Tria all’Eurogruppo, primo test europeo per Def-manovra

Giovanni Tria, ministro dell'Economia e delle Finanze

Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle Finanze

Dopo la ‘notte del 2,4%’, le voci di dimissioni e il richiamo alla Costituzione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la riunione di oggi dell’Eurogruppo in Lussemburgo sarà il primo faccia a faccia fra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e i partner europei. Un incontro in cui il titolare di via XX Settembre dovrà cominciare a spiegare i numeri del Documento di Economia e Finanza e a illustrare le misure che il Governo intende mettere nella Legge di Bilancio in grado di sostenerli. Compito non facile per chi sperava di sedersi ai tavoli europei per far accettare un rapporto deficit/pil non superiore all’1,6% e che invece dovrà convincere i ministri finanziari degli altri paesi che lo sforamento al 2,4% sarà compensato da una maggiore crescita e da quella che il vicepremier Luigi Di Maio ha definito “il più grande piano di investimenti della storia italiana”. Soprattutto alla luce delle prime generiche reazioni dei 2 ‘guardiani europei dei conti pubblici’, i commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis che, pur rispettando la consuetudine di premettere che giudizi ne daranno solo di fronte a carte formali, già hanno richiamato al rispetto delle regole. Dombrovskis, in particolare, mercoledì scorso è apparso molto rigido: “la Legge di Bilancio italiana – aveva detto – dovrà essere ben al di sotto del 2% nel rapporto fra pil e debito, se Roma vuol rispettare l’impegno a ridurre il deficit strutturale”.
Il dibattito sul tetto del deficit però rischia di far passare in secondo piano il vero indicatore che la Commissione europea andrà a guardare quando dovrà valutare la manovra italiana, e cioè il deficit strutturale. E’ sul saldo strutturale infatti che Bruxelles ha chiesto uno sforzo, o correzione, di almeno lo 0,3% per rispettare pienamente le regole. All’ultimo Ecofin informale a Vienna, sebbene non siano stati messi numeri nero su bianco, a Tria è stato recapitato un messaggio conciliante che andava incontro all’Italia il più possibile: anche uno sforzo minimo, ad esempio di 0,1%, potrebbe portare ad un rispetto accettabile delle regole. Fino a che livello possa salire il deficit nominale, rispettando allo stesso tempo quella riduzione richiesta del deficit strutturale, è difficile dirlo senza conoscere la composizione della spesa che sarà nella prossima manovra. Perché, per definizione, il deficit strutturale dipende dalla spesa corrente, quello nominale anche dalle una tantum. Alzare il deficit nominale, in misura limitata come Bruxelles aveva fatto capire, non sarebbe quindi vietato a prescindere, ma con limiti ben al di sotto di quelli annunciati dal Governo. Bisognerebbe però allo stesso tempo trovare il modo di fare quegli interventi strutturali che facciano scendere il debito. Entrate una tantum, ad esempio, non sarebbero accettate dalla Commissione. Questa, per citare l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, la “strada stretta” che Tria dovrà percorrere. Nella consapevolezza che per lui sarà ancora più stretta.

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