Pramerica SGR. Mercati e guerra fredda digitale. Articolo di Ed Campbell

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il Presidente della Repubblica popolare Cinese, Xi Jinping in occasione di un recente incontro

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump e il Presidente della Repubblica popolare Cinese, Xi Jinping in occasione di un recente incontro

Ci muoviamo verso una vera guerra commerciale o ci sono ancora possibilità di un accordo? Da inizio anno abbiamo assistito a un rally significativo spinto da diversi sviluppi positivi, tra questi il cambio di passo della Fed verso un atteggiamento più accomodante ed i progressi sui negoziati commerciali che facevano pensare ad un accordo. Adesso, dobbiamo fare i conti con un’inversione a 180 gradi nei negoziati e un’escalation delle tensioni. Nonostante questo, siamo davvero a pochi punti percentuali dai recenti massimi per l’S&P500 quindi da questi livelli sono possibili ulteriori ribassi. Nonostante quanto accaduto a nostro avviso ci sono ancora possibilità di raggiungere un accordo tra USA e Cina, specie in vista dell’incontro del prossimo mese al G20 ma ci sono anche chance che i negoziati collassino. La realtà è che nessuno sa come andranno a finire le cose, questo perché sono in gioco questioni cruciali come i diritti di proprietà intellettuale, il trasferimento forzato di tecnologia, i sussidi statali alle società. Non sappiamo quanto il governo cinese sia disposto a concessioni, né quanto realmente Trump voglia insistere su questi aspetti. Ci sono molte incognite, compreso come si procederà in negoziazioni che appaiono sempre più complesse. L’unica cosa che sappiamo è che le probabilità di una guerra commerciale oggi sono più alte rispetto a due settimane fa. In questo contesto consideriamo che esista un rischio asimmetrico al ribasso. Se firmassero un accordo, invece, sarebbe possibile che si riaccenda un rally verso nuovi massimi. In caso negativo, i ribassi potrebbero portarci a una ulteriore correzione del 10%. A nostro avviso gli investitori posso proteggersi dai rischi di una guerra commerciale, riducendo l’esposizione ad asset class più rischiose come azionario, mercati emergenti, small cap, ma mantenendo un atteggiamento snello e flessibile. Ad esempio, se dovessimo assistere a una severa escalation nelle tensioni commerciali, sarebbe possibile che il governo cinese decida di intervenire massicciamente a favore dell’economia. Il risultato sarebbe un potente rally, dopo un selloff. Quindi, è importante essere preparati a sfruttare le occasioni di questa guerra commerciale. In questo momento però gli investitori preferiscono comprare “assicurazioni” come i Treasuries americani o l’oro.

Questa incertezza ha un peso sull’economia USA, amplificando i rischi al ribasso per i profitti societari e la crescita del Pil. L’impatto diretto dei dazi sulla crescita del Pil americano è minimo perché gli USA non sono una grande “Trading Nation”, il commercio rappresenta una parte ristretta. Ma gli effetti di secondo ordine – in caso di escalation – come un’erosione della fiducia dei consumatori e delle imprese, un restringimento delle condizioni finanziarie, possono essere più significativi. Il rischio per i profitti societari, invece, dipende dai margini, da un possibile restringimento se i costi degli input dovessero aumentare senza che il costo venga scaricato sui consumatori (in tal caso assisteremmo anche a un temporaneo piccolo aumento dell’inflazione). La Fed continua a ripeterci che l’attuale livello di politica monetaria è appropriato, come sottolineato nelle minute appena pubblicate.  Il mercato però continua ad aspettarsi che la Fed tagli i tassi entro la fine dell’anno. Affinché la Fed tagli i tassi, l’inflazione dovrà rimanere costantemente sotto il target, dovremo registrare un aumento dei rischi di recessione, cosa che potrebbe accadere nel caso di escalation delle tensioni commerciali. La Fed ha ancora munizioni e non esiterà a utilizzarle in caso di bisogno.

Ed Campbell, senior portfolio manager di QMA (gestore delegato di Pramerica SGR)

 

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