Unigestion. Non sfidate le Banche centrali. Analisi di Guilhem Savry

La Federal Reserve

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Dopo un rally durato quattro mesi, a gennaio l’azionario globale si è fermato. Storicamente questo non è motivo d’allarme: dal 1997 i rendimenti del mese sull’indice MSCI World sono stati, in media, del -0,3%. Inoltre, le valutazioni degli asset rischiosi sono elevate, dopo i forti rendimenti conseguiti nel 2019. Tuttavia, la canzone di questa settimana potrebbe essere “Don’t Look Down”. La dispersione tra asset, paesi e settori osservata nel corso del mese è stata insolitamente ampia ed è un primo segnale d’attenzione rispetto alla nostra view positiva sugli asset orientati alla crescita. Questa situazione è tipicamente fonte di crescente volatilità sui mercati. Segnali contraddittori portano generalmente a una minore conviction, che motiva una maggiore cautela nel nostro posizionamento.

In apparenza, all’inizio di gennaio tutto sembrava tranquillo: veniva firmata la Fase uno dell’accordo commerciale, votata una soft Brexit e le tensioni in Medio Oriente non aumentavano. Anche il Coronavirus sembrava gestibile e difficilmente avrebbe pesato troppo sull’economia globale nel medio termine. I principali rischi di coda dell’anno scorso erano venuti meno e ci si poteva ragionevolmente aspettare una performance positiva su tutti i fronti per gli asset rischiosi. Tuttavia, sotto l’apparenza, le cose erano più complesse e divergenti.

In primo luogo, i rendimenti positivi sono stati l’eccezione, non la norma. A titolo di esempio, gli indici MSCI USA e Svizzera sono leggermente cresciuti, mentre l’MSCI Europa e Giappone sono scesi di oltre l’1%. L’indice MSCI Emerging Markets è crollato del 4,7% a seguito del Coronavirus. La disparità di performance è stata maggiore tra i vari settori. Utilities e Tecnologia hanno sovraperformato molto, mentre energetici e automotive hanno sottoperformato nettamente. Nel corso del mese questo ha portato ad una forte performance degli stili Quality, Low Volatility e Momentum, oltre ad un nuovo calo del fattore Value. In secondo luogo, abbiamo visto messaggi contraddittori tra gli asset orientati alla crescita che di solito si comportano allo stesso modo. A differenza dell’azionario USA che ha registrato un rendimento leggermente positivo, gli spread high yield americani si sono ampliati notevolmente, offrendo rendimenti negativi. Abbiamo anche visto un netto calo delle materie prime cicliche come petrolio (-15%) e rame (-10%).

In terzo luogo, nonostante il miglioramento del macro momentum e il sostegno delle principali banche centrali che si sono riunite a gennaio, veicolando messaggi accomodanti, gli asset rischiosi non sono riusciti a prezzare la narrazione macro positiva. In quarto luogo (e ancor più importante) i safe asset hanno prodotto rendimenti “da recessione”, sovraperformando gli asset orientati alla crescita. A titolo di esempio, i rendimenti obbligazionari statunitensi sono scesi di 40pb, tornando ai livelli dell’agosto 2019 (1,51%), guidati dal calo dei principali premi per il rischio: crescita e inflazione. Abbiamo visto un andamento simile per le curve tedesche, australiane, canadesi e britanniche, ma in misura minore rispetto a quella statunitense. Anche l’oro è salito del 4% a gennaio, mentre l’indice VIX è salito del 30%, tornando a 18. Infine, il dollaro USA si è rafforzato su tutti i fronti, guadagnando più del 4% rispetto alle valute dei mercati sviluppati ciclici – AUD, CAD, NZD o NOK – e alle valute emergenti – BRL, ZAR e CLP. Ma anche rispetto a valute sicure, come JPY o CHF.

Per riassumere l’inizio dell’anno, nonostante le speranze di una rotazione globale tra e all’interno degli asset, il “momentum of momentum” è continuato senza sosta: attivi costosi, di qualità e grandi nomi hanno vinto, mentre quelli economici, emergenti e piccoli sono rimasti indietro. La diversificazione è stata costosa, mentre la concentrazione è stata premiata. Ad esempio, a gennaio, i cinque migliori performer dell’indice S&P 500 sono stati Google, Apple, Amazon, Visa e Salesforce.com. In modo simile, il MSCI World è tornato a -0,6% contro il -2% del MSCI World, a parità di ponderazione. Qualcuno ha detto “posizionamento affollato”?

