Capital Group. I tempi non sono ancora maturi per l’orso. Commento di Rob Lovelace

mercati-finanziari-spreadNegli ultimi dieci anni i mercati azionari statunitensi hanno esibito una notevole resilienza; dunque gli investitori si chiedono ora quanto potrà durare ancora questo bull market. La brusca correzione registrata nel quarto trimestre del 2018 ha evocato lo spettro di un’imminente stretta dell’orso, ma il sentiment degli investitori ha presto invertito la rotta quando la Federal Reserve ha interrotto il piano di irrigidimento monetario e le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti sembravano essersi appianate. Indubbiamente quest’anno si può dire nel segno di un vigoroso ritorno della solidità nei mercati, e crediamo che durerà per qualche tempo. Tutti i bull market prima o poi giungono a un termine, ma al momento i fondamentali di molte delle società che hanno trainato i mercati al rialzo a partire dal 2009 rimangono robusti.

Con lo S&P 500 in calo di quasi il 20% – in pratica in territorio ribassista – abbiamo chiesto a tutti i nostri analisti azionari se i fondamentali fossero peggiorati al punto da giustificare un declino del 20% per le società oggetto di copertura. Salvo pochissime eccezioni, la risposta è stata negativa. Abbiamo quindi concluso che la correzione del quarto trimestre è stata un’opportunità per acquistare società, che reputiamo interessanti in ottica di lungo periodo.

Se consideriamo i rendimenti degli indici, effettivamente nell’ultimo decennio gli Stati Uniti sono stati l’area migliore in cui investire. Tuttavia, dal nostro punto di vista, è più interessante osservare le singole società. Per esempio, forse non tutti sanno che, a partire dal 2009, molti dei migliori 50 titoli azionari di ogni anno in base al rendimento totale non sono statunitensi.

Quasi ogni anno nel corso della finestra temporale in questione, la maggior parte delle top 50 non risultavano basate negli Stati Uniti. Una predilezione sul piano geografico di questo tipo avrebbe quindi comportato la perdita di molte delle migliori opportunità. Noi non investiamo in paesi, regioni o economie: investiamo in società.

In Europa, molte delle società di maggiori dimensioni che compongono gli indici europei operano nel settore dei servizi finanziari, e in quello bancario in particolare. Le banche, negli ultimi anni, hanno vissuto un periodo difficile, in quanto la loro redditività è stata erosa dalla debole crescita economica nell’Eurozona e dai tassi d’interesse negativi. Per contro, molti dei maggiori costituenti degli indici statunitensi sono società tecnologiche o di e-commerce come Amazon, Apple, Microsoft e Alphabet, la capogruppo di Google. Prendendo in esame semplicemente gli indici, gli Stati Uniti godono di una potente spinta generata da società molto forti che sono all’avanguardia nell’innovazione tecnologica. Al contrario, l’Europa non può vantare lo stesso numero di protagonisti in questi segmenti e i rendimenti degli indici riflettono tale discrepanza. Il Vecchio Continente dà i natali ad alcune realtà di spicco nei settori dell’healthcare e del lusso – tra cui AstraZeneca, Novartis, LVMH e Kering – ma non può contare su società equivalenti a Facebook o Netflix.

Rob Lovelace, Equity portfolio manager e David Polak, Investment director di Capital Group

 

 

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