Outlook Abi- Cerved: crediti deteriorati in calo nel 2019, ma nel prossimo biennio, ma nel prossimo biennio la perdurante stagnazione dell’economia farà aumentare l’incidenza di nuovi prestiti in default

Nel 2019 il processo di riduzione degli NPLs è stato favorito dalle operazioni di cessione e dal calo dei flussi di nuovi crediti deteriorati. In base agli ultimi dati disponibili (giugno 2019), al netto delle rettifiche operate dalle banche, l’ammontare complessivo di crediti deteriorati risulta pari a 84 miliardi (-18,4% su base annua), più che dimezzato rispetto ai 197 di fine 2015, di cui 34 miliardi (-19%) di sofferenze nette

Nel 2019 il processo di riduzione degli NPLs è stato favorito dalle operazioni di cessione e dal calo dei flussi di nuovi crediti deteriorati. In base agli ultimi dati disponibili (giugno 2019), al netto delle rettifiche operate dalle banche, l’ammontare complessivo di crediti deteriorati risulta pari a 84 miliardi (-18,4% su base annua), più che dimezzato rispetto ai 197 di fine 2015, di cui 34 miliardi (-19%) di sofferenze nette

Roma, 27 dicembre. Nel 2019 prosegue la riduzione del tasso di deterioramento dei prestiti bancari erogati alle società non finanziarie, ovvero la quota di crediti in bonis che nell’anno passano allo status di deteriorati, l’aggregato che include non solo le posizioni in sofferenza ma anche le situazioni di difficoltà del debitore meno accentuate, come i crediti scaduti e le inadempienze probabili. Il rallentamento della congiuntura economica influirà negativamente sul biennio 2020-21, facendo salire, seppur di poco, il tasso di deterioramento dei prestiti (3,3% a fine periodo, dal 3,1% del 2019), che comunque resterebbe al di sotto dei livelli pre-crisi (3,6% di media tra il 2006 e il 2008). Il fenomeno interesserà le aziende di tutte le fasce dimensionali e ogni area del Paese. È questa, in sintesi, la fotografia scattata dall’Outlook Abi-Cerved, progetto che si rinnova spostando il focus dell’analisi dal flusso di nuove sofferenze a quello dei nuovi crediti deteriorati delle imprese, per cogliere maggiormente il legame tra ciclo economico e rischio creditizio.

“Dopo gli anni difficili della crisi, il problema dello stock di sofferenze nei bilanci delle banche è in via di soluzione – commenta Andrea Mignanelli, AD di Cerved -. Le previsioni di leggero rialzo dei nuovi crediti deteriorati non ci preoccupano e riflettono la stagnazione della nostra economia. In uno scenario così debole, le banche possono recuperare margini di redditività puntando su innovazione e digitalizzazione: questa è anche la strada per aumentare il credito alle piccole imprese con fondamentali solidi, ma che per molte banche risultano ancora opache”.

“Il Rapporto – osserva Giovanni Sabatini, Direttore generale di Abi - conferma che anche in caso di una perdurante debolezza del ciclo economico non si interromperà il trend di riduzione della rischiosità degli attivi delle banche operanti in Italia. La stabilizzazione del flusso di nuovi crediti deteriorati sui livelli pre-crisi favorirà anzi un’ulteriore contrazione dell’NPL ratio, che ci attendiamo convergere in breve tempo sui target fissati dalle Autorità di vigilanza. Si tratta di un risultato che premia gli sforzi compiuti dal settore negli ultimi anni e ne conferma la solidità complessiva. Occorre ora concentrarsi sulla crescita delle attività a supporto del settore produttivo, auspicabilmente senza nuovi appesantimenti regolamentari ad esito del processo di implementazione in Europa della normativa di finalizzazione di Basilea 3”.

In base ai dati di Banca d’Italia, nel 2019 è proseguito a ritmi sostenuti il trend di riduzione dello stock di crediti deteriorati accumulati dalle banche. Il calo è stato generato sia dalle operazioni di dismissione dei crediti sia dai minori flussi di nuovi prestiti entrati in default. I tassi di deterioramento delle società non finanziarie hanno registrato una contrazione significativa sia nel primo trimestre (3,1% contro il 3,3% dell’anno precedente) sia nel secondo (2,9% contro il 3,4%), allontanandosi sempre di più dai picchi negativi raggiunti nel corso della crisi economica (7,5% a fine 2012).

