T. Rowe Price. I sei mercati di frontiera da tenere d’occhio. Commento di Oliver Bell

I Paesi di frontiera

I Paesi di frontiera

Quando abbiamo inaugurato la strategia T. Rowe Price Frontier Markets Equity 5 anni fa, abbiamo notato che questo universo ricordava il mondo dei mercati emergenti degli anni Novanta. Abbiamo visto infatti driver strutturali solidi, con molti Paesi che si stavano muovendo su un percorso di pace e di miglioramento a livello di politica, investimenti e crescita. I mercati di frontiera non sono tuttavia un’asset class omogenea e molti Paesi presentano singoli rischi in momenti diversi. La gestione attiva si è dimostrata cruciale per navigare in questo universo. Riteniamo che ci siano opportunità di alpha in questi mercati, inaccessibili per chi investe sui mercati globali o emergenti. Di seguito, abbiamo analizzato i sei Paesi che hanno contribuito maggiormente alle performance del nostro fondo dalla nascita, includendo anche le prospettive per i prossimi anni.

Il Vietnam ha generato più alpha di qualsiasi altro mercato all’interno della nostra strategia. Abbiamo sovrappesato il Paese a lungo – una posizione abbastanza contrarian 5 anni fa: nel 2014, non molti investitori stranieri erano interessati al Vietnam, ma lo scenario è cambiato circa 2 o 3 anni fa, quando il Governo ha allentato i limiti di proprietà straniera e significativi investimenti sono affluiti nel Paese.

Tornando al presente, le prospettive per la crescita del Pil in Vietnam sono tra le più elevate al mondo, attorno al 6,5%. Il Vietnam sta diventando un hotspot per le società multinazionali che mirano a una produzione con bassi costi, soprattutto per quelle che vogliono spostare le supply chain dalla Cina. Non è difficile capire perché. I costi di retribuzione medi sono inferiori a 250 dollari al mese. Inoltre, il Vietnam può vantare una rete di accordi di libero scambio e una posizione geografica strategica. Mentre sempre più aziende globali guardano al di fuori della Cina, riteniamo che il Vietnam stia beneficiando della conseguente creazione di posti di lavoro, di salari più elevati e di una maggiore domanda per l’housing. I nostri posizionamenti sul settore bancario, IT, consumi e real estate dovrebbero beneficiare di tali sviluppi.

In Argentina il contesto ha iniziato a cambiare nel 2015, con l’elezione di Mauricio Macri. La sua ambiziosa agenda di riforme ha rappresentato un passo nella giusta direzione, ma il ricordo del default del Paese nel 2011 è tornato all’orizzonte nel 2018, quando una combinazione di inflazione, tassi e debito in ascesa ha impattato sulla liquidità. La selezione dei titoli in Argentina è stata cruciale. All’aumentare dei rischi per il peso a fine 2017, abbiamo deciso di tagliare le società domestiche per favorire quelle globali più diversificate a livello geografico, con utili in dollari.

La strada dell’Argentina sembra molto più incerta guardando al futuro, con il Presidente Macri che ha incassato una notevole perdita alle recenti elezioni primarie. Insieme con l’ex Presidente Christina Kirchner, il candidato di punta Alberto Fernandez rappresenta una prospettiva incerta e i mercati rimarranno probabilmente volatili, preoccupati di un possibile ritorno a politiche populiste. L’Argentina è stata recentemente reinserita nell’Indice MSCI Emerging Markets, ma la sua transizione potrebbe non continuare in maniera così fluida.

La Nigeria è rientrata nell’universo investibile l’anno scorso, dopo essersi ripresa da 2 anni di recessione. Per gran parte degli ultimi 5 anni abbiamo sottopesato il mercato nigeriano e ne abbiamo beneficiato. La stabilità del prezzo del petrolio è stata cruciale per riportare la Nigeria sul percorso di crescita, insieme al miglioramento dei consumi. Abbiamo investito in tale ripresa ciclica attraverso il settore bancario nigeriano. Tuttavia, sebbene il contesto a livello top-down sembri migliore oggi, alcune fragilità restano. Soprattutto in riferimento alla valuta, che deve ancora convergere verso il tasso di cambio ufficiale. Siamo fiduciosi ma incerti sulla capacità del Presidente Muhammadu Buhari di focalizzarsi sul progresso economico nel corso del suo secondo mandato. Abbiamo ridotto le nostre posizioni.

Il Bangladesh sta attraversando cambiamenti importanti. Nel corso degli ultimi 10 anni, il Pil pro-capite è quasi raddoppiato, superando i 1.500 dollari, gli investimenti diretti esteri sono triplicati e le esportazioni sono aumentate quasi del 20%. Inoltre, il tasso di alfabetizzazione degli adulti è salito dal 47% al 73% e la produzione di energia elettrica è triplicata, e raggiunge ora il 90% della popolazione.

Le riforme economiche potrebbero potenzialmente aiutare il Bangladesh a far evolvere il suo mercato delle esportazioni, via via che la produzione a basso costo lascia la Cina. Inoltre, il Paese ha una fiorente classe media di quasi 19 milioni di persone, che cresce di oltre il 10% all’anno. Ciò ha implicazioni profonde per le prospettive di crescita della maggior parte delle aziende di consumo. Ad esempio, nell’ultimo decennio il mercato degli alimenti confezionati è triplicato, arrivando a quasi 4 miliardi di dollari. Durante il nostro recente viaggio nel Paese, abbiamo incontrato aziende che potrebbero beneficiare delle riforme e delle dinamiche di crescita demografica.

Come l’Argentina, l’Arabia Saudita è stata recentemente inclusa nell’indice MSCI Emerging Markets, con un peso del 3%, in linea con le sue dimensioni e la liquidità del suo mercato azionario. Siamo da tempo ottimisti sulle azioni dell’Arabia Saudita, in gran parte stimolati dalle continue riforme e dall’ambizioso progetto Vision 2030. A livello di posizionamenti, è da sottolineare il settore finanziario, in cui alcuni titoli sono stati oggetto di rally dal 2017.

Fino a poco tempo fa abbiamo sottopesato il Kuwait. Il suo settore bancario ha sofferto post 2008 e nonostante un’economia relativamente stabile, lo abbiamo ritenuto meno attraente rispetto ai profili di rischio/rendimento disponibili in altri Paesi asiatici, così come in Argentina. Le opportunità in Kuwait sono diventate molto più attraenti quest’anno, soprattutto nel settore bancario dove abbiamo aumentato i nostri posizionamenti. I fondamentali stanno migliorando e abbiamo identificato alcuni titoli, soprattutto sul segmento bancario islamico e sul fintech.

Oliver Bell, gestore del fondo T. Rowe Price Frontier Markets Equity, T. Rowe Price

 

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