Proseguiamo, per le note ragioni, il discorso della settimana scorsa (Time is running out, 29 novembre 2019). Nelle ultime righe si scriveva: il tempo per un accordo sui dazi non è illimitato e il suo ritardo danneggia seriamente l’economia. Lo stesso concetto consiglia di monitorare i dati in uscita e i concreti progressi nella trattativa Trump- Xi: i mercati hanno puntato convintamente su uno scenario, eventuali incagli nel processo potrebbero determinare correzioni anche profonde.
Gli ultimi giorni hanno marcato l’ennesimo vuoto d’aria nelle trattative: Trump ha non solo rilasciato dichiarazioni con le quali sposta in avanti la tempistica di un accordo, asserendo che potrebbe essere posticipato al 2021; ha anche dimostrato concretamente, rimettendo in discussione l’accordo con Brasile e Argentina, che anche in caso di convergenza con la Cina tutto può essere rimesso in discussione in qualsiasi momento.
L’impressione è che, come avvenuto in passato, questa nuova impasse sia un mero artificio negoziale, funzionale a spuntare un’intesa più vantaggiosa e a ritardare il raggiungimento dell’obiettivo di qualche mese, in modo da staccarne i dividendi proprio nell’imminenza delle Presidenziali.
La spregiudicatezza dell’Amministrazione USA si scontra però con il contesto di riferimento. Lo stato dell’economia appare in questo momento polarizzato: da un lato osserviamo dati che depongono a favore di una stabilizzazione della congiuntura (PMI dei servizi, ultimi dati cinesi); all’estremo opposto sembrano esserci comparti, precisamente la manifattura e proprio le esportazioni fiaccate dai dazi, che sono ancora in contrazione. Di certo questo stato di cose non migliora la percezione di coloro i quali sono chiamati a prendere decisioni: l’ultima pubblicazione sulla fiducia dei CEO (Conf. Board CEO Confidence) ha segnato il minimo dal 2009. L’incertezza sul commercio internazionale viene citata dai CEO come un elemento che avrà “un impatto duraturo sulla propria società”, con effetti diretti sulle scelte d’investimento e conseguentemente sulle prospettive economiche future.
Siamo quindi di fronte a uno scenario in via di stabilizzazione, ma ancora fragile. Dal punto di vista dei mercati, bisogna fare i conti con valutazioni che scontano un rimbalzo dell’economia (secondo Deutsche Bank ai prezzi attuali l’ISM dovrebbe essere ampiamente oltre 50) e una crescita degli utili del 10-15% per l’anno venturo. L’asticella è quindi alta e, per evitare bruschi risvegli, è necessaria in questa fase una maggiore cautela sui mercati. L’impressione è che la volatilità indotta dal rischio geopolitico sia destinata ad accompagnare l’intero 2020.
Antonio Anniballe, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR