre di fatto svaniscono i problemi di sostenibilità del debito tra gli Stati membri). Tuttavia, a breve termine, rimaniamo scettici riguardo all’ipotesi di trovarci all’inizio di una cavalcata dell’euro soprattutto nei confronti del dollaro. I rischi di downside sono diminuiti e dovrebbero impedire l’ulteriore crollo dell’euro, ma il sentiment è stato finora l’unico elemento che hai trainato il rally EUR/USD all’inizio di giugno.

Pur nell’ipotesi che la proposta della Commissione europea non incontri ostacoli sostanziali nell’iter di approvazione, permangono delle insidie (con la potenziale opposizione dei “quattro Paesi frugali” in cima alla lista e molti particolari sull’allocazione e sull’entità del fondo ancora in attesa di definizione. Questi temi potrebbero causare un’altra rotazione del sentiment per il rischio). La zona Euro è ancora senza supporto ciclico a breve termine (rimane tra le poche regioni che dovrebbe crescere meno degli USA nei prossimi 12 mesi) e il rally da inizio mese a oggi appare concluso visto che i driver a breve termine sono pochi. Le materie prime fisiche e il differenziale nelle attese sugli EPS rispetto agli USA indicano che la situazione dovrà peggiorare prima di migliorare, per cui potremmo assistere a un lieve rialzo a breve nei confronti del biglietto verde.

Secondo noi, il modo migliore per sfruttare questa variazione del sentiment verso la valuta unica sarebbe contro la sterlina britannica. Sembra che il Regno Unito stia affrontando le conseguenze economiche peggiori tra i G10 e il rischio di una Brexit senza accordo è aumentato sensibilmente con la proposta della Commissione europea. La probabilità di un’ulteriore proroga del periodo di transizione appare di gran lunga più bassa se consideriamo l’aumento del contributo al bilancio dell’UE che tutti gli Stati membri (incluso al momento il Regno Unito) dovranno fornire non appena il piano sarà approvato. Prevediamo un movimento rialzista a breve termine dell’EUR/GBP, sia il sentiment positivo nei confronti dell’euro, sia la necessità di coperture in caso di esito senza accordo forniranno un supporto.

Monica Defend, Global Head of Research di Amundi

 

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