La Financière de l’Echiquier. L’impotenza strutturale della BCE. Commento di Olivier De Berranger

La Bce

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La riunione della Banca Centrale Europea (BCE) di giovedì 12 settembre ha mantenuto le promesse. Le misure annunciate assicurano infatti uno stimolo monetario di ampio respiro anche se, al di là della prima impressione, vi si legge un’ammissione di impotenza strutturale. Alcune delle misure annunciate erano semplici e molto attese, in particolare il taglio del tasso di deposito presso la BCE da -0,40% a -0,50% finalizzato a incoraggiare le banche a prestare denaro agli operatori economici e quindi, in ultima analisi, a creare inflazione, dissuadendoli nel contempo dal conservare liquidità in un periodo di tassi negativi. 


Niente di nuovo, in verità. Si può anzi presumere che si tratti di una misura essenzialmente simbolica. Se i tassi negativi a -0,40% non sono finora riusciti a far ripartire l’inflazione nell’Eurozona è lecito domandarsi perché un tasso appena diverso dovrebbe cambiare le cose. È però certo che questo tasso negativo rappresenta un salasso per le banche. 

Per controbilanciare questo provvedimento sfavorevole alle banche, la BCE ha quindi annunciato due novità. Innanzitutto, una lieve modifica alle condizioni del prestito a lungo termine concesso dalla BCE agli istituti di credito nell’ambito del programma TLTRO (Targeted Longer-Term Refinancing Operations). Ma, soprattutto, l’attesissimo sistema di “tiering” dei tassi applicati ai depositi delle banche presso la BCE che consiste nell’applicare un tasso di remunerazione più favorevole su parte delle riserve che vi sono depositate. Molte infatti saranno remunerate allo 0% invece di -0,50%, il che rappresenta un chiaro sostegno alle banche data l’entità delle riserve in questione (700 miliardi di euro a tasso zero, secondo le nostre stime, su 1.800 miliardi complessivi).

E per finire, la BCE rilancia un programma di acquisto di obbligazioni sul mercato secondario pari a 20 miliardi di euro al mese, il cui importo è certamente di poco inferiore alle attese anche se – ed è questo il dato inedito – non sono previsti né una scadenza né un volume predeterminato. Questo programma finirà solo quando il tasso di inflazione previsto dalla BCE sarà saldamente attestato sul 2% nel lungo termine, obiettivo da cui siamo molto distanti. In altri termini, la BCE promette acquisti il cui unico limite sono le condizioni di inflazione… e quindi potenzialmente all’infinito qualora questa non aumentasse.

Il mercato, che avrebbe potuto accogliere con favore l’ultima mossa di Draghi da banchiere centrale, ha invece reagito con grande esitazione. Infatti, il beneficio finale di queste misure è tutt’altro che scontato: nonostante i fiumi di liquidità riversati da anni ormai dalla BCE, l’inflazione stenta ad aumentare nell’Eurozona, così come il livello di crescita. Perché dunque dovrebbe andare diversamente questa volta?

Ma la cosa più importante, a nostro avviso, è il “testamento” di M. Draghi, questo suo rinnovato e sempre più impellente invito rivolto ai politici: la BCE non è onnipotente, le politiche fiscali (o di bilancio) devono subentrare all’istituto centrale. Vi si può scorgere una sua ammissione: la BCE sta esaurendo i mezzi perché l’inflazione torni a crescere nonostante tutti gli sforzi profusi e i rischi di una politica monetaria non convenzionale. Ora può mantenere bassi i tassi in modo che le aziende e gli Stati si indebitino a basso costo o addirittura si arricchiscano a spese degli obbligazionisti (attraverso i tassi negativi). ”Indebitatevi, indebitatevi ancora”, ha detto Draghi agli Stati passando il testimone ai politici da un lato, e a Christine Lagarde dall’altro, che dovranno assumerne le conseguenze…. qualunque esse siano.

Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier

 

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