Unigestion. Main Street contro Wall Street

foto mercatiLa portata e la dimensione dell’attuale politica monetaria è stata così ampia e vasta che ha rotto il rapporto tra i fondamentali e prezzi di mercato. Di solito, i rendimenti degli asset rischiosi riflettono i risultati economici di un Paese, di un settore o di un’azienda. Ma nonostante l’aumento record dei tassi di disoccupazione in tutto il mondo, la peggiore crescita trimestrale del PIL negli Stati Uniti e in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale e i consumi e la fiducia storicamente bassi, i mercati azionari hanno conseguito uno dei loro migliori rendimenti mensili di sempre. L’MSCI AC World è cresciuto del 10,7% il mese scorso, la seconda migliore performance mensile della storia, dopo l’aprile 2009. Sappiamo già che i numeri del Q2 saranno molto peggiori e che l’incertezza sul ritorno alla normalità rimarrà alta.

La politica monetaria è il game changer (ancora una volta)

Questo scostamento tra l’economia reale e i mercati finanziari deriva principalmente dal nuovo ruolo delle banche centrali, che hanno deciso di acquistare qualsiasi cosa, indipendentemente dal prezzo e dal rischio degli asset a cui puntano, per salvare l’economia globale da grandi sconvolgimenti. Dopo aver salvato il settore finanziario nel 2008 e i Paesi periferici europei nel 2011, le banche centrali stanno ora salvando le grandi imprese dal fallimento e i governi dall’aumento del costo del debito. L’obiettivo è diventato così grande che è stato necessario riadattare gli strumenti. La Fed ha aumentato il suo bilancio di 2.500 miliardi di dollari in sole sei settimane. Questo rappresenta più del 10% del Pil statunitense. La BCE, la BoJ, la RBA, la BoE e la BoC seguono tutte questo trend rivoluzionario. Le proiezioni indicano che, entro la fine dell’anno, le banche centrali del G4 potrebbero detenere l’equivalente del 60% del rispettivo Pil nei loro bilanci.

Nella nuova normalità, le dimensioni contano (e sono diventate enormi), ma la portata conta di più e sta diventando più grande di quanto qualsiasi sostenitore del’helicopter money possa immaginare. Grazie all’effetto “portfolio channel”, le banche centrali non hanno bisogno di acquistare direttamente azioni o obbligazioni ad alto rendimento per sostenere gli azionisti o i detentori di obbligazioni. È sufficiente iniettare denaro in altri mercati, come quelli dei titoli di credito investment grade (IG) o dei titoli garantiti da ipoteca, perché questo abbassa il premio per il rischio associato, aumentando così l’attrattività di altri asset rischiosi. Inoltre, ampliando l’universo di investimento ammissibile per i loro programmi di acquisto di asset, le banche centrali hanno aperto la porta a un nuovo periodo di espansione che potrebbe includere azioni o obbligazioni societarie declassate, nel caso in cui la situazione non si stabilizzasse. Ciò rafforza la compressione dei premi per il rischio incorporati in qualsiasi asset rischioso, grazie all’effetto guidance channel. Nella storia moderna, caratterizzata da rischi d’inflazione contenuta, abbiamo assistito all’era Greenspan e alla Fed put che hanno utilizzato l’interest rate channel per attenuare l’impatto negativo delle recessioni economiche, creando una correlazione negativa tra i titoli sovrani e gli asset rischiosi. Abbiamo vissuto il periodo Bernanke e Draghi con il concetto di Quantitative easing, attuato per contrastare i limiti inferiori dei tassi di interesse, e che ha generato il famoso bad news is good news. Ora siamo in un nuovo territorio dove l’All-in Easing o il Quantitative easing infinito hanno creato una domanda illimitata di asset finanziari, ponendo la domanda sul significato del “valore” quando si ha un acquirente di ultima istanza per un così ampio range di asset. Crediamo che questa situazione sia destinata a continuare e diventerà strutturale, perché le dimensioni e gli impatti sono entrambi troppo grandi per essere rimossi a medio termine. Di conseguenza, la nuova normalità è diventata la regola e la temporaneità permanente. Concentrandoci sul deterioramento macro e sulla propagazione del virus Covid-19, abbiamo forse sottovalutato l’impatto positivo di questo fenomeno sul sentiment e sulla valutazione del mercato, che hanno entrambi alimentato il rally di aprile.

