Unigestion. Investitori alla ricerca di rendimento contro Banche centrali

La Borsa di Wall Street a New York

La Borsa di Wall Street a New York

La forte fiducia nel central bank put ha spinto gli investitori a rischiare maggiormente, alla disperata ricerca di rendimento. Le vendite del Q4 2018 e le successive reazioni hanno rafforzato ancora una volta la percezione che le banche centrali saranno sempre presenti per salvare la situazione. Con il cash trading a zero o con rendimenti negativi in molte parti del mondo, noncuranza e molta creatività diventano necessari per raggiungere i target di rendimento (fissati a livelli troppo elevati per il contesto attuale). Con l’aspettativa di tassi ancora più bassi, è iniziato un nuovo ciclo di aggressivo front-running da parte delle banche centrali.
In previsione di ulteriori stimoli monetari, il trade più efficace e chiaro è quello che vede aumentare la duration dei portafogli. Gli incredibili apprezzamenti delle obbligazioni a lunga scadenza (ad es. quelle a 100 anni dell’Austria sono aumentate del 75% rispetto all’anno precedente) mostrano come investitori “aggressivi” abbiano allocato a scadenze più lunghe, cercando di sottrarsi ai rendimenti negativi. Con le obbligazioni svizzere a 50 anni a -44 punti base e i Bund a 30 anni a -16pb, la dinamica di rischio/rendimento di questa operazione è cambiata drasticamente.

Di conseguenza, questo muro di denaro è stato costretto ad entrare nel mercato dei corporate bond. Il debito societario con remunerazioni negative è salito di recente dai 20 miliardi di dollari del gennaio 2019 a un trilione. Allo stesso tempo, le protezioni covenant, che attenuano le conseguenze per gli investitori in caso di default, sono ai minimi storici. Oltre all’impatto diretto, vi sono anche effetti indiretti di rendimenti e spread creditizi più bassi.
Gli strumenti di debito sono fondamentali per calcolare il costo-opportunità del possedere azioni. Con il calo dei rendimenti obbligazionari, tale costo-opportunità diminuisce. Di conseguenza, gli investitori azionari sono pronti a pagare un multiplo del prezzo/utile più elevato. A causa della combinazione di bassi costi di finanziamento, tagli delle imposte sulle aziende, una crescita economica contenuta e la mancanza di opportunità di investimento nell’economia reale, enormi dosi di liquidità sono state immesse nel sistema finanziario, dando il via a una nuova ondata di riacquisti di azioni, fusioni e acquisizioni.
Tutti questi fattori hanno spinto le valutazioni dei titoli azionari su livelli costosi. Poiché molti investitori sono preoccupati per la sostenibilità di queste valutazioni, gli operatori sono alla ricerca di alternative più economiche. Un sacco di soldi è quindi confluito nel private equity e nel private debt, per raccogliere un premio di liquidità. Con tutto questo denaro in attesa di essere investito, i valori di buyout sono stati spinti a livelli mai visti dalla grande crisi. Inoltre, la leva finanziaria è stata utilizzata in modo così aggressivo che Janet Yellen, ex Presidente della Fed, ha detto di essere preoccupata da un enorme deterioramento degli standard di prestito alle imprese, in particolare per quelli a leva. Il “rally di qualsiasi cosa” che è in corso da lungo tempo, sta spingendo tutte le asset class su valutazioni molto costose, ma “more of the same” significa che le valutazioni diventeranno più costose prima di essere più economiche.

Lo stimolo monetario si scontra con la legge dei rendimenti decrescenti del mercato finanziario e degli effetti decrescenti sull’economia. Fino a quando la crescita economica non riprenderà e le reali opportunità di investimento rimarranno limitate, il denaro aggiuntivo rimarrà nelle mani degli investitori. In questo modo i prezzi delle attività finanziarie aumenteranno ancora di più, riducendo i rendimenti nominali e reali attesi e i premi al rischio si avvicineranno progressivamente a quelli cash. Sarà ancora più difficile raggiungere gli obiettivi di rendimento e l’unica soluzione sarà quella di assumersi ancora più rischi sotto forma di aumento dell’illiquidità e/o di leva finanziaria.

I tassi negativi hanno distorto il fattore più importante nel processo decisionale economico: il pricing del rischio. Se le banche centrali spingono i tassi al di sotto dello zero, questa funzione essenziale non funziona più. Le conseguenze sono la sovrapproduzione e la sovraccapacità determinata da investimenti eccessivi e da un processo decisionale inadeguato. In questo modo si tiene sotto controllo l’inflazione e si apre la strada ad ulteriori stimoli, mentre la spirale del debito continua ad avvitarsi. È anche ben noto che i tassi negativi schiacciano l’attore che dovrebbe essere responsabile dell’effetto di trasmissione della politica monetaria, cioè le banche. I loro margini sono compressi a causa di tassi bassi a lungo termine e delle strutture a scadenza flat. Il calo degli utili erode la base di capitale delle banche e limita ulteriormente la crescita del credito. Il “more of the same” non è che un trucco, ma evitare qualsiasi dolore a breve termine necessario, a spese di una prudente riflessione a lungo termine, dovrebbe essere di supporto all’economia e soprattutto ai mercati finanziari nel breve periodo.
Se ci sarà una recessione, sarà la più annunciata della storia, con ogni investitore che si prepara ad affrontarla. Le ricerche su Google relative alla parola ”recessione” sono salite a livelli mai visti dalla crisi finanziaria, principalmente a causa di uno degli indicatori più affidabili, l’inversione della curva dei rendimenti, che indica una recessione economica. È chiaro che prestiamo molta attenzione ai segnali che le curve dei rendimenti stanno fornendo, ma un’inversione di per sé non è un motivo per ridurre le valutazioni dei growth assets. In primo luogo, quando i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine scendono al di sotto dei rendimenti a breve termine, ci vogliono in media 12 mesi prima che la recessione arrivi. Questo periodo è solitamente molto positivo per i growth assets. In secondo luogo, in questa prima fase interpretiamo l’inversione come un indicatore della misura del sentiment negativo del mercato. Un altro indicatore che evidenzia l’eccessivo sentiment ribassista nei mercati finanziari è la recente elevata correlazione tra gli asset di copertura, che indicano un forte affollamento nelle posizioni difensive.
I nostri Nowcaster indicano una crescita più lenta, ma non una recessione. A seguito delle forti pressioni disinflazionistiche ci aspettiamo un crescente sostegno da parte delle principali banche centrali. Sulla base di questo, sovrappesiamo i premi al rischio legati al carry, come high yield, credito emergente e volatilità. Inoltre, il posizionamento relativamente leggero verso gli asset pro-crescita sostiene la nostra view costruttiva sugli asset di rischio rispetto a quelli di copertura. Il pericolo principale della nostra view positiva è dato dal forte ottimismo verso politiche di allentamento delle banche centrali. Ciò potrebbe innescare un rilassamento/inversione altamente correlata del mercato del ”rally di qualsiasi cosa”. Manteniamo quindi coperture tramite strumenti d’opzione per proteggerci da uno shock di correlazione a breve termine.

 

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