Politica italiana al centro della scena. La crisi politica, gli scenari, le possibili soluzioni. Intervista con gli analisti ed economisti di Amundi: Matteo Germano, Sergio Bertoncini, Lorenzo Portelli, Annalisa Usardi e Didier Borowski

Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella

Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella

Il vicepremier Matteo Salvini ha recentemente ritirato il sostegno del suo partito al governo di coalizione guidato dal Primo Ministro Giuseppe Conte, chiedendo un voto di sfiducia nei confronti del Primo Ministro e successive elezioni anticipate. Il 20 agosto, dopo essersi rivolto al Senato, il Primo Ministro Conte si è dimesso. Il Presidente Sergio Mattarella ora soppeserà tre opzioni: consultare i partiti politici per formare un nuovo governo (con le stesse forze della coalizione attuale o con nuove), nominare un governo di transizione o chiedere nuove elezioni.

A che punto siamo dell’attuale crisi politica italiana?

Lo scorso 8 agosto, il vicepremier Matteo Salvini ha dichiarato che il governo non aveva una maggioranza di sostegno per rimanere in carica. In una conferenza stampa dopo questo annuncio, il Primo Ministro Giuseppe Conte ha preso atto della richiesta ma non si è dimesso, annunciando che avrebbe voluto prima riferire in Parlamento. Dopo aver parlato al Senato il 20 agosto, il Primo Ministro Conte ha rassegnato le dimissioni al Presidente della Repubblica.

Il Presidente terrà ora le consultazioni con gli attuali rappresentanti del Parlamento per verificare se sia possibile formare un nuovo governo. Se questi tentativi fallissero, il Presidente indirebbe nuove elezioni per formare un nuovo parlamento. Le opzioni a disposizione del Presidente sono se avere un nuovo governo supportato dalla maggioranza degli attuali parlamentari eletti o tenere invece nuove elezioni. Una terza opzione è che il Presidente possa nominare un governo di transizione che possa presentare il bilancio autunnale e approvare i tagli alla spesa necessari per evitare un aumento dell’IVA.

In questa fase, anche se le elezioni sembrano essere lo scenario più probabile, la possibilità di un grande governo di coalizione non può essere completamente esclusa. In effetti, alcuni partiti all’interno dell’attuale Parlamento hanno scarsi incentivi a spingere per le elezioni anticipate, poiché potrebbero perdere seggi. In particolare, il Movimento 5 Stelle (M5S) e il Partito Democratico (PD) potrebbero subire una sconfitta, sebbene quest’ultimo sia diviso sull’opportunità di sostenere una grande coalizione.

Ogni partito politico o coalizione ha bisogno di 316 deputati e 161 senatori per formare un governo. Se M5S e PD mettessero da parte le loro differenze e tentassero di formare un governo, avrebbero complessivamente 327 deputati e 158 senatori, ipotizzando che tutti i loro leader eletti agiscano all’unanimità. Tuttavia, i rappresentanti eletti del PD sono divisi in gruppi – una sezione vicina all’ex primo ministro Renzi, e poi ce ne sono altri. Se il primo gruppo votasse a favore della creazione di un governo, il M5S partecipasse e riuscissero persino a trovare il sostegno delle regioni autonome locali, la grande coalizione risultante avrebbe 322 parlamentari nella Camera e 166 membri al Senato. Questo sarebbe sufficiente per arrivare, con fatica, all’obiettivo ed evitare le elezioni. La domanda chiave è se questo governo avrebbe a portata di mano un obiettivo specifico (e quindi un definito orizzonte temporale).

Il compito a breve termine sarebbe quello di consegnare il bilancio 2020, a seguito del quale potrebbero seguire le elezioni all’inizio della prossima primavera. Ma se l’obiettivo della grande coalizione è ridurre il numero di parlamentari (già in una fase avanzata del processo di cambiamento costituzionale), l’orizzonte temporale potrebbe essere più lungo, ritardando alla fine le elezioni almeno a primavera inoltrata. Tuttavia, ridurre il numero di parlamentari potrebbe essere dannoso per gli interessi della grande coalizione. Pertanto, è improbabile che a quel punto richiedano nuove elezioni preferendo invece rimanere in carica fino al 2022, giusto in tempo per nominare un nuovo Presidente della Repubblica.

