Amiral. Il peggio non è ancora alle spalle: l’importanza di una gestione contrarian e opportunistica. Commento di Jacques Sudre, Raphaël Moreau e Louis D’arvieu

Economia_Globale_Inv_FLa scorsa settimana è stata segnata da importanti annunci di misure di sostegno da parte sia degli Stati Uniti che dell’Europa. Il Governo statunitense ha sviluppato un pacchetto da 2.000 miliardi di dollari che comprende 500 miliardi di dollari di stimoli per le grandi società, gli Stati federati e le municipalità. I privati ricevono un sostegno diretto attraverso il versamento di 1.200 dollari per ogni adulto e 500 dollari per ogni minore con reddito pro capite inferiore a 75.000 dollari (o a 150.000 dollari per nucleo familiare). In Europa si è scelta una politica di bilancio proattiva, ma frammentaria. Sono stati approvati un piano da 25 miliardi di euro in Italia, un piano da 45 miliardi di euro in Francia e, soprattutto, un piano da 550 miliardi in Germania che rappresenta un sostegno massiccio per le imprese e i lavoratori. La BCE ha fornito i dettagli del piano straordinario da 750 miliardi di euro (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP). Gli acquisti settimanali di obbligazioni della banca centrale ammontano ora a 26 miliardi di euro contro i 5 miliardi settimanali ante-crisi. Gli acquisti per emittente e per titolo sono saliti in misura non inferiore al 66%, e in pari misura è quindi cresciuta l’importanza di questo programma sul mercato.

Si tratta di una vera e propria transizione da una politica economica basata su moneta e tassi a una politica di stimoli fiscali, che segnano senza dubbio uno sviluppo importante. Christine Lagarde lo aveva chiesto quando ha assunto la guida della BCE e ora la Germania abbandona il suo inviolabile obiettivo del pareggio di bilancio. D’altro canto è lecito interrogarsi sugli equilibri a lungo termine dei disavanzi pubblici e dei bilanci delle banche centrali e, in definitiva, sul ritorno dell’inflazione.

Gestione obbligazionaria

La scorsa settimana, i tassi privi di rischio hanno registrato una volatilità ridotta, con un guadagno dello 0,2% circa per l’Euro Aggregate e dell’1% circa per il decennale tedesco. Si tratta dell’effetto del minor numero di venditori che hanno dovuto reperire liquidità sugli attivi meno rischiosi.

Le obbligazioni hanno registrato un rally settimanale molto più modesto rispetto alle azioni: il segmento high yield europeo si è apprezzato intorno al 3%. Non abbiamo rilevato deflussi massicci dai fondi obbligazionari, a differenza che dagli ETF, ma il mercato teme un drastico aumento delle insolvenze nonostante gli aiuti annunciati. La prospettiva di una recessione, di una flessione dei volumi d’affari e dei margini, unita ai maggiori costi di finanziamento, pone infatti le aziende più indebitate in una situazione di precarietà.

La selettività è quindi fondamentale in questa congiuntura. Ci stiamo concentrando sugli emittenti che risentono direttamente della situazione, ma che possiedono le qualità, soprattutto in termini di bilancio, per uscire da questa crisi rispettando i loro obblighi finanziari. Stiamo cercando di acquistare nomi importanti come Fnac, Elis o Lagardère (caratterizzati da bilanci solidi, forti flussi di cassa, margini elevati).

Per quanto riguarda la nostra allocazione nel credito, manteniamo un approccio prudente.

Strategia di allocazione e gestione azionaria

La settimana scorsa l’azionario ha messo a segno un rialzo importante, legato soprattutto agli annunci delle istituzioni finanziarie. Abbiamo registrato aumenti dal 15 al 20% sui vari indici globali che hanno consentito a diversi titoli in portafoglio di segnare incrementi significativi rispetto ai minimi dell’ultima settimana: l’entità dello stimolo fiscale e monetario ha rassicurato i mercati.

Anche escludendo l’ambito sanitario non mancano però motivi di preoccupazione che, per forza di cose, alimenteranno una significativa volatilità nei prossimi mesi e anni. Inoltre, anche se il panico borsistico sembra essersi attenuato, il VIX segna ancora un livello eccessivo del 67% contro l’82% della scorsa settimana, quando solo poche settimane fa si attestava al 15%.

Di fatto, quale sarà il vero impatto a lungo termine di questa montagna di denaro immessa nel sistema economico? Il rischio è soprattutto di mettere in discussione fattori importanti che avevano contribuito a generare gli ultimi record di borsa. Ad esempio, mettere in discussione i riacquisti di azioni proprie che negli ultimi anni hanno generosamente contribuito al vigore degli indici (specialmente di quelli statunitensi) significa automaticamente penalizzare gli utili per azione (EPS). Gli Stati Uniti hanno avvertito che impediranno il ricorso a tale strumento alle società beneficiarie di fondi pubblici. Altri emittenti fortemente indebitati non potranno comunque attingervi ancora per un certo periodo di tempo.

Non c’è il rischio che il sostegno di breve periodo alle imprese, che sta aggravando i disavanzi pubblici, si traduca in un aumento delle aliquote fiscali applicate alle società con la fine della crisi, soprattutto nei paesi che le avevano ridotte maggiormente, con un nuovo impatto sull’EPS? Infine, il rischio di un aumento dei tassi a lungo termine causato da questi disavanzi record può erodere i multipli, in particolare dei titoli più costosi. Al contrario, la rinnovata enfasi sulla politica fiscale saprà forse stimolare l’attività più efficacemente di quanto non abbia saputo fare la politica monetaria.

Sul tema, al momento le imprese sono più o meno a un punto morto. Si tratta di determinare il rischio di bruciare liquidità, sotto forma sia di perdite operative che di fabbisogno di capitale circolante, con potenziali danni ad alcuni settori in stallo come per esempio la distribuzione non alimentare.

In ogni caso, il nostro portafoglio è composto da aziende sane con una situazione patrimoniale che non preoccupa eccessivamente. All’inizio di marzo abbiamo venduto la nostra partecipazione azionaria in una società austriaca di catering per compagnie aeree.

Dato il rimbalzo delle azioni, la nostra allocazione netta in questa classe di attivi è automaticamente scesa. La componente aurifera è salita al suo livello massimo, grazie a elementi strutturali favorevoli (i tassi effettivi sono significativamente negativi) e ad interessanti elementi tattici (sconto storico dei gruppi minerari rispetto a un prezzo dell’oro a sua volta indebolito dalle vendite forzate).

In conclusione, la crisi non è ancora superata e i profondi cambiamenti delle politiche economiche attualmente in corso avranno ripercussioni durature sulle attività finanziarie. In questo scenario, un ruolo molto rilevante sarà dato da una gestione contrarian e opportunistica delle posizioni azionarie e obbligazionarie e dalla capacità di scegliere con attenzione i segmenti d’investimento.

Jacques Sudre, Raphaël Moreau e Louis D’arvieu, gestori di Amiral Gestion

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