Amundi. Aspettando Godot. Analisi di Giordano Beani

Wall Street

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Restiamo in tema teatrale, ma ci spostiamo in avanti di circa 350 anni. Da Shakespeare a Samuel Beckett, il padre del movimento noto come “Teatro dell’assurdo”. Nella sua pièce più famosa scritta negli anni quaranta del novecento, ma pubblicata e rappresentata per la prima volta nei primi anni cinquanta, i due protagonisti, Vladimir ed Estragon, due “clochard”, termine francese più aulico del nostro impietoso “barboni”, attendono invano l’arrivo del Signor Godot. Ed allorché il messaggero di Godot annuncia che “egli oggi non verrà, ma verrà domani”, i due si scambiano queste frasi: “e allora che facciamo andiamo? Si andiamo”. Ma in realtà nessuno dei due si muove e si ricomincia ad aspettare. Ebbene il comportamento dei mercati finanziari della  settimana scorsa ci ricorda questa attesa reiterata dell’ignoto. In questa fase di mercato, infatti, gli investitori si prefigurano una molteplicità di Godot. Vi è chi aspetta le mosse future delle Banche Centrali, gli appuntamenti prossimi sono il 25 luglio per la Bce ed il 31 per la Federal Reserve, auspicando che attraverso misure ancor più espansive possano dare nuova linfa ai mercati, già peraltro “esuberanti” a detta di molti. C’è poi chi aspetta il Godot rappresentato dall’accordo tra Stati Uniti e Cina, un evento che si attende ormai da più di sei mesi, ma che come il misterioso personaggio di Beckett sembra non arrivare mai. Infine, ci sono coloro che aspettano la catastrofe sui mercati. Il ciclo economico è giunto a fine corsa, gli utili ed i margini aziendali sono sotto pressione, i rendimenti obbligazionari mostrano livelli insostenibili, insomma la fine è vicina. Il risultato di queste variegate attese ha portato di fatto i mercati ad uno stallo nella settimana appena trascorsa. Sui mercati azionari internazionali sviluppati, infatti, si è registrata una lieve correzione generalizzata, con gli Stati Uniti che arretrano di -1,23% (Indice S&P 500), con i risultati trimestrali dei bancari piuttosto buoni, ma con alcuni “profit warning” rilevanti come quello della società di trasporti su rotaia CSX e della regina dello streaming video Netflix, che comincia ad accusare la concorrenza di altri operatori come Disney ed Amazon.

L’Area Euro perde lo 0,50% dell’indice Eurostoxx 50 mentre il Giappone lascia sul terreno l’1% dell’indice Nikkei 225. Il nostro mercato domestico pur avendo ben tenuto inizialmente alla montante crisi tra i due alleati di governo, ha ceduto sul finale di settimana lasciando sul terreno il 2,44% con il differenziale del BTP decennale rispetto al Bund tedesco in lieve miglioramento sulla settimana, ma in deciso indebolimento nell’ultima seduta di venerdì. In controtendenza invece gli Emergenti chiudono positivi (Indice MSCI Emerging 0,63% grazie anche al taglio dei tassi inatteso da parte della Corea del Sud e dell’Indonesia, forse ad anticipare la prossima mossa della Federal Reserve. Anche sui mercati obbligazionari l’attesa e l’incertezza l’hanno fatta da padrone Disorientati tra dati che indicano una forza inaspettata delle economie, si pensi al dato della Federal Reserve di Filadelfia, nota nel cerchio degli adepti come Philly Fed”, che indica una ripresa repentina ed inaspettata dell’economia statunitense, e dubbi sulle prospettive del commercio internazionale, i rendimenti sulle curve principali di Stati Uniti e Germania sono tornati a scendere Il Bund decennale chiude ad un rendimento di 0,32% (-11 punti base) ed il Treasury USA per pari scadenza chiude a 2,06% arretrando di 6 punti base. Quanto alle commodity prosegue la sua ascesa l’oro che tocca i 1.452 dollari l’oncia, i massimi da sei anni, per poi chiudere a 1. 425 mentre il petrolio torna a correggere dopo il rialzo della settimana precedente con il Brent che chiude a 62,5 dollari al barile (-6,4%) nonostante proseguano le tensioni tra Iran e Gran Bretagna nello stretto di Hormuz. Infine sulle divise cambio euro/dollaro volatile in settimana, ma con dollaro in rafforzamento sul finale a 1.122.

