Unigestion. Rischio “giapponizzazione” e conseguenze per l’asset allocation

Asset-AllocationCome al solito, agosto è stato un mese volatile. I tweet del Presidente degli Stati Uniti hanno provocato nuovi aumenti dei dazi, gli asset rischiosi hanno sofferto e quelli “rifugio-sicuro” hanno registrato rendimenti positivi. Nel corso del mese, le azioni globali sono calate, con gli indici MSCI World e MSCI Emerging Markets in calo rispettivamente del 2,4% e del 5,1%. In calo anche le valute emergenti: -8,7% il BRL, -7,3% lo ZAR, -5,6% il MXN e -3,9% il CNH rispetto al dollaro. I prezzi dell’energia hanno seguito gli asset orientati alla crescita con un calo del 5,7% per l’indice Bloomberg Energy.

Le crescenti incertezze sullo stato dell’economia globale e l’entità della guerra commerciale hanno accresciuto l’avversione al rischio, con un forte aumento della volatilità effettiva e implicita dei titoli azionari. Di conseguenza, le obbligazioni sovrane, l’oro e le valute sicure hanno registrato una buona performance.

In agosto, i rendimenti dei titoli di Stato hanno raggiunto il minimo storico e l’indice Barclays Global Treasuries USD hedged ha registrato uno dei migliori rendimenti mensili di sempre (2,6%), simile a quelli di novembre 2008. In termini di stile, non a caso, i fattori Low Volatility, Momentum e Quality hanno sovraperformato Value e Size.
Come interpretare queste performance? Si tratta di un nuovo episodio di stress di mercato, amplificato da una scarsa liquidità, valutazioni tese prima delle trimestrali, oltre ad aspettative elevate attorno al quantative easing? Riflette un nuovo deterioramento del ciclo economico come indicato dall’inversione della curva dei rendimenti negli Stati Uniti? In questo difficile scenario macroeconomico, è essenziale dissociare il rumore dai fondamentali, il breve dal lungo termine e le aspettative dalle sorprese. Per fare ciò, allochiamo dinamicamente il rischio monitorando i tre principali fattori che guidano il rendimento degli asset nel medio periodo: 1) fattori macroeconomici (ciclo economico e inflazione), 2) il sentiment del mercato e 3) la valutazione. A che punto siamo e cosa è cambiato negli ultimi dodici mesi?
Secondo i nostri Nowcaster il rischio di recessione è neutro e quello di sorpresa inflazionistica è molto basso. Rispetto a un anno fa, il contesto economico si è chiaramente deteriorato. Tuttavia, la tendenza è molto più allarmante sul fronte inflazione rispetto a quello dell’attività economica. Negli ultimi dodici mesi, il Global GDP Nowcaster è sceso da 0,33 a 0, mentre il Global Inflation Nowcaster è sceso da 0,45 a -0,3. A nostro avviso, gli investitori dovrebbero essere più preoccupati del rischio di ritorno della deflazione e delle sue conseguenze che di una brusca recessione economica. L’inflazione al di sotto dell’obiettivo fissato è la ragione principale per cui le banche centrali sono passate dalla normalizzazione all’allentamento. Mentre le principali banche centrali hanno già tagliato, o taglieranno, i loro tassi nel 2019, riteniamo che questo cambiamento di politica monetaria abbia più che compensato il deterioramento del ciclo economico. Ciò spiega anche perché gli asset rischiosi e quelli sicuri hanno prodotto rendimenti straordinari quest’anno.
Per quanto riguarda le valutazioni, i rendimenti obbligazionari più bassi hanno cambiato radicalmente le classifiche degli asset. Un anno fa, la maggior parte delle attività erano attraenti, ad eccezione dei real asset. Oggi, le obbligazioni sovrane e i real asset sono estremamente costosi, mentre gli asset orientati alla crescita sono prezzati correttamente. Per quanto riguarda il sentiment di mercato, un anno fa il posizionamento nell’azionario globale era vicino a valori estremi, il momentum era favorevole per gli asset rischiosi e l’avversione al rischio segnalata dal nostro Market Stress Nowcaster era bassa. Di conseguenza, la leva finanziaria e la concentrazione del rischio erano elevate in vista delle turbolenze di mercato dell’ottobre 2018. Oggi, il posizionamento sembra più sicuro in quanto l’esposizione agli asset orientati alla crescita è stata ridotta. Tuttavia, l’incertezza è aumentata, principalmente a causa delle tensioni geopolitiche: quali aumento dei dazi e instabilità politica nel Regno Unito, Iran, Hong Kong e Italia.
Nel complesso, a nostro avviso, la situazione attuale è molto simile al 2016, quando la crescita globale rallentava a seguito della recessione cinese, sollevando interrogativi sul rischio di recessione statunitense e sulla sostenibilità del ciclo economico. Il rischio deflazione era in aumento, soprattutto in Europa. Il sentiment dei mercati è rimasto fragile, trainato dal forte calo dei prezzi dell’energia e dalla debolezza del settore delle materie prime. La Fed aveva posticipato la normalizzazione da marzo a dicembre 2016 e la Cina aveva avviato uno stimolo a sostegno della propria economia. Di conseguenza, i paesi emergenti si ripresero, seguiti dall’Europa. Alla fine, il ciclo economico globale si è salvato e la crescita è proseguita per alcuni anni.

Non riteniamo che l’attuale ciclo economico si potrà protrarre ancora per anni. Tuttavia, le preoccupazioni per l’imminente recessione innescata dall’inversione della curva dei rendimenti in alcuni paesi sono eccessive e sopravvalutano il rischio recessione nel breve termine. Pertanto, continuiamo a sovrappesare gli asset rischiosi con alcune coperture, piuttosto che ridurre il rischio complessivo di portafoglio aumentando la cash exposure.
A partire dalla crisi finanziaria stiamo vivendo una nuova era di normalità, chiamata “stagnazione secolare”. Sebbene le cause siano fonte di dibattito, il contesto attuale è caratterizzato da una bassa crescita globale e da una moderata pressione inflazionistica con un crescente rischio deflazione in alcuni paesi sviluppati. Il Giappone ha vissuto in questo contesto economico per oltre vent’anni.

Nel periodo (2000-2019), l’indice Barclays Global Aggregate Japan ha conseguito una performance annualizzata del 2% con una volatilità effettiva del 2,2%, più attraente rispetto alle azioni giapponesi che hanno ottenuto una performance annualizzata più elevata (2,9%) ma con un rischio molto più elevato (19% di volatilità effettiva). Una lezione che dovremmo imparare dal Paese del Sol Levante per essere pronti alla “Grande Giapponizzazione” è che, nonostante rendimenti molto bassi o negativi, il rendimento complessivo dei titoli sovrani è rimasto positivo e ha fornito un interessante Sharpe ratio. Ciò potrebbe essere contro intuitivo ma utile da sapere per evitare in futuro di “perdersi nella traduzione” e in territori inesplorati.

 

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