Scope ratings. Ristabilire la responsabilità fiscale per stabilizzare l’eurozona: insegnamenti dal caso dell’Italia

Nella foto il ministro dell'Interno e vice premier Matteo Salvini, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte e il ministro dello Sviluppo economico. del welfare e vice premier, Luigi Di Maio

Nella foto il ministro dell’Interno e vice premier Matteo Salvini, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte e il ministro dello Sviluppo economico. del welfare e vice premier, Luigi Di Maio

Le dimensioni dell’economia italiana e la sua interconnessione con le principali economie dell’eurozona ne comportano la rilevanza sistemica per l’unione monetaria. L’elevato stock di debito pubblico italiano, lo scostamento del deficit dagli obiettivi di bilancio prestabiliti e l’incertezza politica hanno recentemente contribuito a crescenti preoccupazioni sulla sostenibilità del debito pubblico del Paese.

Le ricadute di una crisi del debito italiano sulle altre economie della zona euro potrebbero emergere da almeno tre fonti: i) il canale del debito non finanziario (attraverso il debito pubblico e privato non finanziario italiano detenuto da istituti di credito della zona euro al di fuori dell’Italia); ii) il canale bancario (rischio finanziario derivante dall’interconnessione delle banche della zona euro); e iii) il canale dell’economia reale (contagio del rischio attraverso il commercio e altre interconnessioni economiche).

“Finora, abbiamo osservato poche ricadute del rischio di credito dell’Italia sulle principali istituzioni finanziarie del resto dell’area dell’euro”, spiega Bernhard Bartels, associate director del team di finanza pubblica di Scope Ratings e co-autore di questo report. “Tuttavia, dato che quasi la metà del debito pubblico e privato non finanziario italiano detenuto da istituti di credito è detenuto da banche di rilevanza sistemica globale (G-SIB), i rischi di contagio non sono trascurabili”.

L’Italia si distingue tra i paesi dell’area dell’euro per l’alto grado di home bias nei detentori del debito: oltre il 66% del debito sovrano italiano è detenuto da creditori nazionali, contro il 51% nel caso della Germania e il 47% in quello della Francia. “Ne consegue una sensibilità particolarmente forte delle banche italiane al rischio sovrano, in quanto i flussi di credito internazionali delle banche dell’area dell’euro sono diminuiti dopo il 2008 dai bassi livelli pre-crisi e da allora hanno recuperato solo gradualmente”, nota Bartels.

“L’economia italiana continua a dipendere principalmente dal credito interno, il che la rende vulnerabile ad una crisi del debito sovrano, data l’elevata esposizione delle banche nazionali ai titoli del debito pubblico italiano. Ciò significa che una crisi del debito sovrano può portare rapidamente ad una stretta creditizia e ad una crisi economica più ampia”, spiega Bartels.

L’interdipendenza tra i bilanci delle banche e le finanze pubbliche dello Stato genera notevoli rischi per la stabilità finanziaria interna, ma anche per l’intera eurozona, date le dimensioni dell’economia italiana e la profonda integrazione commerciale nell’area dell’euro. “Imparando dall’esperienza dell’Italia – compreso il circolo vizioso tra debito sovrano e sistema bancario – gli accademici hanno avanzato diverse proposte per integrare le norme UE attraverso strumenti che ripristinino la responsabilità fiscale e migliorino la resilienza del sistema bancario”, osserva Bartels.

Secondo Scope, tre delle proposte avanzate dal Centre for Economic Policy Research (CEPR) potrebbero ridurre il legame tra rischio bancario e rischio del debito sovrano, aumentando la resilienza dell’area dell’euro alle crisi dei debiti sovrani:

  1. L’introduzione di fattori di ponderazione del rischio per esposizioni verso enti sovrani e/o;
  2. Un limite per le banche alla detenzione di titoli di debito del proprio stato di appartenenza;
  3. La creazione di un titolo europeo “safe”, su cui Scope ha pubblicato una proposta nel giugno scorso.

Se le istituzioni europee in materia di bilancio e governance bancaria fossero integrate dall’attuazione di una combinazione di queste proposte, l’unione monetaria potrebbe rafforzarsi in almeno tre dimensioni:

  1. Maggiore responsabilità di bilancio a livello nazionale, attraverso maggiore disciplina di mercato, aumentando la resilienza dell’area dell’euro a shock nazionali;
  2. Minori rischi di contagio da sofferenze pubbliche al settore privato, riducendo il nesso tra banche e debito sovrano;
  3. Settori bancari più resilienti grazie a portafogli più diversificati e ponderazioni del rischio che riflettono in modo più accurato il rischio sovrano.

Se non implementata con attenzione, la transizione verso l´introduzione per le banche di fattori di ponderazione del rischio e limiti alla detenzione relativi a titoli di debito sovrano potrebbe comportare di per se´ rischi per la stabilità finanziaria in paesi come l´Italia, dove gli istituti di credito sarebbero costretti ad aumenti di capitale e/o a vendere parte dei titoli di stato detenuti, fino a causare quella stessa crisi di debito sovrano e sistema bancario che queste proposte intendono invece risolvere. La contemporanea introduzione di un titolo safe europeo potrebbe servire come domanda necessaria ad assorbire l’eccesso di offerta di titoli di stato che risulterebbe dai limiti alla detenzione e nuovi fattori di ponderazione per titoli di debito sovrano, facilitando maggiore diversificazione dei titoli di debito sovrano europei nei bilanci delle banche.

 

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