Questa tendenza deriva da due fattori principali: 1) il peso crescente degli investimenti passivi che tende ad aumentare l’effetto momentum, la concentrazione dei titoli ed il costo degli investimenti contrarian; 2) il peso crescente dei servizi nell’economia globale. Le imprese multinazionali sono molto più attrezzate di quelle piccole per sfruttare un ambiente a basso rendimento (ingegneria finanziaria per i riacquisti) e la digitalizzazione globale. Riteniamo che le due tendenze siano strutturali e dovrebbero continuare a pesare sulle decisioni di asset allocation.

Per seguire la canzone cantata dagli investitori, abbiamo costruito quattro semplici panieri macro di attività: 1) un paniere growth composto da azionario globale e spread di credito ad alto rendimento, 2) un paniere “recessivo” guidato dai titoli sovrani globali, 3) un paniere legato all’inflazione che mette assieme inflazione a break-even e materie prime, e infine 4) il paniere “stress di mercato” che combina futures VIX, Ted spread e AUD/JPY. Non sorprende che i migliori risultati di gennaio siano arrivati dai panieri legati a recessione e stress di mercato, i quali hanno fornito rendimenti positivi, mentre quelli legati ad inflazione e crescita hanno dato rendimenti molto negativi. Questi risultati confermano che la tendenza a gennaio è cambiata, rispetto all’ultimo trimestre. Dopo l’euforia, il sentiment del mercato sta diventando più prudente. Questo spostamento è confermato dalla nostra analisi PCA applicata agli asset chiave che mostra un netto calo del premio di crescita a gennaio.

Poiché le valutazioni tendono ad essere costose per la maggior parte degli asset, un giudizio sommario potrebbe portarci a rivedere al ribasso i rendimenti attesi per l’azionario globale e a ridurre il rischio dei nostri portafogli multi asset. Tuttavia, così facendo, si trascurerebbe un elemento chiave dei rendimenti a lungo termine degli asset: il policy mix globale e, più specificamente, l’orientamento prevalente della politica monetaria. Quando questa è accomodante ha due principali impatti positivi sugli asset rischiosi. Il primo è immediato: sostiene i consumi e gli investimenti, allentando le condizioni finanziarie. Il secondo è meno evidente ed è stato amplificato dalla politica monetaria non convenzionale e dai rendimenti obbligazionari negativi: una significativa riduzione dell’impatto negativo e della durata dei rischi di coda macroeconomici. Ciò non significa che la frequenza di questi eventi sia diminuita o che diminuirà, ma implica che il premio per il rischio associato a qualsiasi attività sarà probabilmente inferiore quando il QE è globale e sostenuto. In un certo senso, potremmo dire che la “ricerca di rendimento” che ha guidato l’asset allocation e ha portato a rendimenti sorprendenti per gli asset più rischiosi e ad incredibili rapporti Sharpe e Calmar nell’ultimo decennio, è stata guidata da TINA (There Is No Alternative) tanto quanto da DIRP (Decline In Risk Premium). Mentre TINA potrebbe essere messa in discussione da valutazioni più elevate, DIRP rimarrà fino a quando la politica monetaria sarà accomodante – e questa è la nostra opinione. A nostro avviso, il quadro macro potrebbe migliorare nei prossimi mesi grazie ad una maggiore visibilità nel commercio globale, ad una ripresa della produzione e a condizioni finanziarie favorevoli. A titolo d’esempio, il nostro Growth Nowcaster continua a indicare un basso rischio di recessione. Recentemente, l’edilizia, il consumo di beni durevoli, l’occupazione e le prospettive d’investimento sono migliorate. Inoltre, finché il rischio inflazione rimane moderato, come mostra il nostro Inflation Nowcaster, le banche centrali dovrebbero rimanere accomodanti, limitando la volatilità effettiva.

Guilhem Savry, executive director, head of macro and dynamic allocation, cross asset solutions team di Unigestion

 

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