Tornando ad oggi, se nessun partito fosse in grado di formare un governo, si potrebbe andare ad elezioni a metà ottobre – inizio novembre, purché avvengano consultazioni rapide tra il Presidente e i partiti politici. In entrambi i casi, il successo di una coalizione di centrodestra (forse formata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia o eventualmente solo il primo dei due partiti) è quasi certo secondo i sondaggi più recenti. La questione chiave sarebbe con quale margine vincerebbe la Lega? Quanto bisogno avrebbe degli altri due partiti per avere una forte maggioranza alla Camera dei deputati e al Senato? Ciò determinerebbe se la Lega, che è stata più conflittuale con l’Unione Europea su più fronti (immigrazione, politica fiscale e, più recentemente, non appoggiando Ursula Von der Leyen al vertice della Commissione Europea), sia in grado di promuovere il suo programma.

Qual è la vostra view sull’economia italiana? Come sta reagendo allo scenario globale più complesso?

I dati disponibili finora mostrano un inizio dell’anno molto debole, con un PIL in crescita dello 0,1% e 0,0%, trimestre su trimestre, rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre 2019 (-0,1% e 0,0%, su base annua). Se la crescita dovesse rimanere in territorio leggermente positivo nel secondo semestre, sarebbe giusto aspettarsi che l’economia italiana cresca in media dello 0,1% quest’anno. Ciò indica una stagnazione a causa della flebile domanda interna – rallentamento degli investimenti e deboli consumi personali – e della fiacca performance delle esportazioni, risultate sottotono nel primo semestre.

L’attuale contesto globale ed europeo presenta alcuni rischi al ribasso per la crescita economica italiana, date l’interconnessione della produzione interna con la catena di produzione tedesca e l’apertura verso l’esterno dell’economia italiana. È probabile che questi rischi derivino da una possibile debolezza in Germania (secondo trimestre negativo) e dall’incertezza relativa ai rischi geopolitici e alle controversie commerciali, che possono potenzialmente influire negativamente sulla produzione e sulle filiere esistenti. Inoltre, l’attuale incertezza politica in Italia potrebbe pesare sulle decisioni di investimento.

Vedete qualche implicazione della situazione italiana a livello europeo? Vedete un rinnovato rischio politico nella zona euro e quali potrebbero essere le implicazioni?

La situazione politica italiana rappresenta una sfida per i leader dell’Unione Europea e in particolare per quelli dell’eurozona. Ciò detto, come in tutti i paesi in cui i movimenti nazionalisti / populisti sono in aumento, è importante in Italia distinguere la retorica domestica dall’azione politica. Mentre Salvini sa benissimo che opera in un clima economico teso che non consente ai leader dell’eurozona di trattare con fermezza l’Italia, è anche consapevole dei limiti di ciò che può raggiungere. È chiaro che le relazioni tra un potenziale governo Salvini (in caso di elezioni) e la Commissione europea sarebbero tese, ma gli italiani non hanno intenzione di lasciare l’eurozona. Pertanto, cercherebbero di scendere a compromessi, se sarà necessario.

L’Italia continuerà a beneficiare del calo dei tassi di interesse nella Zona Euro e della politica monetaria eccezionalmente accomodante della BCE. Alla vigilia dei tagli dei tassi di interesse della BCE e dell’annuncio di un nuovo importante programma di acquisti di attività a settembre, riteniamo che i rischi di contagio negli altri paesi periferici siano minimi. Questo perché diversi paesi della zona Euro (a partire dalla Germania) saranno probabilmente “costretti” a utilizzare la politica fiscale per arginare gli effetti di una recessione manifatturiera che si è intensificata nel primo semestre del 2019.