In conclusione, alcune ansie esistenziali dei mercati saranno risolte a breve. Infatti, già questa settimana avremo le risposte della Banca Centrale Europea e la successiva quelle della Fed, che sulla base delle dichiarazioni della settimana scorsa del Presidente della Federal Reserve di New York, John Williams, dovrebbe abbassare i tassi almeno di un quarto di punto. Altre probabilmente saranno procrastinate il tanto atteso accordo tra Stati Uniti e Cina è ancora prematuro, la direzione futura dell’economia globale ancora incerta. E noi “della finanza non possiamo che ripetere le parole di Vladimir ed Estragon che facciamo andiamo? Si, andiamo.

Azioni. Non ci sono stati grandi movimenti. Sono arrivati i primi risultati delle trimestrali, ma non sono ancora significativi. I mercati azionari sono ancora supportati dagli annunci di un taglio preventivo dei tassi di interesse da parte della Fed. Lo S&P 500 rimane vicino ai massimi di sempre, ma scende sotto quota 3.000 e i titoli Growth(crescita) continuano a sovraperformare. Il rialzo dei mercati azionari dall’inizio di giugno contrasta con il calo dei tassi a lungo termine. I rapporti prezzo utili sono ritornati ai livelli di equilibrio che ovviamente possono essere superati, tuttavia le stime sugli utili  (+11% nel 2020 secondo Ibes) lasciano poche speranze di una revisione al rialzo.

Obbligazioni governative. I tassi dei titoli di Stato dei Paesi core sono scesi; il rendimento dei Treasury decennali USA è calato di 6 pbe quello dei Bund decennali di 11 pb. Lo spread tra i BTP decennali italiani e i bund decennali tedeschi si è leggermente ristretto. La curva USA 2-10 anni è rimasta invariata, mentre la curva tedesca si è appiattita. Se da un lato i dati sull’economia USA continuano a essere positivi, dall’altro i risultati deludenti dell’indice tedesco ZEW hanno aumentato la pressione sulla curva tedesca. Inoltre, questa settimana sono cresciute le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Bcde già nel corso della riunione di luglio. Lo spread tra BTP e Bund si è ampliato sul finire di settimana perché si teme che la recente escalation delle tensioni tra i due partiti di governo in Italia possa sfociare in elezioni anticipate.

Obbligazioni corporate. Gli spread delle obbligazioni high yield si sono ampliati di circa 10 punti base durante la settimana, ma sono rimasti stabili nel segmento investment grade, a conferma di una maggiore divergenza sul mercato tra obbligazioni societarie più rischiose e quelle scambiate con un rendimento negativo.  Gli investitori sembrano essere più riluttanti ad acquistare i titoli ciclici e quelli più sensibili al commercio mondiale. Vista la ripresa generalizzata dei mercati del credito alimentata dalla rinnovata caccia al rendimento in un momento in cui le banche centrali si apprestano a lanciare un nuovo round di allentamento quantitativo, consigliamo una maggiore selettività perché non si sa come potrebbero reagire le aziende più pesantemente  indebitate se ci fosse un rallentamento congiunturale.

Tassi di cambio. Nell’ambito delle valute dei Paesi del G10, il cambio effettivo del dollaro è rimasto pressoché invariato. Le valute che si sono maggiormente apprezzate nei confronti del dollaro americano sono state il dollaro neozelandese e quello australiano, mentre la performance peggiore è stata messa a segno dalla corona norvegese e dalla sterlina. Tra le valute dei mercati emergenti, la lira turca e il peso argentino sono state quelle che hanno rispettivamente guadagnato e perso di più nei confronti del dollaro. I dati migliori del previsto giunti lunedì dalla Cina, con le vendite al dettaglio e la produzione industriale che hanno superato le aspettative e i dati sul PIL in linea con le stime, non hanno avuto un forte impatto sui mercati valutari. Sul fronte delle notizie negative, l’indice ZEW in Germania è stato deludente e rispecchia i timori relativi alle tensioni commerciali tra Usa e Cina, al conflitto con l’Iran e alla mancanza di progressi sulla Brexit.

Materie prime. Questa settimana il petrolio ha accusato il maggior calo da maggio. Il WTI è stato scambiato a 56 dollari al barile e il Brent a 62,5 dollari al barile nonostante le tensioni crescenti nel Medio Oriente dove una nave militare americana ha abbattuto un drone iraniano.  L’oro è salito oltre quota 1.425 dollari l’oncia visto l’atteggiamento estremamente accomodante della Fed in vista della prossima riunione di politica monetaria. Sono salite anche le quotazioni dei metalli di base. Alcuni segnali di stabilizzazione del settore manifatturiero negli Stati Uniti dovrebbero essere favorevoli durante le prossime settimane e l’allentamento delle condizioni finanziarie dovrebbe consentire alle materie prime di partecipare al  rally degli altri attivi rischiosi. Il tono accomodante della Fed sosterrà il mercato delle commodity, in particolare l’oro, mentre le questioni geopolitiche rimangono il fattore di incertezza che potrebbe condizionare il prezzo del petrolio. Il quadro appare favorevole anche ai metalli di base qualora a patto che ci sia una ripresa mondiale del settore manifatturiero.

