Dorval. Nessun eccesso di ottimismo, ma qualche dubbio sulle valutazioni. Analisi di François-Xavier Chauchat

downloadCom’è accaduto con le epidemie precedenti (SRAS, H1N1, ecc.), il coronavirus avrà probabilmente un impatto negativo solo temporaneo sull’economia cinese e mondiale. La diffusione del virus arriva in un momento in cui gli indicatori confermano l’indebolimento delle forze recessive presenti nel settore industriale globale dalla primavera 2018. Dallo scorso ottobre infatti i PMI manifatturieri dei Paesi avanzati stanno lentamente riprendendo quota. Alla luce del forte rialzo delle borse mondiali a partire dalla scorsa estate, si potrebbe temere un eccessivo ottimismo degli investitori sul ciclo economico. Noi non siamo di questo avviso. I sondaggi sul sentiment indicano che fra il 2018 e il 2019 investitori e analisti finanziari erano in realtà troppo pessimisti, soprattutto in Europa. Ora il clima di mercato si è semplicemente normalizzato. Inoltre, la riduzione dei tassi di interesse a lungo termine segnala una certa prudenza sulle prospettive di crescita. Infine, il rimbalzo dei titoli ciclici iniziato a ottobre ha avuto vita breve, e i settori difensivi e growth sono tornati presto in vetta.

A nostro avviso, pur non essendo indice di un entusiasmo eccessivo circa il ciclo economico mondiale, il recente andamento delle borse solleva la questione delle valutazioni azionarie. Siamo in presenza di un rischio di bolla, sostenuto fra l’altro dalla forte crescita degli investimenti ESG, o di un logico rialzo delle azioni a fronte del crollo dei rendimenti delle altre asset class (obbligazioni, beni immobili delle grandi città)? Ovviamente si tratta di un mix delle due cose.

Il sospetto che le valutazioni siano esagerate riguarda comunque solo una porzione del mercato, vale a dire i titoli growth. Il rapporto prezzo-utili dell’indice MSCI World Growth è salito a 23, il livello più elevato da inizio 2002, contro una media storica di 19,3 dal 1994. Tale situazione si deve senza dubbio ai profitti conseguiti da alcuni oligopoli della new economy, all’aumento dei tassi di distribuzione degli utili e alla scelta di premiare la solidità in un mondo in cui la crescita è ad un tempo più rara e più dirompente. Rispetto ai tassi reali dei Treasury statunitensi, il premio per il rischio dei titoli growth si conferma ragionevole, nulla a che vedere con la situazione del periodo 1999-2000. Per contro, rispetto ai titoli value, il cui PE medio è di appena 13, i titoli growth non sono mai stati così onerosi dalla bolla del 1999-2000. Una differenza sempre più difficile da giustificare.

Nella nostra asset allocation abbiamo mantenuto un’esposizione molto elevata al mercato azionario, nella convinzione che il binomio crescita-tassi di interesse particolarmente favorevole continuerà a sostenere le borse mondiali. Riteniamo tuttavia che la conferma della ripresa ciclica (una volta dissolto l’effetto del coronavirus) possa consentire un maggiore equilibrio fra le performance dei titoli growth e di alcuni segmenti value, tra cui le small cap europee, i titoli ciclici e i mercati giapponese e britannico.

François-Xavier Chauchat, Chief Economist di Dorval Asset Management

 

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