Banche: arrivano gli stress test sulla tenuta dei conti, faro sulle big dell’Italia. Esame Eba su istituti europei, quattro le italiane

LOGO EBARoma – 2 novembre – Uno scenario macroeconomico duro, con una recessione che toglierebbe al Pil italiano un 2,7% in tre anni. Ma allo stesso tempo criteri meno rigidi per la valutazione dello spread, e dunque per i circa 380 miliardi di euro di titoli di Stato in portafoglio alle banche italiane.

Arrivano gli stress test dell’Autorità bancaria europea (Eba), l’organismo che da Londra vigila sulle banche dell’Unione europea affiancando la Banca centrale europea: e in assenza di sorprese, per le 4 italiane coinvolte, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi e Banco Bpm, non si prevedono bocciature o risultati dirompenti. Pur con risultati non tutti virtuosi: Bpm, in particolare, appare quella con l’eccedenza di capitale Cet1 più esile rispetto a quanto chiesto negli Srep della Bce 2018, di poco più di un punto percentuale.

   Gli scenari di ‘stress’ test, banco prova cui vengono sottoposti i bilanci delle maggiori 48 banche dell’Unione europea nelle ipotesi di grave recessione, balzo dei tassi, crollo dei prezzi immobiliari, partono del resto da una fotografia iniziale che è quella di fine 2017: qualche mese prima che il balzo degli spread della primavera di quest’anno facesse peggiorare nuovamente il quadro di numerosi istituti, tornando a far parlare di nuovi aumenti di capitale a causa dei prezzi delle azioni tornati ai minimi storici nelle ultime settimane, e del deterioramento dell’ingente attivo custodito sotto forma di Btp. E non ci saranno promossi o bocciati, non essendoci una soglia ufficiale di capitale Cet1.

Lo ‘scenario avverso’ vede per l’Italia un calo del Pil dello 0,6% nel 2018, dell’1,5% per il 2019 e -0,6% per il 2020, con disoccupazione in rialzo fino al 12,7% alla fine del periodo e un calo sensibile dei prezzi immobiliari (-7,3%, -4,9% e -0,1% rispettivamente). Per la Borsa si ipotizza un crollo del 35% quest’anno, del 31% il prossimo innescato da una Brexit in grado di scuotere i mercati, del 25% nel 2020.

Gioca a favore dell’Italia il fatto che le banche italiane più problematiche siano escluse dai test dell’Eba (a partire da Carige, che invece sarà passata al setaccio dalla Bce che a gennaio comunicherà i risultati ai singoli istituti, e Mps, esclusa dai test essendo del tesoro dopo il salvataggio).

   Gli analisti dell’agenzia di rating canadese Dbrs, nonostante lo scenario dell’Eba sia duro, notano i presupposti di partenza meno rigidi per gli spread e l’assenza di una soglia minima per il coefficiente patrimoniale Cet1 che risulta dopo lo stress simulato. Tutte e quattro le italiane appaiono ben al di sopra del 5,5% minimo di capitale Cet1 minimo fissato come standard dai principi di Basilea2.

Tuttavia, i risultati dell’esercizio dell’autorità guidata da Andrea Enria saranno di grande importanza per il ‘dopo’: la Bce valuterà l’adeguatezza patrimoniale su base ‘fully loaded’, cioè che i nuovi criteri Ifrs9 (che impone alle banche una stretta sulla gestione dei rischi in tutto il processo del credito) a regime dal 2021 e con i criteri transitori da qui fino ad allora. Francoforte potrà alzare i requisiti patrimoniali, in una congiuntura caratterizzata dall’incognita Brexit, da una crescita globale che rallenta, dalla fine del ‘Qe’ che impatta inevitabilmente sull’Italia, e dalle Borse sotto pressione dopo anni di rialzi.

L’attenzione potrebbe finire sulle banche tedesche, con Deutsche Bank particolarmente indebolita dai recenti risultati. Ma nel frattempo l’Eba si appresta – come specificato nelle nuove linee guida sugli Npl – a chiedere strategie di gestione dei crediti deteriorati quando questi superino il 5%., segno che il pressing, in tandem con quello della Bce, su questo ‘vulnus’ delle banche italiane proseguirà per un bel po’.

 

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