Nel breve termine, in un contesto di bassi tassi di interesse, gli investitori proseguiranno la ricerca di rendimento e ciò dovrebbe limitare la pressione del mercato. Tuttavia, nel medio termine, l’Italia dovrà affrontare una vera sfida. In assenza di riforme strutturali per aumentare il suo potenziale di crescita, il debito pubblico non sarà sostenibile (il rapporto debito pubblico / PIL continuerebbe ad aumentare). Detto questo, va notato che in un contesto di tassi di interesse strutturalmente più bassi, sarà più facile per tutti i paesi della regione stabilizzare il loro rapporto debito / PIL.

Al di là dell’esperienza italiana, sono le regole fiscali e l’implementazione di strumenti di stabilizzazione per far fronte agli shock asimmetrici (attraverso uno schema comune di assicurazione contro la disoccupazione) che torneranno alla ribalta una volta che sarà istituita la nuova Commissione Europea. In questo contesto, l’Italia avrebbe più da perdere che da guadagnare da un duro confronto con le istituzioni europee.

Qual è la vostra opinione sul BTP italiano, considerando la dinamica della domanda / offerta, le misure della BCE e la propensione al rischio degli investitori?

L’apertura di una crisi politica nel governo di coalizione ha provocato un’improvvisa reazione dei mercati finanziari e, di conseguenza, sia le obbligazioni sia le azioni italiane hanno sottoperformato. Nelle prossime settimane, gli spread dei BTP probabilmente rimarranno volatili e al di sopra dei bassi livelli registrati a luglio, date le incertezze sulle nuove elezioni e l’approvazione della legge di bilancio. La minore liquidità del periodo estivo e le incertezze geopolitiche derivanti dal quadro globale probabilmente incrementeranno la volatilità.

Detto questo, lo spread del BTP a 10 anni rispetto al Bund è tornato recentemente ai livelli di inizio luglio, un mese che ha registrato una notevole compressione del premio per il rischio. Quando esaminiamo il comportamento dei diversi segmenti della curva BTP, la reazione iniziale del mercato sembra piuttosto sobria. Lo spostamento verso l’alto del rendimento a 2 e di quello a 10 anni è stato abbastanza simile e la pendenza non è riuscita a comprimersi in modo significativo, segnalando preoccupazioni limitate degli investitori sulla qualità del credito italiano. Inoltre, Fitch ha confermato il rating BBB insieme all’outlook negativo per l’Italia. Il momento della decisione è coinciso con il giorno in cui è scoppiata questa crisi politica, attenuando la pressione nel breve termine sui BTP.

Nonostante il ritorno delle incertezze elettorali, riteniamo che l’impatto sugli spread italiani sarà limitato rispetto alle precedenti fasi di pressione politica viste da maggio dello scorso anno. Infatti, nei prossimi mesi agirà una combinazione di fattori tecnici di supporto e valutazioni relative, in un momento in cui è probabile che la BCE riaprirà gli acquisti netti del QE.

Dal lato dell’offerta, a partire dall’inizio di agosto, il Tesoro italiano ha completato quasi il 70% delle nuove emissioni programmate annualmente di obbligazioni a medio-lungo termine, in un momento in cui si è verificato solo il 40% dei rimborsi annuali. Di conseguenza, l’emissione netta di BTP ha raggiunto il suo picco a 85 miliardi di euro e dovrebbe diventare negativa nei restanti mesi del 2019, scendendo a un livello vicino a 50 miliardi di euro entro la fine dell’anno.

Settembre e ottobre dovrebbero trovare un supporto tecnico derivante da ingenti rimborsi di obbligazioni esistenti rispettivamente del valore di 43 e 26 miliardi di euro. Insieme ad un po’ di sollievo proveniente dai numeri dell’offerta, vale la pena menzionare l’emissione riuscita di BTP lunghi ed extra lunghi da parte del Tesoro italiano. Questi ha emesso BTP extra lunghi con durata di 15 anni, 20 anni e 30 anni durante l’anno, mentre a luglio la riapertura di BTP a 50 anni ha incontrato una forte domanda da parte degli investitori stranieri.

Come risultato, la scadenza media dell’offerta da inizio anno è vicina ai 10 anni, abbastanza elevata per gli standard storici comparabili. Ciò indica che probabilmente le emissioni annuali rimanenti saranno limitate non solo in termini di dimensioni, ma anche più basse in termini di duration, con probabile conseguente minor pressione sui tratti più lunghi della curva.

