Robeco. Rischi sovrastimati per l’azionario europeo. Commento di Léon Cornelissen

TRADINGUna serie di avvenimenti, dalle scaramucce commerciali USA-Cina che influenzano la crescita europea alla Brexit, dal populismo ai bassi livelli del fiume Reno, hanno tutti portato a mantenere l’azionario europeo sottovalutato rispetto agli USA. Tuttavia, le prospettive sono più rosee di quanto credano gli operatori di mercato, specialmente in considerazione dei recenti dati positivi sulla fiducia dei consumatori e della probabilità di stimoli fiscali, in particolare in Germania. L’azionario europeo si è costantemente deprezzato nei confronti di quello USA su base relativa dal 2009, e un motivo spesso citato è il fatto che i rischi politici in Europa sono relativamente alti. Riteniamo che questi rischi siano sopravvalutati e limitati, nonostante tutta la retorica che li accompagna, e che i titoli europei siano relativamente attraenti.

L’economia europea è vittima indiretta della guerra commerciale USA-Cina. I dazi e le minacce reciproche sono stati un fattore determinante nel rallentamento dell’economia cinese, e le esportazioni europee – tra cui quelle delle autovetture tedesche – ne hanno risentito. Anche fattori una tantum, tuttavia, hanno pesato sulla produzione industriale tedesca. L’industria automobilistica ha avuto difficoltà ad adeguarsi alle nuove normative UE più stringenti in materia di emissioni, mentre i livelli eccezionalmente bassi del Reno hanno gravemente ostacolato la consegna di componenti industriali primari e intermedi e portato a restrizioni nel prelievo dell’acqua del fiume da parte delle aziende. Ma tutti questi fattori avranno natura temporanea: le spedizioni di auto tedesche, per esempio, hanno fatto osservare un forte aumento a dicembre.

Nel frattempo, una tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina – che hanno reciprocamente minacciato l’imposizione di tariffe su miliardi di dollari di merci – è adesso quasi certa. Le autorità cinesi, sebbene si pieghino alla realtà accettando obiettivi di crescita leggermente inferiori, pari a 6-6,5%, continueranno a intensificare gli stimoli fiscali e monetari. Il fattore che più ha determinato la tregua, a nostro parere, è stata la reazione sfavorevole dei mercati azionari alle tensioni in corso. Per questo motivo, riteniamo che sia improbabile che il presidente americano alimenti ulteriormente le tensioni con l’Europa, ad esempio imponendo dazi sulle automobili europee con la scusa di pericoli per la sicurezza nazionale, anche se Trump ha recentemente innalzato le tariffe per India e Turchia, revocando per ambedue lo status commerciale preferenziale.

Vi è poi la questione che ha dominato le pagine dei giornali di recente: l’addio doloroso e ancora incerto del Regno Unito all’Unione europea, previsto per il 29 marzo. “Nel momento in cui scriviamo, non è ancora chiaro se e come la saga Brexit avrà fine”, dice Cornelissen. Ma le probabilità di una Brexit senza accordo (c.d. “no deal”) sono scese notevolmente. In sostanza, sono ora disponibili due opzioni: un ritardo (eventualmente seguito da un nuovo referendum, con i sondaggi che adesso indicano una maggioranza a favore del “Remain”) o l’accettazione da parte del Parlamento dell’accordo di uscita dall’Unione. La costante incertezza sulla Brexit sta cominciando a ripercuotersi sull’economia del Regno Unito, ma le cose dovrebbero assestarsi una volta chiaro che una “hard Brexit” sarà evitata in qualsiasi scenario.

Un altro membro problematico dell’Unione è stato l’Italia. La tregua tra la Commissione europea e il governo populista sul deficit dell’Italia ha portato a una stabilizzazione del premio al rischio dei titoli italiani nei confronti di quelli tedeschi. I mercati hanno comprensibilmente mostrato segni di disagio dopo la formazione del governo populista, ma adesso sembrano essersi calmati.

Infine, le due principali banche centrali del mondo, la FED e la BCE, hanno progressivamente adottato un atteggiamento più accomodante. Il 7 marzo, la BCE ha annunciato una nuova operazione mirata di rifinanziamento a due anni (cosiddetto “TLTRO”), in parte anche per consentire un “rollover” di quella in corso. La BCE ha inoltre modificato la guidance, escludendo qualsiasi rialzo dei tassi nel corso dell’anno. Alcuni stimoli fiscali sono già in cantiere per l’economia tedesca, in misura pari allo 0,3-0,4% del PIL. Il probabile successore della cancelliera Angela Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer, sta valutando l’idea di tagli fiscali per rilanciare l’economia tedesca. La crescita dei salari sta anch’essa accelerando come conseguenza di condizioni “tese” del mercato del lavoro, il che fa ben sperare per i consumi interni. Tutto considerato, riteniamo che gli investitori siano troppo pessimisti per quanto riguarda l’Europa. Sebbene alcuni problemi debbano ancora essere risolti, ci attendiamo un rimbalzo delle economie europee nella seconda metà del 2019.

A cura di Léon Cornelissen Capo Economista di Robeco

 

 

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