“Don’t fight the Fed”

La prima conseguenza di questa “svolta” è quella di validare la Teoria Quantitativa della Moneta ma in modo diverso da quella sviluppata da Milton Friedman, secondo cui la quantità di denaro guida i prezzi dei beni. Alla fine, la quantità di denaro iniettata dalle banche centrali da quando è iniziato il Quantitative easing, sembra aver determinato il prezzo degli asset, ma non di quelli consumati dalle famiglie e dai produttori. Quindi il prezzo riflette solo l’equilibrio tra domanda e offerta. Se l’offerta rimane invariata (o addirittura diminuisce a causa del delisting o del buyback), e la domanda esplode grazie alla spinta derivante dall’espansione di migliaia di miliardi di dollari dei bilanci delle Banche centrali, il prezzo delle azioni e degli asset rischiosi potrebbe aumentare indipendentemente dai loro fondamentali, grazie a questo sostegno strutturale.

Perciò siamo selettivi nella nostra esposizione orientata alla crescita, preferendo gli asset con una maggiore sensibilità all’azione delle banche centrali rispetto a quelli con un beta più elevato alla crescita. Di conseguenza, abbiamo aumentato la nostra allocation rispetto alle obbligazioni IG nel nostro portafoglio, nonostante il deterioramento del contesto macroeconomico. Riteniamo che questo eccezionale sostegno da parte delle banche centrali abbia modificato il rischio/rendimento di questa asset class riducendo il rischio di liquidità e migliorandone la valutazione. Le azioni della Fed hanno inoltre allentato la pressione sui finanziamenti in dollari statunitensi e migliorato la visibilità degli asset emergenti. Considerati gli strumenti disponibili in Cina per un’ulteriore azione di sostegno e la relativa attrattività degli asset emergenti rispetto a quelli sviluppati, la nostra allocation tattica ha attualmente un’inclinazione positiva anche verso l’azionario emergente.

Il rischio di coda è stato rimosso dai prezzi, ma non nelle nostre prospettive

In superficie, se guardiamo all’andamento di aprile o all’andamento annuale per gli asset più rischiosi, la crisi sembra 1) alle nostre spalle, 2) non così drammatica e 3) più simile a un grande episodio di stress di mercato che non a uno guidato da uno dei più grandi macro shock osservati dalla Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, come spesso accade, sotto la superficie, il quadro e la narrazione raccontata dai prezzi di mercato appare chiaramente diverso. Per diversi motivi, solo pochi segmenti di mercato si sono ripresi nel mese di aprile. Ciò significa che l’entità del rimbalzo è stata debole sia in termini di asset orientati alla crescita che di settori. Le commodities cicliche, l’EM FX, i settori azionari ciclici e il segmento del credito più basso sono tutti più vicini ai loro minimi che ai loro massimi. Questa concentrazione accentua due rischi:

  1. L’attuale discriminazione tra vincitori e vinti basata sul concetto di “distruzione creativa” di Schumpeter potrebbe essere messa in discussione, qualora l’economia richiedesse più tempo del previsto per normalizzarsi. Il nostro China GDP Nowcaster dimostra che, sebbene la ripresa in diversi settori sia in corso, i livelli attuali per diversi segmenti sono ancora nettamente inferiori a quelli osservati prima della crisi. Abbiamo un quadro simile in Corea del Sud. Una recessione più ampia e più lunga limiterà i benefici della discriminazione e colpirà gli attuali vincitori, poiché i loro guadagni saranno adeguati al ribasso.
  2. Maggiore è la concentrazione, maggiore è la fragilità dei settori finanziari a causa del posizionamento affollato. Un nuovo shock legato ad una sorpresa negativa sul COVID-19 potrebbe innescare un nuovo loop di feedback negativi guidati da una corsa alla liquidità.

 

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