Il secondo fattore a supporto dei BTP ha a che fare con le valutazioni relative. Abbiamo effettuato alcune analisi sulla concentrazione dei rendimenti nell’intero mercato del reddito fisso Investment Grade denominato in euro. Dato il recente calo generalizzato dei rendimenti obbligazionari, i risultati mostrano che il valore dei BTP italiani rappresenta la metà del valore delle attività a rendimento positivo rimanenti nell’ambito del reddito fisso Investment Grade denominato in euro, pur rappresentando solo il 12% del totale del debito. L’unico vero “competitor” dell’Italia che offre un rendimento positivo nell’universo Investment grade è rappresentato dalle obbligazioni societarie con rating BBB, che ora rappresentano solo il 21% del valore dei titoli con rendimento positivo con un peso sul debito totale simile (10%).

Questo ci porta al terzo e più importante fattore che dovrebbe rendere i BTP più resilienti alle incertezze politiche nei prossimi mesi, vale a dire il pacchetto di allentamento monetario della BCE in arrivo a settembre. Un ulteriore taglio del tasso di deposito in territorio negativo, insieme a un possibile QE2 sulle obbligazioni sovrane, sosterrebbe una caccia ancora più forte al rendimento. Ciò potrebbe rendere il contesto favorevole ai BTP rispetto alle alternative meno interessanti nell’ambito delle obbligazioni europee. La nostra opinione è ulteriormente supportata dai dati più recenti forniti dalla Banca d’Italia. I flussi di investimento sui BTP a giugno sono stati pari a 34,7 miliardi di euro, i maggiori flussi mensili di quest’anno.

In conclusione, ci aspettiamo che gli spread dei BTP rimangano volatili nel breve termine a seconda degli sviluppi politici. Tuttavia, la volatilità dovrebbe rimanere frenata dalla ricerca di rendimento e da dati tecnici favorevoli: i segmenti di curva di medio-lungo termine rimangono maggiormente supportati dalla combinazione di valutazioni relative e da un’eventuale riapertura del programma di acquisto di attività della BCE (APP).

Dal punto di vista prospettico, qual è la vostra opinione sulle attività italiane?

Manteniamo una posizione cauta da un punto di vista generale poiché ci troviamo in una fase più matura del ciclo finanziario globale. I rischi sono ora al ribasso, dato che tensioni geopolitiche in aumento stanno già deprimendo il commercio globale e il settore manifatturiero. In particolare, la crisi politica italiana è un rischio idiosincratico e non sistemico per i mercati.

Tuttavia, il premio per il rischio politico è abbastanza evidente e manteniamo la nostra preferenza per i BTP rispetto alle azioni italiane. È importante notare che le attività italiane presentazioni valutazioni più convenienti in termini relativi se si confrontano i multipli azionari e gli spread dei titoli governativi con quelli degli altri paesi europei. I rapporti prezzo / utili attuali e attesi per le azioni italiane sono molto inferiori a quelli europei e il rendimento da dividendi è prossimo al 5%. Le aspettative sui profitti nel paese non sono eccessivamente ottimistiche, quindi non dovrebbero essere deludenti nemmeno in un contesto politico sfidante.

Dal punto di vista del rendimento corretto per il rischio, i BTP potrebbero andare meglio dei titoli azionari se la crisi politica diventasse più profonda o si prolungasse fino al 2020. In effetti, l’eccezionalità di questo regime di ciclo maturo è la straordinaria linea accomodante delle banche centrali e il loro impegno a contenere qualsiasi rischio di contagio per i mercati del reddito fisso. Tuttavia, tassi estremamente bassi a livello globale offrono poche opportunità di investimento in obbligazioni governative con rendimenti positivi, almeno nei paesi sviluppati. Mentre riconosciamo il potenziale rischio politico nel paese in un contesto globale sfidante, manteniamo la nostra visione moderatamente positiva sui titoli governativi italiani.

 

 

 

 

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