Unigestion. Perché i mercati continuano il loro rally nonostante l’economia rallenti

borsa_59286548La nostra visione prudente sugli asset orientati alla crescita è stata trainata principalmente dal deterioramento indicato dal Growth Nowcaster proprietario. Per come è costruito, questo indicatore valuta lo stato attuale della crescita economica globale esaminando un’ampia gamma di dati economici nelle varie regioni, evitando al contempo i ritardi temporali insiti nelle comunicazioni dei dati ufficiali del PIL. Pertanto, quando abbiamo visto una forte decelerazione nel nostro Growth Nowcaster, eravamo fiduciosi che i dati ufficiali avrebbero confermato le nostre convinzioni:

  • Al di là dello scetticismo che alcuni potrebbero avere sulla veridicità dei dati, a fine gennaio la crescita ufficiale della Cina per il 2018 è stata del 6,6%, il livello più basso dal 1990. Anche se ciò era in linea con le aspettative del mercato, tale percentuale dimostra che le misure di allentamento non hanno ancora dato una svolta all’economia cinese.
  • In Europa, le preoccupazioni per la recessione che avevamo sollevato in precedenza stanno venendo alla luce. Come riportato alla fine del mese scorso, l’Italia è in recessione tecnica dopo la contrazione dello 0,2% dell’economia nel quarto trimestre del 2018 e dello 0,1% nel terzo. La Germania è riuscita a malapena ad evitare la recessione, crescendo sempre meno nel quarto trimestre del 2018, dopo aver subito una contrazione dello 0,2% nel terzo. E venerdì scorso, gli indici IFO Business Climate e Expectations hanno registrato livelli al di sotto del consenso: il secondo, che fornisce una visione a sei mesi, è ora a livelli che non si vedevano dalla crisi del debito sovrano dell’Eurozona.

È importante sottolineare che l’attività economica degli Stati Uniti è rimasta forte fino al terzo trimestre del 2018. Allo stesso tempo però, il nostro US Growth Nowcaster è diminuito significativamente negli ultimi due mesi del 2018: osserveremo quindi con attenzione i numeri del PIL dell’ultimo trimestre 2018.

…non hanno fermato il rally dei mercati azionari

Dopo le significative vendite degli ultimi tre mesi del 2018, quando i mercati hanno iniziato a prezzare i titoli attribuendogli una discreta probabilità di recessione, a gennaio le Borse sembravano essere state solo sfiorate da questi dati deludenti e hanno continuato il loro rally. Nel corso di febbraio, l’S&P 500 è aumentato del 3,3%, mentre l’EuroStoxx 50 è aumentato del 3,5%; l’indice Hang Seng è salito del 3,1% e l’MSCI ACWI è cresciuto del 2,6%.

Ci sono alcune importanti eccezioni, come indicato dall’indice MSCI Emerging Market Index, che è cresciuto solo dello 0,8% rispetto al mese. Ma gran parte di questa sottoperformance è dovuta al rischio politico idiosincratico in paesi come India, Turchia, Brasile e Russia.

Il mercato sta guardando attraverso questi dati macroeconomici e si aspetta un rimbalzo della crescita. La domanda è se questa possa provenire da una ripresa della domanda oppure da una politica monetaria più accomodante.

Il rally sembra essere fragile e guidato da fattori tecnici

L’apparenza può essere ingannevole e crediamo che l’andamento dei mercati azionari sia un buon esempio di questo principio. Partendo da prospettive differenti ed esaminando un universo più ampio di dati di mercato, ci sembra che questo rally abbia meno a che fare con i macro-fondamentali dell’economia o il repricing della crescita e più con il posizionamento e la scarsa liquidità. In particolare:

  • Cross-asset: mentre le azioni hanno registrato un forte aumento, altri asset orientati alla crescita, come il credito, sono rimasti sostanzialmente piatti. Ad esempio, l’indice Barclays US Corporate High Yield è cresciuto solo dell’1,2%, mentre l’Investment Grade Index è cresciuto dello 0,3%. Gli spread BAA sono sostanzialmente invariati nel mese. In effetti, il nostro fattore di crescita basato sui prezzi di mercato, che si fonda su un’analisi delle principali componenti dei rendimenti cross-asset, annaspa da metà gennaio, il che suggerisce che il rialzo dei titoli azionari non è trainato da un ampio repricing giustificato dalla crescita economica.
  • Posizionamento: l’esame dei beta azionari impliciti per una varietà di investitori suggerisce che il posizionamento rimane relativamente leggero per i fondi comuni di investimento, i fondi equity long/short hedge fund e i fondi a parità di rischio: tutti al di sotto o intorno al loro beta medio storico.
  • Flussi: dopo il forte arretramento dei fondi comuni di investimento a lungo termine azionari globali e degli ETF in dicembre, i flussi verso questi fondi sono rimasti sostanzialmente stabili quest’anno. Anche i flussi degli istituzionali sembrano essere diventati negativi nelle ultime settimane, suggerendo che il rally non beneficia del ritorno degli investitori sul mercato dopo le vendite di dicembre.
  • Liquidità: come indicato dall’Hui-Huebel Ratio, una misura dell’ammontare delle variazioni dei prezzi in volume, la liquidità nei futures S&P si è prosciugata in dicembre. Ha iniziato a riprendersi a metà gennaio, ma rimane ancora molto bassa su base storica. In Europa, l’EuroStoxx 50 è salito di circa l’1% questa settimana, nonostante il volume sia inferiore del 35% circa alla media mobile a 15 giorni. A nostro avviso, questa mancanza di liquidità è una delle ragioni principali per cui i mercati azionari hanno spinto verso l’alto e potrebbe essere un fattore molto problematico se il sentiment diventasse ribassista.

Fino a quando non vedremo un’inversione di tendenza nel contesto macroeconomico o finché il mercato non allineerà i prezzi ai dati, manterremo la nostra posizione prudente sugli asset orientati alla crescita nel medio termine, poiché riteniamo che la ripresa dei mercati azionari non sia giustificata dai fondamentali sottostanti, che continuano a deteriorarsi e a deludere, ma piuttosto a fattori tecnici che potrebbero facilmente invertire la propria tendenza.

 

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