Kames Capital. Serve un cambio radicale. Commento di Stephen Jones

ripresaE’ nella nostra natura credere che tempi difficili non durino per sempre e che prima o poi le cose andranno meglio. Questa certamente è la prospettiva adottata da molti nel bel mezzo della Grande Crisi Finanziaria. Tuttavia, bisogna essere consapevoli che un vero ritorno alla normalità non c’è stato nemmeno dall’ultimo Credit Crunch, soprattutto nel mercato obbligazionario. Il rendimento medio del Gilt a 30 anni nel decennio precedente la crisi era del 4,5%, un valore ormai consegnato alla storia se consideriamo che la media post-crisi è stata del 2,6%. 

Dopo ogni choc, gli operatori del mercato si concentrano nel cercare di determinare il profilo economico che li aspetta: se sarà una V, una W, una U, una L o altro. In qualsiasi scenario, la percezione iniziale è che si andrà a delineare una ripresa a V, almeno finché il tempo non dimostra altrimenti. Ciò è particolarmente vero quando i principali indicatori sono basati sul sentiment, ovvero catturano gli estremi emozionali dei partecipanti al sondaggio nel passaggio dall’euforia alla disperazione. Questo è il punto in cui ci troviamo ora: una sorta di ottimismo incoraggiato dal potente e relativamente rapido intervento delle politiche monetarie e fiscali. Se uniamo il fatto che per certi versi c’è scarsità di opportunità di allocazione, possiamo comprendere perché gli investitori stanno spingendo sull’azionario. Ciò funziona, fino a quando non funzionerà più.

Non avendo visibilità sul futuro, è forse meglio pensare a quale potrebbe essere la nostra reazione. Per quanto tempo rimarremo avversi alla folla? Quand’è che i turisti di Londra vorranno tornare a pigiarsi come sardine nella metropolitana? O a godersi una crociera con un gruppo di persone più anziane? E ancora, considerando il tempo mite avuto durante il lockdown, davanti alla prospettiva di fare una coda sotto la pioggia in quanti decideranno di rinunciare a comprare quanto dovevano? Questi dubbi mettono alla prova le speranze per una pronta e sostenuta ripartenza.

Le indagini ufficiali che inevitabilmente ci aspettano concluderanno che, per una lunga lista di priorità nazionali, le complicate catene di approvvigionamento globali dovranno essere rimpiazzate da manifattura domestica. La pressione ad aumentare l’autosufficienza, nel tentativo dei governi di ripristinare il tasso di occupazione, si dimostrerà irresistibile, anche se questo comporterà un aumento dei prezzi; un po’ di inflazione che in molti non pensano farà poi così male. Catene di produzione più corte ben si sposano inoltre con la richiesta di ridurre l’impatto ambientale. Tutti questi elementi, e senza dubbio molti altri, ci proiettano verso un mondo molto diverso rispetto a quello di tre mesi fa. Ci sarà infine bisogno di un profondo cambiamento. Un’analisi di Deutsche Bank delle crisi intercorse negli ultimi 40 anni dimostra che ognuna di esse ha portato a un aumento del debito rispetto all’economia reale e che la successiva ha sempre richiesto misure di salvataggio più onerose rispetto alla precedente. La mole di contante spesa per il contenimento del Covid-19 ha superato i numeri di telefono e ci sono molte previsioni che puntano verso un bilancio della Fed di almeno 15 trilioni di dollari. Ci sarà un’altra crisi in futuro, è inevitabile. Ma contando quanto è stato fatto questa volta, cosa sarà necessario per sedare la prossima?

Stephen Jones, CIO di Kames Capital

 

Questa voce è stata pubblicata in Finanza e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


+ due = nove

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>