Amundi. Il coronavirus e i mercati. Articolo di Matteo Germano

La Borsa di Wall Street a New York

La Borsa di Wall Street a New York

L’improvvisa esplosione del contagio da coronavirus in Italia ha avuto ripercussioni importanti sui mercati finanziari alla riapertura settimanale, con le borse europee in perdita, dopo la debole chiusura degli indici asiatici, e la corsa degli investitori verso i beni rifugio (Treasury e Bund, oro). Un movimento correttivo dei mercati azionari che riflette i timori di un forte impatto negativo del virus sull’economia globale ma che, è bene ricordare, giunge dopo che gli indici Usa, ma anche quelli europei (indice Eurostoxx 600), avevano recentemente ritoccato nuovi massimi storici, ignorando, dopo qualche breve fase di volatilità, prima le tensioni tra Usa e Iran, poi l’irruzione del coronavirus sullo scenario globale. Le borse avevano oramai prezzato tutte le notizie positive e per questa ragione, pur non essendo le valutazioni su livelli da bolla, una correzione era in qualche modo nelle carte.

Dal punto di vista dell’asset allocation, nelle nostre soluzioni di investimento multi-asset, nella giornata odierna (lunedì 24 febbraio) si è deciso di operare una riduzione tattica dei rischi prendendo parziale profitto sull’azionario europeo e Usa. Tale operazione si configura come un intervento di breve termine per una più efficace gestione dei rischi (limitare l’impatto della volatilità di breve termine sui portafogli) in attesa di comprendere l’effetto delle azioni delle diverse autorità sul contenimento del virus, prima, e le conseguenze dell’epidemia sull’economia globale, poi.

Lo scenario base rimane, a nostro avviso, moderatamente favorevole agli asset rischiosi sebbene riteniamo opportune, in questa fase, riduzioni tattiche dei rischi e strutture di protezione.

L’irruzione del coronavirus in Italia, terza economia europea e ottava mondiale, conferma la dimensione globale del fenomeno. L’azione di contenimento e contrasto messa in atto nel nostro Paese testimonia, però, come la lotta al virus sia al primo posto delle agende di tutti i governi. Il costo di tali decisioni sarà inevitabilmente una contrazione dell’attività economica del Paese (le regioni interessate hanno un ruolo centrale nell’economia domestica), già attesa su livelli modesti per il 2020. Per fronteggiare l’inevitabile rallentamento serviranno politiche fiscali espansive (aiuterà, in questo, l’atteggiamento della nuova Commissione Europea, favorevole ad un ruolo più attivo dei bilanci pubblici) in affiancamento alla già espansiva azione della Banca Centrale Europea.

Il calo degli asset italiani si inquadra nelle preoccupazioni degli investitori sulle ripercussioni che subirà l’economia del paese, essendo stato colpito il suo cuore produttivo. La Borsa italiana risentirà nel breve dell’incertezza sulle prospettive economiche in misura non del tutto dissimile dalle altre borse europee (come testimoniato dal movimento quasi sincronizzato nella giornata odierna); i BTP potrebbero subire qualche pressione di vendita, poiché i mercati inizieranno a scontare l’arrivo della recessione economica e vorranno prendere profitto dato il forte apprezzamento dei titoli di Stato italiani nel corso degli ultimi mesi; questa potenziale spinta negativa potrebbe però, dall’altro lato, essere compensata dall’influsso positivo di diversi fattori: il piano di acquisti della BCE (QE2), considerazioni di valore relativo (l’Italia è uno dei pochi paesi sviluppati che offre ancora rendimenti positivi), rischi politici minori.

Il nostro scenario base ipotizza una stabilizzazione della crescita economica globale vicino al potenziale con un andamento che sarà però condizionato dall’impatto del coronavirus. Prevediamo, infatti, che la crescita globale subirà un rallentamento nella prima parte dell’anno per poi rimbalzare nella seconda parte del 2020 grazie all’azione di stimolo delle autorità politiche e monetarie: il risultato finale dovrebbe essere una crescita mondiale nel 2020 relativamente più bassa delle attese, 3% rispetto al 3,2% precedentemente stimato.

