East Capital. Russia ed Europa orientale tra coronavirus e guerra dei prezzi del petrolio. Analisi di Jacob Grapengiesser

Vladimir Putin

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La Russia ha chiuso i confini con la Cina a fine gennaio e ha imposto la quarantena alle persone che arrivano da alcuni Paesi europei. Non è chiaro quanti casi ci siano nel Paese dato che non vengono effettuati abbastanza test e molti casi potrebbero rimanere ignoti; tuttavia, rispetto agli altri Paesi europei, la Russia sembra essere indietro di un paio di settimane sui numeri dei contagiati, e ciò consente un’adeguata preparazione prima che il virus colpisca il Paese. Abbiamo assistito alla più brusca correzione dei mercati finanziari nel minor tempo, accompagnata da una quantità di stimoli senza precedenti a livello globale. La politica e il mondo corporate dovrebbero fare fronte comune ai fini dell’indebolimento del virus e la diminuzione del tasso di mortalità così da creare un effetto positivo di stabilizzazione del mercato. I grandi movimenti verso l’alto e verso il basso non sono sani per il mercato. Alcune imprese subiranno forti contraccolpi, ma è importante guardare al valore di lungo termine di un business. Infatti, un anno sfavorevole non comporta il crollo di una moltitudine di titoli anche del 50-60%. Stiamo osservando una netta diminuzione di tutte le quotazioni. Ad oggi, il mercato russo è in calo del 37% sull’anno ed è leggermente inferiore all’indice europeo (Eurostoxx – 28%) e statunitense (S&P -24%). Inoltre, la situazione dei prezzi del petrolio è davvero senza precedenti.

Storicamente la Russia teme l’aumento della produzione di scisto negli Stati Uniti e, non facendo parte dell’Opec, ha deciso di incrementare la produzione di petrolio portando così al crollo dei prezzi. Infatti, ad oggi il 40% della produzione globale si trova in territorio negativo in termini di redditività. L’attuale livello dei prezzi del petrolio implica che le società dello shale USA stanno progressivamente rischiando il fallimento. Ci vorranno altri sei-dodici mesi prima che si verifichi un calo totale della produzione. Successivamente vedremo una ripresa del prezzo del petrolio, ma sicuramente non nel breve periodo in quanto i vari “lockdown” e i successivi divieti imposti su viaggi e trasporti hanno inciso sulla domanda. Ci aspettiamo un recupero del prezzo del petrolio a 50 dollari al barile nel 2021 e forse a un livello superiore rispetto alle quotazioni pre-crisi.

L’attuale guerra dei prezzi del petrolio potrebbe cambiare radicalmente il mercato del petrolio per il futuro. Per due principali motivi:

1. La rottura dell’Opec, e di conseguenza dell’Opec+. Forse all’attuale prezzo del petrolio, la Russia e l’Arabia Saudita torneranno a negoziare.

2. Prima del crollo del prezzo del petrolio, lo shale USA era in grave difficoltà finanziaria anche con un prezzo di 45-50 dollari al barile. Si potrà assistere ad un fallimento del settore con gravi danni nel lungo termine data la scarsa liquidità per finanziare la produzione.

Nel breve periodo, vedremo molta volatilità nei prezzi spot in quanto l’Arabia Saudita pomperà più petrolio e, come anticipato, la domanda sarà più debole. La Russia, forte della propria stabilità economica, ha deciso di fare il proprio ingresso nella guerra dei prezzi del petrolio. Infatti, può contare su un modello fiscale resiliente con un saldo di bilancio e con riserve valutarie abbastanza soddisfacenti da coprire il deficit di bilancio delle entrate del petrolio e del gas per 6-10 anni al prezzo del petrolio di 25-30 dollari al barile. La Russia ha una riserva liquida del 9% del PIL. È inoltre forte in termini di macro-fondamentali.

Le compagnie petrolifere e del gas dovranno fare fronte a una riduzione degli utili del 40-60%. I flussi di cassa sono ancora positivi e le società del petrolio presentano livelli di indebitamento modesti; peraltro saranno ancora in grado di pagare dividendi interessanti. I settori che traggono maggior beneficio in questo periodo di crisi sanitaria sono quelli che offrono servizi online. Ad esempio, Yandex, il Google della Russia, il più grande motore di ricerca del Paese, che offre anche servizi di consegna di alimentari oltre a servizi di intrattenimento (al pari di Netflix), è in forte crescita. Nel lungo termine, la società amplierà la sua quota di mercato in quanto ’attuale dipendenza dai servizi online porterà a far crescere e a far prosperare il business anche dopo il contesto di crisi. I settori che subiscono gli effetti negativi di questo scenario sono la vendita al dettaglio di abbigliamento e dei giochi per bambini.

Nell’Europa Centrorientale le frontiere sono chiuse. È stato adottato un approccio molto attento alla diffusione del virus. Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria hanno avviato una serie di pacchetti di stimolo fiscale tra i più consistenti in Europa, grazie alla solida situazione delle finanze pubbliche. Per esempio, la Repubblica Ceca ha annunciato un pacchetto fiscale pari al 18% del PIL, di cui l’1,8% è costituito dall’erogazione diretta di denaro contante. Questi Paesi hanno una situazione economica pronta per fronteggiare questo periodo ed evitare una recessione. Inoltre, il sistema bancario locale è più resiliente che mai, e ha una buona capitalizzazione. Gli istituti bancari possono assorbire il 7% di NPL aggiuntivi e rimanere redditizi oltre ad assorbire il 15% prima di raggiungere i limiti di capitale.

Si parla molto dell’importanza degli impatti degli stimoli di politica monetaria e fiscale, ma possiamo anche analizzare i possibili risvolti positivi dell’attuale riduzione del prezzo del petrolio. La Turchia, ne è un esempio. Il Paese presenta un forte deficit delle partite correnti, ma l’attuale livello del petrolio può portare a una sua riduzione. Un decremento di 5 dollari nel prezzo del petrolio al barile implicherebbe un impatto positivo sul bilancio pari a 3 miliardi di dollari. Sul fronte dell’epidemia, il conseguente calo dell’economia sarà di minor entità rispetto ad altri stati. Infatti, il turismo, uno dei principali settori colpiti a livello globale dall’attuale crisi, riguarda solo il 3,7% del PIL. Inoltre, dato che il virus sembra colpire principalmente la fascia più anziana della popolazione e che la Turchia presenta una popolazione molto giovane – solo il 9% ha più di 65 anni – e un buon sistema sanitario potrebbe subire un impatto ridotto. Dunque il mercato turco appare piuttosto interessante, anche se i tassi di interesse sono elevati. Come di consueto, è importante adottare un approccio prudente ma, guardando alle aziende con un basso livello di indebitamento e adottando un profilo di lungo termine, le opportunità sono molteplici

Jacob Grapengiesser, Partner, Head of Eastern Europe di East Capital

 

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