Allianz Global Investors. L’analisi sulla Brexit

Il Parlamento inglese

Il Parlamento inglese

Il 15 gennaio, il primo ministro britannico Theresa May ha subito una clamorosa sconfitta parlamentare sul voto per l’accordo con l’UE, con 432 parlamentari che hanno votato contro il disegno di legge (tra cui 118 parlamentari del partito conservatore) versus 202 a favore. Il disegno di legge stabiliva i termini dell’uscita del Regno Unito dall’UE il 29 marzo, dando il via a un periodo di transizione di 21 mesi che avrebbe potuto portare a un accordo commerciale. Si prospettano ora un paio di settimane incerte. In risposta al voto, il leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn ha presentato una mozione di sfiducia, aprendo potenzialmente l’ipotesi di elezioni anticipate. A nostro avviso è improbabile che questa mozione abbia successo. Secondo l’emendamento presentato dal deputato conservatore Dominic Grieve, Theresa May ha tempo fino al 21 gennaio per tornare in parlamento con un “Piano B”.

La gravità della sconfitta della May sottolinea ancora una volta il profondo divario tra i parlamentari e suggerisce che raggiungere una maggioranza per un accordo in una possibile seconda votazione sarà molto difficile, a meno non ci siano concessioni concrete da parte dell’UE o cambiamenti nella posizione del governo.

Realisticamente, c’è poco margine per concessioni sostanziali da parte dell’UE, ad eccezione di superficiali ritocchi alla dichiarazione non giuridicamente vincolante sulla futura partnership. Ad esempio, l’UE potrebbe presentare ulteriori “chiarimenti” non vincolanti su come gestire il sistema doganale con l’Irlanda entro un determinato periodo di tempo.

Nel frattempo, le lancette dell’orologio Brexit si muovono veloci. Mancano poco più di 70 giorni alla data prevista per l’uscita del Regno Unito dall’UE. È difficile al momento comprendere come evolverà il programma sulla Brexit. Per questo, è sempre più realistica la prospettiva di una dilazione della scadenza del 29 marzo.

La sconfitta dei Commons subita da Theresa May potrebbe darle l’opportunità di cambiare marcia, aprendo le porte a un confronto tra i partiti in vista di un secondo voto parlamentare. Allo stesso modo, la probabile sconfitta della mozione di sfiducia dell’onorevole Corbyn potrebbe indurla a prendere una nuova posizione. Se spingerà o meno per un secondo referendum, rimane un’incognita.

In questo contesto, riteniamo che un’estensione della scadenza del 29 marzo sia lo scenario più probabile. La questione principale è su quali basi l’UE accetti questa dilazione.

Mentre un “no-deal Brexit” rimane un risultato potenziale, gli ostacoli verso uno ”scontro” sul 29 marzo sono aumentati a seguito (i) della sentenza della Corte di Giustizia europea secondo cui il Regno Unito può revocare unilateralmente l’articolo 50, e a seguito del (ii) voto che dà ai parlamentari un maggiore controllo sui negoziati.

 Guardando al futuro: L’incertezza persiste. Anche se venisse evitato uno scenario “catastrofico”, l’incertezza persisterebbe, dato che qualsiasi accordo di ritiro si limiterebbe a definire il contesto per i futuri rapporti commerciali. Pertanto, gli investitori e le aziende devono prepararsi a una vasta gamma di scenari.

L’impatto della Brexit sarà disomogeneo. Qualunque sarà “l’esito finale” della Brexit, sembra inevitabile un aumento delle frizioni nei rapporti commerciali con l’Europa. Ciò influenzerà in modo diverso gli Stati membri dell’UE, il Regno Unito e i suoi vari settori. Per il Regno Unito, il tempo e una politica commerciale attiva saranno necessari per attenuare alcune perdite legate alle maggiori restrizioni negli scambi dell’UE, anche se potrebbero non riuscire a compensarle completamente.

La Brexit implica un andamento irregolare per gli asset UK. Il mercato azionario del Regno Unito non corrisponde all’economia del Regno Unito. Il 70% del fatturato delle aziende del FTSE 100 è infatti generato all’estero. La dicotomia tra i titoli UK focalizzati sul mercato domestico o internazionale potrebbe certamente continuare.

 

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