Assiom Forex. Mercati bond al bivio fra fine QE, rischio liquidità e re-inflation

LOGO ASSIOM FOREXMilano, 15 ottobre –  Volatilità e avversione al rischio potrebbero rappresentare il quadro poco confortante che caratterizzerà i primi mesi del 2019 in un contesto che vede anche il via all’effettiva attuazione del Brexit e per quanto riguarda la politica monetaria, Bce e Fed impegnate a seguire percorsi molto diversi di normalizzazione delle loro politiche. Sono i temi affrontati dal XVI Pan European Banking Meeting organizzato a Milano da Assiom Forex, l’associazione che riunisce gli operatori dei mercati finanziari. I lavori sono stati conclusi dal workshop ‘Investimenti 2019, nuovi trend in una realtà modificata che ha visto la partecipazione di Luca Bagato Head of Italy Fixed Income Sales, EuroTLX Sim, Luca Cazzulani, Head of Fixed Income Strategy Milan, Unicredit e Marco Brambilla, Country manager di Wood&Company, moderati da Claudia Segre, Presidente di Global Thinking Foundation. La fotografia più attuale segnala innanzitutto differenze tra mercato bond Usa ed europeo che sono soprattutto nei numeri: mentre il primo conta 850 miliardi di dollari di scambi giornalieri (con il 90% dei governativi e il 60% dei Corporate bond trattati sul mercato elettronico e il resto su OTC), in Europa i volumi si riducono di otto volte con passaggi quotidiani pari a 50 miliardi di euro, di cui però solo un terzo viene scambiato su piattaforme elettroniche mentre la maggior parte dei trades avviene ancora sull’Over the Counter. Il turnover complessivo in Europa è di 8,7 trilioni di euro, che diventano 1,1 trilione per il mercato italiano. ‘La Mifid2 sta riducendo ulteriormente i volumi del mercato perché ha aumentato i costi, spostando attività degli algotrading su ETF obbligazionari e singoli titoli’ ha sottolineato Luca Bagato.’ Oltre ad un tema di adeguamento tecnologico, l’Europa (più degli Stati Uniti che godono di una maggiore flessibilità in tal senso) preoccupa maggiormente anche sul fronte di eventuali forti deflussi che dovessero verificarsi sul mercato obbligazionario. Vede invece l’economia Usa ormai arrivata a una fase molto avanzata del ciclo Luca Cazzulani.’Sebbene i cicli economici non muoiano di vecchiaia, il fatto di essere in una fase molto avanzata del ciclo (late cycle) è un fattore importante da considerare quando si guarda agli investimenti tra diverse asset class. In particolare, per quanto riguarda il fixed income, la parte breve della curva è quella che sconterà l’impatto più consistente. Nel nostro scenario centrale, non vediamo grossi margini per una risalita dei rendimenti Usa oltre il 3%: il 3,25% è già ad un livello superiore a dove arriverà la Fed. Per conferire una spinta forte alla parte lunga della curva occorrerebbe maggiore aggressività da parte della Fed. Le aspettative sono che la Fed si fermi tra il 2,75 e il 3%. Ci sono naturalmente scenari di rischio: uno è legato all’andamento del rapporto deficit/pil Usa (4%). Trump ha implementato una politica fiscale espansiva in un momento in cui il ciclo è maturo (per cui l’economia non ne avrebbe bisogno poiché in realtà in queste fasi il bilancio andrebbe consolidato). Questa politica fiscale espansiva potrebbe poi far salire i premi per il rischio che sono già notevolmente compressi dall’azione della Fed’. Il rischio di una hard Brexit per il momento viene analizzato come fattore da osservare con attenzione ma senza un ruolo di game changer all’interno delle previsioni per i prossimi mesi. Per molti l’impatto più rilevante sarà soprattutto tecnico (andamento della sterlina) e logistico (trasloco di management company a Francoforte, Parigi e Dublino) che potrebbe secondo alcune opinioni determinare anche un movimento di concentrazione di alcuni player dell’asset management. Per Marco Brambilla, che ha sostenuto la bontà degli investimenti Sri all’interno del fly to quality che sta caratterizzando questa fase, ‘la Brexit rappresenta una grande opportunità di attrarre quel know-how che l’Europa continentale ha delegato a Londra negli ultimi trent’anni. A beneficiarne però almeno al momento sembrano essere più Francia e Germania, ovvero i due Paesi dove gli expat si stanno già avviando sulla strada del ritorno’.

 

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