La Cina, epicentro del virus, subirà il maggior impatto negativo nel primo trimestre, con la crescita del Più che dovrebbe attestarsi intorno al 4,5% rispetto al 5,8% iniziale, mentre l’espansione per l’intero anno dovrebbe calare al 5,6% (dal 5,8% atteso).

Le ragioni per cui non riteniamo che la Cina collasserà sotto i colpi del coronavirus risiedono nell’azione energica esercitata dalle autorità cinesi che, dopo l’esitazione iniziale, hanno poi implementato misure drastiche per abbattere la diffusione del virus. Gli interventi, culminati nell’isolamento della provincia Hubei (il cui capoluogo è la città di Wuhan), hanno avuto e stanno avendo inevitabilmente un contraccolpo sull’economia domestica, fronteggiato però con poderose azioni di stimolo fiscale e monetario che dovrebbero consentire all’economia un rimbalzo, probabilmente già nel secondo trimestre. La stabilizzazione dell’economia cinese è fondamentale per il commercio globale, dato il suo ruolo centrale sulla produzione industriale, in generale, e sul settore manifatturiero, in particolare. Le aree più vulnerabili ad inciampi dell’economia cinese sono l’Europa e l’Asia, stante la maggiore importanza che la domanda esterna ha per le rispettive economie. Un sostegno determinante sarà però fornito, come sempre, dalle banche centrali, in modalità espansiva. Più resiliente dovrebbe essere il Più degli Usa la cui economia è meno aperta verso l’esterno e gode del sostegno della solida domanda interna, alimentata dalla robustezza del mercato del lavoro.

Ci attendiamo un rallentamento americano, ma non particolarmente pronunciato, in un contesto di politica accomandante da parte della Federal Reserve. Lo scenario macro richiederà inevitabilmente un monitoraggio attento per comprendere quanto efficace sia l’azione di contenimento delle autorità nei diversi paesi.

I primi dati che mostreranno il reale impatto del virus sull’economia cinese saranno disponibili tra qualche settimana, nel frattempo gli indicatori anticipatori sulla fiducia delle imprese saranno il termometro dello stato di salute dell’economia. Ancora una volta, le politiche accomodanti delle principali banche centrali mondiali forniranno la necessaria rete di protezione per l’economia globale. Pur essendo oramai giunte ad un punto in cui l’effetto marginale di nuove azioni espansive è via via decrescente, le autorità monetarie mantengono nel proprio arsenale ancora spazi di manovra per essere incisive. A ciò si aggiunga il clima relativamente più benigno sulle politiche fiscali, di cui si è già vista traccia in Giappone, che potrebbero finalmente affiancarsi agli interventi monetari per fornire supporto all’economia globale.

Nel corso degli ultimi mesi, l’allocazione dei nostri portafogli multi-asset è stata progressivamente esposta ai mercati azionari, in particolare quelli più ciclici, ritenendo oramai prossimo il punto di minimo del ciclo globale. Questa scelta ha consentito di beneficiare del rally di fine anno e dell’andamento positivo di inizio 2020. Per questa ragione, e per le incertezze che promana il coronavirus sull’economia globale, si è deciso operativamente di tagliare l’esposizione azionaria prendendo parziale profitto. Come ulteriore forma di protezione dai rischi di scenario, nei portafogli sono presenti posizioni lunghe sui tassi Usa, sull’oro e sullo yen, asset che fungono da bene rifugio nelle fasi di tensione nonché protezioni su azioni e credito.

Si mantiene la preferenza per il debito societario europeo investment grade, sostenuto da fattori tecnici (QE della BCE, domanda degli investitori), così come per il segmento high yield (ove si preferisce l’Europa agli Usa, mercato quest’ultimo caratterizzato da maggiore leva finanziaria).

View positiva anche sul debito sovrano dei paesi Emergenti in valuta forte, sostenuto dal favorevole mix di carry attraente, inflazione sotto controllo, tassi Usa bassi, banche centrali locali accomodanti, flussi di investimento persistenti.

Matteo Germano (Head of Multi-Asset, CIO Italy )

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