Borsa. Timori per l’inflazione negli Stati Uniti e la nuova raffica di dazi sulle importazioni cinesi negli Usa frenano i listini. Milano chiude male (-0,40%) con le banche

La Borsa in Piazza degli Affari a Milano

La Borsa in Piazza degli Affari a Milano

Milano, 7 settembre – I timori su un rialzo più deciso dei tassi da parte della Fed e il possibile avvio degli ennesimi dazi Usa da 200 miliardi di dollari contro la Cina hanno frenato le Borse europee, che chiudono una seduta all’insegna del nervosismo. Le preoccupazioni su un’inflazione americana al di sopra delle attese, rispetto alle buste paga, si sono sommate a una crescita tendenziale del Pil dell’Eurozona (+2,1%) meno consistente rispetto ai primi mesi del 2018. Da qui la prudenza degli investitori che si sono mossi in ordine sparso, penalizzando nel Vecchio Continente soprattutto il settore bancario. Milano, a fine giornata, si è piazzata tra le Borse peggiori, con il Ftse Mib che ha lasciato sul campo lo 0,39%. L’indice principale è stato fiaccato dagli istituti di credito che non hanno beneficiato né del calo dello spread intorno ai 249 punti base (256 ieri), né dei rendimenti dei Btp decennali al 2,88%. Le vendite hanno toccato in particolare Intesa Sanpaolo con una perdita del 1,6%. Male tra i bancari anche Unicredit (-1,1%). E’ rimasta molto debole Atlantia (-2,1%), alla fine la peggiore della giornata, stretta tra l’inchiesta sul crollo del ponte (che tra gli indagati include anche l’ad Giovanni Castellucci) e i dubbi sul futuro delle concessioni. Nel giorno delle assemblee Fca e Ferrari, il titolo della galassia Agnelli più in difficoltà è stato Exor (-2%), che ha chiuso il primo semestre 2018 con un utile in calo a 714 milioni. In controtendenza il settore del lusso, dove hanno spiccato Ferragamo (+2,2%) e Moncler (+1,3%). Acquisti anche su Telecom (+1,07%) che ha beneficiato delle voci sull’imminente vendita di Sparkle in attesa del cda, che si annuncia teso come spesso nel recente passato. L’euro, sulla scia delle tensioni inflazionistiche, si è indebolito rispetto al biglietto verde, piombando sotto al soglia di 1,16 dollari e verso la fine delle contrattazioni viene scambiato in calo a 1,1578 nei confronti del biglietto verde (1,1623 ieri). La moneta unica si attesta inoltre a 128,697 yen (129,11), mentre il dollaro-yen è pari a 110,169 (110,87). Il petrolio non riesce a riconquistare posizioni: il Wti con contratto di consegna a ottobre scende a 67,15 dollari al barile (-0,9%), mentre il Brent del Mare del Nord flette dello 0,7% a 75,9 dollari.

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