L’economista Trecroci: “E’ ancora possibile investire, ma con prudenza. Azioni, pochi titoli di Stato e molta liquidità”

Il professore Carmine Trecroci è docente di macroeconomia e scelte di portafoglio all'Università degli studi di Brescia. L’esperto suggerisce di puntare in chiave difensiva sui titoli anticiclici: alimentare, energetico e manifatturiero, ma di alleggerire o evitare quelli finanziari che sarebbero i primi ad essere penalizzati da un’eventuale inversione del ciclo della congiuntura

L’esperto suggerisce di puntare in chiave difensiva sui titoli anticiclici: alimentare, energetico e manifatturiero, ma di alleggerire o evitare quelli finanziari che sarebbero i primi ad essere penalizzati da un’eventuale inversione del ciclo della congiuntura

Giambattista Pepi. Dall’inizio dell’anno gli indici di Wall Street hanno azzerato tutti i guadagni del 2018. L’Europa (con Piazza Affari la peggiore che dall’inizio dell’anno ha perso oltre il 14,3% chiudendo la settimana scorsa a 18.714 punti) è negativa, mentre i listini dei Paesi emergenti sono in caduta libera. E’ uno storno, oppure siamo alla vigilia di una stagione recessiva per l’azionario? Finanzalternativa.it lo ha chiesto a Carmine Trecroci, docente di Scelte di portafoglio e Macroeconomia al dipartimento di Economia e Management dell’Università degli studi di Brescia. “Ci sono diversi indicatori che segnalano come l’economia mondiale stia fortemente rallentando soprattutto in alcuni comparti e in alcune aree. E’ troppo presto per dire se siamo di fronte ad una correzione del Pil o di altri indicatori macro, quello che è certo è che l’espansione dell’economia dura ininterrottamente da un decennio, specie negli Stati Uniti, ma anche in altre regioni, ma adesso si stanno accumulando una serie di tensioni che lasciano pensare ad un rallentamento della congiuntura. I mercati finanziari sono consapevoli di ciò e scontano nell’andamento dei prezzi le variazioni delle probabilità che si verifichi effettivamente un’inversione di tendenza del ciclo economico, degli utili delle imprese e del pagamento di cedole. Penso che i mercati continueranno ad essere caratterizzati da questo andamento discontinuo e con elevata volatilità”.

Nonostante i rischi al ribasso: la stretta monetaria delle Banche centrali, soprattutto la Fed, la guerra commerciale Usa-Cina e i rischi politici in Europa (Brexit e Italia) non sembra che siamo in presenza di cause dirompenti che giustifichino il deterioramento del ciclo economico. Eppure nei mercati c’è molto nervosismo, quasi avvertissero il presentimento che un ciclo economico storicamente tra i più lunghi, stia per finire.

“Il motivo per il quale la correzione non ha visto giornate particolarmente brusche è perché le condizioni a sostegno dell’andamento economico e dei mercati restano favorevoli. Sebbene sia in corso da due anni il processo di normalizzazione dei tassi di interesse negli Stati Uniti, abbiamo ancora tassi molto bassi praticati dalla Fed per questa fase economica. Il tasso di disoccupazione negli Usa è al 3,75%, il livello più basso dalla fine degli anni Settanta. In coincidenza di un valore così basso della disoccupazione, il tasso di interesse è ora 2,5 punti al di sotto della media storica. La politica monetaria resta ancora accomodante come anche quello della politica fiscale con i provvedimenti dell’amministrazione Trump. Questo non esclude che possano esserci correzioni nei prossimi mesi in questo contesto, non ultime le tensioni sui mercati finanziari e obbligazionari soprattutto nell’area dell’euro”.

Per quanto concerne i mercati del reddito fisso, è difficile valutare l’impatto della Brexit. In termini di rendimento, i Gilt britannici hanno riportato performance più brillanti rispetto ai Treasury statunitensi ma meno dei Bund tedeschi. Lo stesso vale per le obbligazioni indicizzate all’inflazione e per le obbligazioni societarie. Secondo lei ci sarà uno spostamento dall’equity verso l’obbligazionario?

“No. Le condizioni creditizie internazionali non sono favorevoli ai mercati del reddito fisso. Le valutazioni sono ancora molto alte, in particolare per il debito sovrano dei Paesi periferici dell’Unione europea, soprattutto per l’Italia. Anzi mi aspetto, paradossalmente, che non ci sia uno storno dall’azionario verso l’obbligazionario, ma se mai al contrario. Con un’attività di stock picking più drastica e quindi complessivamente il comparto sia sovrano che obbligazionario resti più o meno intorno ai livelli che osserviamo oggi”.

I portafogli molto orientati verso l’equity hanno subito una notevole contrazione di valore. Quale deve essere il comportamento dell’investitore?

“Manterrei un’allocazione molto prudente, non la sbilancerei a vantaggio dell’obbligazionario. Cercherei di spingere il meglio possibile su titoli anticiclici tipicamente del settore alimentare, dell’energia o dell’industriale manifatturiero. Non privilegerei al contrario quelli finanziari che potrebbero subire conseguenze dall’inversione del ciclo economico”.

Come ripartire il portafoglio ideale dell’investitore in questa fase di mercati instabili e volatili?

“Il 40% azionario, il 20% obbligazionario ed il resto liquidità. Escluderei, invece, oro e materie prime, che inevitabilmente risentono della percezione del mutamento di segno della congiuntura economica e, quindi, le cui quotazioni sarebbero più soggette a cali”.

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