Le previsioni elaborate da Abi e Cerved evidenziano, tuttavia, che nel prossimo biennio, a causa dello scarso dinamismo della congiuntura economica, si assisterà a una lieve inversione di tendenza: nel 2021 l’incidenza dei flussi di nuovi prestiti in default (sul totale dei prestiti in bonis delle società non finanziarie) si attesterà al 3,3%, dunque in crescita di due decimi di punto rispetto alle stime di fine 2019.

I tassi di deterioramento si manterranno comunque su livelli inferiori alla fase pre-crisi e ben al di sotto dei picchi del 2012-13 in tutte le classi dimensionali e i comparti analizzati nell’Outlook, anche laddove si prevedono i rialzi più consistenti rispetto al 2019, cioè nelle grandi imprese – dall’1,5% al 2%, soprattutto nel comparto dell’industria (dall’1,1% all’1,6%) e dei servizi (dall’1,4% all’1,9%) – e in quelle di media dimensione relative ai servizi (dall’1,6% al 2,2%). Il settore dell’edilizia, che nel 2019 può vantare il calo più evidente (dal 4,7% al 4,3%), salirà al 4,5% nel 2020 e al 4,4% nel 2021. Quanto alle piccole imprese, quelle che operano nelle costruzioni e nei servizi non mostreranno alcun peggioramento (le prime passeranno dal 3% al 2,9% e le seconde resteranno al 2%).

I crediti deteriorati delle imprese italiane. Nel 2019 il processo di riduzione degli NPLs è stato favorito dalle operazioni di cessione e dal calo dei flussi di nuovi crediti deteriorati. In base agli ultimi dati disponibili (giugno 2019), al netto delle rettifiche operate dalle banche, l’ammontare complessivo di crediti deteriorati risulta pari a 84 miliardi (-18,4% su base annua), più che dimezzato rispetto ai 197 di fine 2015, di cui 34 miliardi (-19%) di sofferenze nette.

Poiché, in base ai dati ufficiali, non sono disponibili statistiche sugli andamenti dei nuovi crediti in default per dimensione di impresa, nel report si forniscono stime per l’anno in corso e previsioni per il biennio 2020-21 in base agli score individuali di rischio che Cerved elabora per le società italiane e sulla base di ipotesi sull’evoluzione delle principali grandezze macroeconomiche nazionali. A livello dimensionale i tassi di deterioramento osservati sono piuttosto eterogenei: le microimprese passano dal 3,5% del 2018 al 3,3% del 2019, le piccole dal 2,4% al 2%, le medie dall’1,9% al’1,8%, mentre le grandi imprese restano stabili all’1,5%.

Gli andamenti settoriali. Tra i diversi settori produttivi, si registrano differenze di un paio di punti percentuali nell’incidenza dei nuovi prestiti in default, con il comparto delle costruzioni che continua a ridurre il divario rispetto agli altri settori e l’industria che invece interrompe un calo quinquennale e passa dal 2,4% al 2,5%, a livelli comunque ancora distanti da quelli pre-crisi (3,3%) e dal picco del 2012 (5,9). L’incremento è ascrivibile al rialzo dei tassi di piccole (dall’1,7% all’1,8%) e grandi imprese (dall’1% all’1,1%), mentre quelle di media dimensione e le microaziende rimangono stabili (1,3% e 3).

Le costruzioni restano il comparto più rischioso e l’unico che non ha raggiunto i livelli pre-crisi, ma anche quello in cui il calo procede più velocemente: dal 4,7% del 2018 al 4,3% del 2019, confermando il trend positivo in atto dal 2014, quando raggiunse il picco dell’11%. La classe dimensionale meno rischiosa del settore è ancora una volta quella delle piccole imprese, che vedono ridurre i nuovi prestiti in default, dal 4% del 2018 al 3% del 2019 (le medie passano dal 4,8% al 4%, le grandi dal 4,9% al 4,3%, le micro si attestano al 4,5%).

