Banca d’Italia. Pil Italia senza slancio nel 2019 (+0,6%), cala la capacità produttiva e sale l’indebitamento nel prossimo triennio (2%)

Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia

Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia

Negli ultimi mesi è proseguita la crescita dell’economia mondiale, ma si sono manifestati segnali di deterioramento ciclico in molte economie avanzate ed emergenti; continuano a peggiorare le prospettive del commercio mondiale, dopo il rallentamento nella prima parte dello scorso anno. Le incertezze sul quadro congiunturale hanno avuto ripercussioni sui mercati finanziari internazionali, con una flessione dei rendimenti a lungo termine e la caduta dei corsi azionari. Sulle prospettive globali gravano i rischi relativi a un esito negativo del negoziato commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina, al possibile riacutizzarsi delle tensioni finanziarie nei paesi emergenti e alle modalità con le quali avrà luogo la Brexit. Nell’area dell’euro la crescita si è indebolita; in novembre la produzione industriale è diminuita significativa-mente in Germania, in Francia e in Italia. L’inflazione, pur restando su valori ampiamente positivi, è scesa per effetto del rallentamento dei prezzi dei beni energetici. Il Consiglio direttivo della BCE ha ribadito l’intenzione di mantenere un significativo stimolo monetario per un periodo prolungato. E’ quanto si legge bel Bollettini di gennaio diffuso oggi dalla Banca d’Italia.

In Italia, dopo che la crescita si era interrotta nel terzo trimestre, gli indicatori congiunturali disponibili suggeriscono che l’attività potrebbe essere ancora diminuita nel quarto. All’indebolimento dei mesi estivi ha contribuito la riduzione della domanda interna, in particolare degli investimenti e, in misura minore, della spesa delle famiglie. Secondo il consueto sondaggio congiunturale condotto dalla Banca d’Italia in collaborazione con Il Sole 24 Ore, nel 2019 i piani di investimento delle imprese dell’industria e dei servizi sarebbero più contenuti a seguito sia dell’incertezza politica ed economica sia delle tensioni commerciali. L’andamento delle esportazioni italiane è risultato ancora favorevole nella seconda metà dell’anno; il rallentamento del commercio globale ha però influenzato le valutazioni prospettiche delle imprese sugli ordinativi esteri. Resta ampiamente positivo il saldo di conto corrente; continua a migliorare la posizione debitoria netta sull’estero del Paese, che si è ridotta alla fine di settembre a poco più del 3 per cento del PIL. Nel trimestre estivo sono aumentate le ore lavorate mentre il numero di occupati è lievemente diminuito; secondo i primi dati disponibili, in autunno l’occupazione sarebbe rimasta sostanzialmente stazionaria. È proseguito l’incremento delle retribuzioni contrattuali in tutti i comparti. L’inflazione complessiva si è ridotta in dicembre all’1,2 per cento, soprattutto per effetto del rallentamento dei prezzi dei beni energetici; la dinamica della componente di fondo si è mantenuta debole (0,5 per cento). Sono state riviste lievemente al ribasso le aspettative delle imprese sull’andamento dei prezzi. I premi per il rischio sui titoli sovrani sono scesi, per effetto dell’accordo tra il Governo italiano e la Commissione europea sui programmi di bilancio; il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e di quelli tedeschi a metà gennaio era di circa 260 punti base, 65 in meno rispetto ai massimi di novembre. Le condizioni complessive dei mercati finanziari restano tuttavia più tese di quelle osservate prima dell’estate.

I corsi azionari delle aziende di credito sono diminuiti in media del 14 per cento dalla fine di settembre, riflettendo, come nel complesso dell’area dell’euro, un peggioramento delle prospettive di crescita. Dalla fine dello scorso anno i premi per il rischio sui titoli obbligazionari del settore bancario si sono tuttavia ridotti per l’allentamento delle tensioni sui titoli sovrani. A metà gennaio i premi sui CDS delle principali banche erano di 40 punti base inferiori rispetto alla metà di novembre.

Le condizioni di offerta del credito rimangono nel complesso distese; i tassi di interesse sui prestiti sono solo lievemente più elevati che in maggio, prima del manifestarsi delle tensioni sul mercato dei titoli di Stato. In prospettiva, però, il persistere dell’elevato livello dei rendimenti sovrani e del costo della raccolta bancaria continuerebbe a spingere al rialzo il costo del credito. Negli ultimi sondaggi le imprese indicano condizioni di accesso al credito meno favorevoli.

La riduzione dell’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti è proseguita, raggiungendo il 4,5 per cento nel terzo trimestre al netto delle rettifiche, 1,8 punti in meno rispetto a un anno prima. Anche il flusso dei nuovi crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti resta contenuto (1,7 per cento, nel trimestre, correggendo per fattori stagionali e in ragione d’anno).

La manovra di bilancio accresce il disavanzo degli anni 2019-2021 rispetto al suo valore tendenziale; secondo le valutazioni ufficiali l’indebitamento netto si collocherebbe al 2 per cento del PIL nell’anno in corso, interrompendo il calo in atto dal 2014. In considerazione delle modifiche apportate alla manovra, che nella versione inizialmente presentata era coerente con un obiettivo di disavanzo per il 2019 pari al 2,4 per cento del PIL, la Commissione europea ha deciso di non avviare nella fase attuale una Procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti dell’Italia.

In questo Bollettino si pre-sentano le proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana nel triennio 2019-2021. Le proiezioni aggiornano quelle prodotte nell’ambito dell’esercizio previsivo dell’Eurosistema, che utilizzavano i dati diffusi fino al 27 novembre.

La proiezione centrale della crescita del PIL è pari allo 0,6 per cento quest’anno, 0,4 punti in meno rispetto a quanto valutato in precedenza. Alla revisione concorrono: dati più sfavorevoli sull’attività economica osservati nell’ultima parte del 2018, che hanno ridotto la crescita già acquisita per la media di quest’anno di 0,2 punti; il ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese che risulta dagli ultimi sondaggi; le prospettive di rallentamento del commercio mondiale. Sono invece moderatamente positivi gli effetti sulla crescita dell’accordo raggiunto dal Governo con la Commissione europea: l’impatto favorevole della diminuzione dei tassi di interesse a lungo termine compensa ampiamente quello degli interventi correttivi apportati alla manovra. Le proiezioni centrali della crescita nel 2020 e nel 2021 sono dello 0,9 e dell’1,0 per cento, rispettivamente. La dispersione della distribuzione di probabilità attorno a questi valori centrali è particolarmente ampia.

L’inflazione aumenterebbe gradualmente, dall’1,0 per cento quest’anno all’1,5 nella media del biennio successivo, a seguito dell’incremento delle retribuzioni private e del graduale allineamento delle aspettative di inflazione. Oltre ai fattori globali di incertezza già ricordati, i rischi al ribasso per la crescita sono legati all’eventualità di un nuovo rialzo dei rendimenti sovrani, a un più rapido deterioramento delle condizioni di finanziamento del settore privato e a un ulteriore rallentamento della propensione a investire delle imprese. Un più accentuato rientro delle tensioni sui rendimenti dei titoli di Stato potrebbe invece favorire ritmi di crescita più elevati.

 

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