Stati Uniti. I consumi americani rimangono  vivaci. A giugno le vendite al dettaglio sono salite dello 0,4% su base mensile confermando il vigore della spesa al consumo; sia l’inflazione complessiva, sia quella sottostante sono aumentate, quest’ultima in modo sorprendentemente consistente (vendite al dettaglio core +0,7% mensile rispetto a una previsione media di +0,3% mensile), a cui vanno ad aggiungersi le revisioni positive dei dati del mese precedente. Le vendite delle automobili hanno registrato un incremento dello 0,7%, lo stesso evidenziato dall’indicatore principale delle vendite al dettaglio, compensando il calo delle vendite di benzina presso i distributori (-2,8% mensile).  Questo quadro positivo è stato generalizzato e ha interessato le diverse categorie, in particolare i rivenditori senza punti vendita e le farmacie e le parafarmacie hanno più che compensato la debolezza delle vendite nei grandi magazzini.

Zona Euro. A un passo dall’introduzione di un’importante riforma pensionistica in Francia. I principi cardine di una probabile riforma del sistema pensionistico sono stati annunciati mercoledì 18 luglio. Il maggior cambiamento sarà il raggruppamento degli attuali quaranta sistemi pensionistici in un unico schema e l’istituzione di un sistema a punti in cui le pensioni erogate corrisponderanno ai contributi versati. Il voto sulla riforma è previsto per il primo trimestre del 2020 e l’implementazione dovrebbe avvenire a partire dal 2025. Questa riforma sarà un importante banco di prova per lo slancio riformista del governo dopo la crisi dei gilet gialli degli ultimi mesi. Se coronata da successo, questa riforma dovrebbe rendere il sistema pensionistico più comprensibile e gestibile, tuttavia non è da escludere che incontri un’opposizione significativa e che generi nuove tensioni sociali.

Mercati Emergenti. Lunedì 15 luglio la Cina ha diffuso numerosi dati sull’economia. Il PIL è cresciuto nel secondo trimestre del 6,2% su base annua, in flessione rispetto al 6,4% del trimestre precedente: a giugno, la produzione industriale è aumentata del 6,3% annuo, in crescita rispetto al 5% di maggio; a giugno, le vendite al dettaglio si sono attestate al 9,8% annuo, in rialzo rispetto all’8,6% di maggio, mentre le attività immobiliari (escluse quelle rurali) sono salite al 5,8%, in aumento rispetto al 5,6%. I dati sul Pil, leggermente inferiori alle nostre aspettative, non cambieranno le nostre previsioni riguardo a un lieve rallentamento dell’economia cinese nel 2019. D’altro canto i robusti dati mensili riflettono fattori temporanei come la variazione delle emissioni standard (a partire dal 1°luglio) e le successive riduzioni delle scorte. Nel complesso, gli stimoli introdotti dovrebbero essere sufficienti a prevenire un brusco atterraggio dell’economia.

Giappone. A giugno i volumi delle esportazioni sono calati rispetto all’anno precedente; si tratta dell’ottavo calo mensile consecutivo. L’acciaio, i dispositivi elettronici, le attrezzature per la produzione di semiconduttori e la componentistica auto hanno contribuito a questa flessione. Le spedizioni negli Stati Uniti hanno continuato a essere vigorose, mentre quelle nell’Unione europea hanno perso slancio. Le esportazioni verso l’Asia hanno mostrato qualche segno di stabilizzazione perché c’è stata una ripresa graduale della domanda cinese. L’aumento delle spedizioni di automobili ha in parte compensato il quadro desolante dell’elettronica. La  crescita economica negli USA rimane discreta e dovrebbe sostenere le esportazioni verso quel Paese. Tuttavia, non è detto che la dinamica favorevole delle spedizioni di automobili sia destinato a durare.  Gli Stati Uniti hanno sospeso a maggio l’applicazione di dazi più alti sulle automobili e sulla componentistica auto. Tuttavia, dopo le elezioni della Camera alta che si terranno il 21 luglio in Giappone, il presidente Trump potrebbe nuovamente evocare la mancanza di condizioni paritetiche nell’ambito del  commercio e dei tassi di cambio.

Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi SGR

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