Comgest. Gli emergenti sono a un minimo storico. Articolo di Emil Wolter

foto mercatiL’ultimo periodo è stato caratterizzato da livelli eccezionali di volatilità. L’ampiezza dei movimenti che stanno interessando i mercati ha due implicazioni: che la leva finanziaria è elevata e che la liquidità è scarsa. Queste sono le conseguenze naturali delle politiche dell’ultimo decennio e suggeriscono che i rischi di potenziali sviluppi negativi sono piuttosto elevati. Le oscillazioni dei prezzi ci hanno invece stupito. Per quanto riguarda le valute più liquide, i marcati movimenti dei tassi di cambio incrociati di alcuni mercati emergenti sono stati inusuali. La maggior parte dei cross rate degli emergenti rispetto al dollaro avevano già registrato una certa debolezza negli ultimi anni. Ulteriori cali del real brasiliano, del peso messicano e del rand sudafricano sembrano piuttosto estremi. Tra le realtà che stano soffrendo maggiormente troviamo i ciclici come il petrolio, le materie prime e alcuni titoli del settore dei finanziari. L’attuale selloff si presenta come indiscriminato, come spesso accade nelle prime fasi di una flessione di questa portata. Ci aspettiamo che i fondamentali tornino a giocare un ruolo decisivo nella prossima fase.

Una recessione appare sempre più probabile e la solvibilità delle società inizia a preoccupare gli investitori. In questa fase diventa ancora più importante individuare società con bilanci solidi e flussi di cassa stabili, che siano in grado di evitare il rischio di una possibile bancarotta.

Non sappiamo per quanto tempo durerà la recessione e non conosciamo l’impatto che potrà avere sugli utili aziendali. Quello che invece sappiamo è che l’Asia settentrionale, la Cina e la Corea stanno già uscendo dalla fase più critica di questa epidemia, e che in ogni caso non si tratterà di una crisi permanente, come ci insegnano le pandemie che l’hanno preceduta.

L’impatto sugli utili potrebbe durare più a lungo, estendendosi per sei, dodici o anche ventiquattro mesi. Nel nostro caso specifico adottiamo un orizzonte temporale di sei mesi, consapevoli che quanto può accadere in questo lasso di tempo è comunque gestibile. Di contro, il mercato è per sua natura concentrato molto più sul breve termine e reagisce in maniera più marcata, offrendo delle interessanti opportunità. Se guardiamo agli ultimi vent’anni, l’azionario emergente ha mantenuto un livello di valutazioni paragonabile a quello attuale, in termini di rapporto tra prezzo e valore di libro, solo per il 4% del tempo. In questo senso ci troviamo in una situazione estrema. In questa fase di volatilità individuiamo alcune opportunità in Corea, Cina e India, dove i punti di ingresso si sono fatti più interessanti, e guardiamo con attenzione a specifiche realtà di Brasile e Sudafrica.

Emil Wolter, Gestore del fondo Comgest Growth Emerging Markets di Comgest

 

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