Nei servizi, il trend di riduzione rispetto al 2018 dei tassi di deterioramento (dal 3,2% al 3%) risulta più marcato e diffuso a tutte le fasce dimensionali, con riduzioni più consistenti nelle piccole (dal 2,3% al 2%) e medie imprese (dall’1,9% all’1,6%). Dati ben al di sotto di quelli pre-crisi (3,6% di media).

Gli andamenti territoriali. Nel 2019, i tassi di deterioramento continuano a scendere in tutto il Paese, anche se con differenze ancora consistenti tra i livelli del Nord-Est (2,3%) e quelli del Sud (4,4%), dove il calo è più lento. Tuttavia, nel 2012 il rapporto era 6,1% a 10,2%, dunque il divario si è significativamente ridotto e ovunque si registrano livelli di rischio al di sotto dei dati pre-crisi.

In dettaglio, a fine 2019 nel Nord-Est i nuovi prestiti in default sono passati dal 2,4% al 2,3%, nel Nord-Ovest, dal 2,7% al 2,5%, al Centro dal 3,8% al 3,6% e al Sud dal 4,5% al 4,4%. Le piccole imprese sono quelle in cui, nel 2019, si registrano i miglioramenti più importanti in tutto il Paese, con un differenziale nelle diverse aree che non supera i due punti percentuali, dall’1,3% del Nord-Est al 3,4% del Sud.

Diversamente dalle altre classi dimensionali, le grandi imprese vedono un leggero rialzo dei tassi di deterioramento nel Centro (dal 2,1% al 2,3%) e nel Sud della Penisola (dal 2,8% al 3%), mentre al Nord i valori si mantengono stabili e piuttosto bassi, in linea con il trend degli ultimi tre anni.

Le previsioni al 2021. Lo scenario macroeconomico considerato nella simulazione si basa sull’ipotesi di una fase di rallentamento della crescita per l’economia italiana, con tassi di variazione del Pil vicini allo zero nel 2019 e incrementi inferiori all’1% nel 2020-21.Anche i consumi pubblici (-0,1% nel 2020 e +0,1% nel 2021) e privati (+0,5% e +0,6%) presenteranno variazioni modeste, mentre gli investimenti, dopo lo stallo del 2018, sono previsti in leggera ripresa (+1,5% e +2,1%). Aumenteranno l’export (+1,8% e +2,4%) e le importazioni (+2,4% e +2,6%). Inflazione e tassi di interesse, sebbene in leggero aumento nel 2021, continueranno ad essere su livelli storicamente bassi.Sulla base di questo scenario, si prevede che dopo aver registrato un valore minimo post-crisi nel 2019, pari al 3,1%, i tassi di deterioramento delle società non finanziarie torneranno leggermente a crescere, attestandosi al 3,3% a fine 2021, mantenendosi su livelli inferiori rispetto al periodo pre-crisi e ben al di sotto dai picchi del biennio 2012-14. L’aumento riguarderà tutte le dimensioni aziendali, tutti i settori produttivi e tutte le aree territoriali.

A fine 2021 i flussi di nuovi crediti deteriorati delle imprese di grandi dimensioni registreranno un incremento di cinque punti decimali stabilizzandosi su un valore pari al 2%. Con un incremento di 4 decimi percentuali rispetto al 2019, nel 2021 le medie imprese toccheranno il 2,2%, lo stesso tasso su cui si assesteranno le piccole (dal 2% del 2019), mentre le microimprese si continueranno ad essere la classe più rischiosa con tassi del 3,5%. Quanto ai settori produttivi, al termine del periodo di previsione le costruzioni registreranno ancora la percentuale più alta di nuovi crediti deteriorati in rapporto ai prestiti in bonis (4,5% nel 2020 e 4,4% nel 2021), benché in calo rispetto al 4,7% del 2018. Nell’industria, che invece si colloca sui livelli più bassi, il rialzo dei tassi si attesterà al 2,7% nel biennio (era 2,4% nel 2018). Nei servizi, si passerà dal 3,2% del 2018 al 3,3% del 2021.

 

Questa voce è stata pubblicata in Economia, Finanza e contrassegnata con , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


due + = cinque

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>