Degroof Petercam AM. Outlook 2022: l’importanza della selezione nelle varie classi di investimento per i prossimi anni

FOTO MERCATI FINANZIARILe trattative commerciali tra Cina e Stati Uniti e i cambiamenti – sia sistemici sia dei rapporti di forza – all’interno dell’Unione europea sono solo due delle tematiche che incideranno sull’andamento dei mercati finanziari nel corso del 2019. Le aspettative per il commercio mondiale prevedono già una decelerazione nei mesi a venire anche a causa delle prospettive modeste sul fronte della crescita globale. La salda crescita dell’economia statunitense e l’inflazione di base che si aggira attorno al 2% non fermeranno la Fed dall’alzare di nuovo i tassi d’interesse a breve. Nel frattempo, nonostante l’adozione di politiche monetarie piuttosto espansive in Cina, la crescita del credito cinese continua a decelerare, fatto che aumenta i rischi di un indebolimento dell’attività economica del Paese Per quanto riguarda l’inflazione, i salari ed i prezzi hanno reagito solo modestamente alla ripresa globale degli ultimi due anni: negli anni recenti, la crescita dei salari globale è divenuta sempre meno sensibile ai cambiamenti del mercato del lavoro.

La Fed adotterà un approccio prudente. Nel 2018, la combinazione tra gli stimoli fiscali e la spesa governativa dell’Amministrazione Trump ha giocato un ruolo cruciale per la buona salute di cui gode l’economia statunitense. Non ci si può però aspettare che questa situazione duri a lungo: il dollaro forte pesa sulle esportazioni e ci sono già dei segnali di incertezza in quei settori più sensibili all’aumento dei tassi d’interesse. Sul fronte dell’inflazione i dati inviano segnali contrastanti: nella prima metà del 2019 l’inflazione primaria diminuirà drasticamente a seguito della riduzione dei prezzi legati all’energia registrata alla fine del 2018; allo stesso tempo, l’inflazione di base rimarrà probabilmente salda poco sotto il 2%, come verificatosi fino ad ora.  Ci aspettiamo che la Fed, dopo l’ulteriore aumento dei tassi previsto per marzo, assuma una posizione più cauta.

L’attività economica dell’Eurozona si allinea alla crescita potenziale attesa. L’attività economica europea (osservata tramite l’indice PMI) sta tornando ai livelli del 2016, con tassi di crescita inferiori a quelli registrati in passato, quando l’economia europea era in fase di piena ripresa. Il tasso di disoccupazione dell’Eurozona è sceso all’8% e la crescita salariale è finalmente in risalita, anche se l’inflazione primaria sarà influenzata negativamente dall’evoluzione dei prezzi dell’energia. Nonostante la BCE abbia ufficializzato la fine della politica monetaria espansiva, il primo aumento dei tassi non dovrebbe avvenire prima di settembre 2019. Anche le incertezze legate alla Brexit sono ancora enormi: nonostante l’ipotesi di una Brexit meno drastica sia quella più accreditata, le tensioni intestine del governo inglese non fanno escludere la possibilità di un’uscita senza accordo da parte del Regno Unito.

La frenata del credito cinese si ripercuote sulla crescita. I decisori politici in Cina devono fare i conti con le conseguenze derivanti dalle tensioni internazionali e dal rallentamento della crescita del credito cinese. Il deprezzamento dello yuan, i tassi d’interesse interbancari più bassi, la riduzione delle tasse e l’incremento degli investimenti dovrebbero rappresentare misure espansive in grado di stabilizzare la situazione nel lungo termine. Più in generale, nei mercati emergenti, nonostante le diversità e le specificità delle varie regioni, i rischi economici si sono comunque molto ridotti rispetto al passato.

Obbligazionario. Un rallentamento della crescita globale non necessariamente si traduce in una fase di stallo o in una recessione. Nel panorama europeo, la crescita e la conseguente stabilizzazione del rendimento del Bund a 10 anni dipende dalle decisioni della Banca Centrale Europea su quando e con che frequenza alzare i tassi. Ci aspettiamo che il consolidamento dei livelli avverrà nell’ultimo semestre del 2019: ciò significa che è verosimile aspettarsi che i tassi sulle obbligazioni tedesche a 10 anni terminino il 2019 sopra i 50 bps ma sotto i 95 previsti dal consenso di mercato. A fronte di un’inflazione salariale su base annua sostenuta, l’inflazione primaria sarà esposta ad una maggiore volatilità e agli effetti delle correzioni sui prezzi dell’energia del 2018. Sul fronte statunitense, negli ultimi tre anni i tassi reali e nominali sono stati guidati verso una graduale normalizzazione. Essendo i rendimenti reali legati alla crescita economica, il rallentamento di quella statunitense si tradurrà in un consolidamento dei tassi reali. Ci aspettiamo che la Fed alzi i tassi solo una volta nel 2019. Dalle percezioni di mercato, sembra che la curva dei Treasury si muoverà appiattendosi, risentendo comunque di una fase rialzista del mercato nel 2019.

L’universo dei bond ad alto merito creditizio è stato caratterizzato da una forte espansione negli ultimi anni. L’annuncio della fine della politica monetaria espansiva ha avuto un impatto sugli spread per lo più temporaneo e concentrato soprattutto sulla parte breve di curva. Alla fine del 2018 l’universo dei bond ad alto merito creditizio concede un rendimento di circa 1,4%: gli investitori dovrebbero guardare ad un orizzonte temporale d’investimento pari a cinque anni, per cui ci si può attendere un rendimento complessivo (che include l’effetto delle cedole e della curva degli spread) attorno al 2,45%.

Per quanto riguarda le obbligazioni societarie ad alto rendimento, essendo un investimento legato alla crescita economica, le valutazioni attuali ci portano ad assumere una posizione abbastanza neutrale verso questa classe di attivi.

Per quanto riguarda il debito dei mercati emergenti, ci aspettiamo che il divario tra la crescita reale delle economie sviluppate e quelle emergenti aumenti, affiancato da un differenziale di tassi di inflazione in calo. Il nostro outlook per il 2019 è perciò positivo. Continuiamo a selezionare obbligazioni in valuta locale di mercati emergenti i cui governi si distinguono per l’impegno profuso nell’affrontare sfide sociali e strutturali all’interno dei Paesi.

Azionario. Le condizioni macroeconomiche con cui si sta concludendo il 2018 pongono le basi per l’identificazione di opportunità di investimento: i mercati resteranno volatili, ma la volatilità crea il giusto contesto per beneficiare di alcune opportunità. L’avversione al rischio rimane alta: ciò si traduce nella possibilità, qualora i risultati delle aziende siano migliori di quelli attesi, di alimentare il rialzo del mercato azionario. Nel breve periodo, ci aspettiamo che gli investitori venderanno non appena si verificheranno dei rialzi del mercato, nell’ottica di riallocare le risorse tra azioni ed obbligazioni. In questo contesto, il divario di rendimento tra i titoli di stato e le azioni sta decisamente favorendo le seconde.

Infine, le società ad elevata capitalizzazione operanti in settori altamente regolamentati in Europa (telecomunicazioni, banche, servizi pubblici ed energia, settore automobilistico) dovranno fronteggiare le forti pressioni provenienti dalle varie autorità regolatorie e potrebbero risentire negativamente di tale difficile contesto normativo. Al contrario, le imprese europee a ridotta capitalizzazione rimangono in una posizione strategica migliore. Essendo fuori dal radar degli investitori, riescono a generare performance in un’ambiente meno complesso. Da notare inoltre che su un orizzonte temporale più lungo, le small cap europee non sottoperformano le loro pari statunitensi.

 

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